Sconfinare

Terzo appuntamento con "Intercultura. Report sul futuro": un esercizio per aprire confini e gli habitat agli altri, attraverso l'opera dello storico francese Lucien Febvre "L'Europa. Storia di una civiltà"
Intercultura

Dai luoghi alle parole dell'intercultura, ai contesti quotidiani dell'incontro, ad un viaggio nel futuro prossimo quando le ragioni di una una nuova convivenza si trasformeranno in prassi, fino all'ultima ratio dell'immaginazione: superare i confini del tempo, del territorio e e delle appartenze. Come? Attraverso un noto esempio dello storico Lucien Febvre che Anna Granata analizza nel libro di prossima pubblicazione per Città Nuova Intercultura. report sul futuro.

 

«E lo facciamo riprendendo un noto esempio dello storico Lucien Febvre che nel suo libro Europa. Storia di una civiltà[1] riflette sulle mutevoli identità dei luoghi e delle culture d’Europa.

«Febvre si domanda quali sensazioni potesse provare un abitante di Lione che nel IV secolo d.C. avesse deciso di mettersi in viaggio, lasciando la propria dimora. Dove si sente a casa? In quali luoghi comincia a sentirsi straniero? Egli si sente a casa sua a Roma, naturalmente, dove ritrova la sua stessa cultura e anche gli stessi modi di vivere, ma si sente a casa sua anche a Gadès, in Berice, e perfino a Cartagine, alle soglie dell’Africa. Se fa parte dell’aristocrazia senatoria, può possedere proprietà in Grecia o in Asia minore. Non si sente straniero neanche negli ambienti colti di Antiochia o di Alessandria. Comincia a sentirsi straniero solo allorquando passa il Reno e varca il Danubio, allora sì che comincia a sentirsi perso, capisce di essere in mezzo ai barbari.

«Quella geografia di luoghi accomunati da una comune cultura, da comuni valori e stili di vita, viene stravolta e riconfigurata dal passare del tempo. Se immaginassimo – prosegue Febvre – di seguire in viaggio un abitante della stessa Lione nel IX secolo, dopo solo una manciata di decenni, saremmo costretti a osservare che tutto è cambiato. Lo stesso abitante di Lione che decidesse di mettersi in viaggio non si sentirebbe più a suo agio a Cartagine, ormai conquistata dagli arabi e piegata a un’altra lingua e a un’altra cultura. Non è più a casa sua a Gadès, che fa parte del Califfato di Cordova. Ad Atene, a Costantinopoli, a Nicea, a Ravenna, ormai, si troverebbe circondato da scismatici che parlano solo greco, con costumi e usanze quotidiane ormai distanti da quelle a lui familiari.

«Invece, differentemente dal passato, a Münster, a Osnabrük, a Brena, a Magdeburgo si sente a casa, anche se non parla la lingua popolare, la lingua volgare degli abitanti di quei Paesi. Può, infatti, parlare con i chierici, che pensano in latino, e questo lo mette sicuramente a proprio agio. Può discutere con loro di letteratura e di filosofia e in qualunque chiesa entri può assolvere senza difficoltà ai propri doveri religiosi.

«L’esempio di Febvre è illuminante: scandagliando con brevi esempi le trasformazioni culturali, politiche, civili, urbane avvenute nell’arco di pochi secoli mette in evidenza la dinamica di dissoluzione e rinascita delle culture, delle identità dei luoghi e delle comunità. Un’intrinseca precarietà e mutevolezza di forme sembra contraddistinguere la storia degli uomini. Per questo dobbiamo guardare ai fenomeni sociali con la capacità di trascenderli e di guardare oltre, evitando letture di retroguardia che arrivino a descrivere i fenomeni sociali sempre e solo quando le cose sono già mutate.

«Oggi uno studente Erasmus olandese può sentirsi a casa in Italia, come un professore italiano può continuare a sentirsi italiano pur lavorando da anni a Londra. Già molte lavoratrici rumene hanno imparato a vivere in due Paesi senza dover recidere i legami con la loro terra di nascita e giovani imprenditori di origine cinese si pensano cittadini delle filiere lunghe dei loro commerci. Un ragazzo italiano di origine tunisina si sente profondamente coinvolto nel cambiamento avvenuto nella terra dei suoi nonni, senza per questo smettere di proiettare il suo futuro in Italia: vive qui, ma sogna anche lì.

«In questa prospettiva, se vogliamo provare a capire qualcosa della nostra epoca, abbiamo bisogno di sconfinare rispetto a una certa idea di spazio, per comprendere la precarietà dei confini, delle definizioni e dei dispositivi spaziali. Abbiamo bisogno poi di sconfinare rispetto a una certa idea di tempo, per cogliere meglio il mutamento, la dinamica, la trasformazione incessante, per imparare a giocare d’anticipo rispetto ai cambiamenti sociali in corso. Abbiamo bisogno infine di sconfinare rispetto a una certa idea di cultura, per liberarci da quegli schemi e paradigmi che ci fanno cogliere alcuni aspetti della realtà ma ne mettono in ombra altri e tendono a confinare le culture nei loro recinti immutabili».



[1] L. Febvre, Europa. Storia di una civiltà, Donzelli, Roma 1999.

 

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