Dopo gli scontri al Circo Massimo di Roma

Manifestazione nella Capitale segnata dalla violenza generata dalla commistione tra ultras del calcio e formazioni neofasciste. Preoccupazione per l’imminente inizio del campionato espresso dal ministro dello sport. La questione irrisolta sull’applicazione della legge che punisce l’apologia del fascismo
AP Photo/Andrew Medichini

Con una capienza di circa 300 mila spettatori, nella Roma Antica il Circo Massimo era lo stadio più grande della città. Sul suo suolo sabbioso, lungo 600 metri e largo 140, si svolgevano competizioni varie, dalle corse delle bighe, in cui gli schiavi si conquistavano la loro libertà, alle lunghe corse a piedi. Poi le sfilate equestri e le rappresentazioni di battaglie. Di vere e proprie “tenzoni” però non si ha traccia.

Ecco perché gli scontri di sabato scorso, 6 maggio, accesi da gruppi neofascisti nell’ambito di una manifestazione organizzata da Forza Nuova e dal movimento “Ragazzi d’Italia” per contestare le politiche anti-Covid del governo, hanno in qualche modo violato la “sacralità” di un luogo che appartiene alla storia e insieme al mito.

Che ci fossero tra i violenti gli ultras del calcio, molti dei quali romani, frequentatori dell’altro grande stadio capitolino moderno, non fa differenza. L’oltraggio a uno dei luoghi simbolo della città, nonché allo spirito delle competizioni sportive e a quello più alto della politica, non poteva che suscitare lo sdegno collettivo. Al punto da spingere la sindaca di Roma, Virginia Raggi, ad adottare la linea dura.

“Ora basta, si cambia approccio”, è il monito che viene dal Campidoglio dove si studiano nuove disposizioni per cortei ed eventi sportivi. L’intenzione è quella di obbligare i manifestanti che danneggiano la città alla pulizia dei luoghi e di far sì che i servizi che il Comune di Roma offre a chiunque manifesti siano a carico degli organizzatori dell’evento, comprese le squadre di calcio quando i loro tifosi in trasferta arrivano nella capitale. Non mancano multe fino a 5mila euro per chi trasgredisce le ordinanze comunali.

In effetti, i danni lasciati sul terreno dopo la “battaglia” non sono trascurabili. Frammenti di bottiglie, vasi e spranghe deturpano lo stadio non meno delle aree verdi incendiate da petardi e bombe carta. “Armi” usate da poche centinaia di persone provenienti da diverse città d’Italia, a fronte dei 5mila annunciati dagli organizzatori, contro le forze dell’ordine, polizia e carabinieri, e contro i giornalisti, peraltro chiamati a raccogliere proteste, proclami e programmi che dal palco, a manifestazione conclusa, non saranno mai pronunciati.

A risuonare, fra le rovine della Roma Antica, saranno piuttosto cori fascisti e inni a Mussolini. A dispetto del carattere pacifico della manifestazione che alcuni sottolineano.

I disordini prendono avvio proprio da un’intervista “non autorizzata”. Tale Simone Carabella, candidato con Fratelli d’Italia alle ultime regionali nel Lazio, si fa portavoce delle istanze della folla, subito redarguito, o meglio strattonato e cacciato dal leader romano di Forza Nuova, Giuliano Castellino, presente in strada insieme ad altre due figure di spicco della formazione neofascista, il fondatore Roberto Fiore e Luca Castellini, nella dirigenza nazionale. Ne derivano scontri fra i gruppi dei manifestanti – che probabilmente si contendono la leadership dell’estrema destra romana – che si trasformano in tafferugli con le forze dell’ordine e in aggressioni a reporter e videomaker.

La responsabilità dalle frange neofasciste nella deriva violenta della manifestazione è innegabile. E inevitabile è la richiesta che viene da più parti politiche, come dal mondo dello sport e da molti cittadini, di sciogliere tutte le organizzazioni che inneggiano al fascismo, al razzismo e alla violenza.

Il riferimento normativo è la nostra Costituzione, che vieta “la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Poi la legge Scelba del 1952, che introduce il reato di apologia del fascismo e punisce chi promuove la riorganizzazione del partito fascista e esalta fatti, metodi e finalità del fascismo, propaganda compresa. E ancora la legge Mancino del 1993, che punisce i reati di odio e discriminazione razziale.

Ce n’è quanto basta per disporre lo scioglimento di tali organizzazioni e ci si chiede piuttosto perché la politica finora sia stata “tiepida” al riguardo. Si aspetta di capire se avranno seguito le dichiarazioni del ministro dello Sport e politiche giovanili, Vincenzo Spadafora, che su Facebook afferma che «Le formazioni neofasciste nel nostro Paese vanno sciolte», e ribadisce che le violenze di sabato scorso sono «quanto di più lontano possa esserci dai valori dello sport e dalla passione calcistica», assicurando che «il tifo violento, non avrà nessuno spazio alla riapertura degli stadi del nostro Paese».

Intanto andranno a processo a luglio i due ultras – uno della Roma e uno della Lazio – arrestati nel corso degli scontri. Sono accusati di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Entrambi hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato.

 

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