Sconfiggere la povertà, obiettivo lontano
Il Consiglio europeo fa il punto sugli Obiettivi del millennio. Nonostante i progressi, il traguardo appare lontano.
Con la riunione del Consiglio europeo del 17 giugno, anche l’Unione europea cerca di esprimere la propria posizione in vista del vertice sugli Obiettivi del millennio per lo sviluppo convocato dal segretario generale delle Nazioni Unite a New York dal 20 al 22 settembre 2010. L’incontro dell’Onu sarà chiamato a revisionare le strategie per raggiungere quegli otto obiettivi che nel 2000 si consideravano prioritari, e soprattutto possibili, entro il 2015. Possibilità che oggi anche l’Ue vede lontana. Del resto siamo tutti coscienti che uno degli effetti della crisi finanziaria ed economica è proprio il deteriorarsi delle condizioni di sottosviluppo in cui versa gran parte della popolazione mondiale.
Quando all’inizio del nuovo millennio le strategie multilaterali di cooperazione vennero affidate alla Dichiarazione sugli obiettivi del millennio adottata dall’Assemblea generale dell’Onu, il 2015 era distante e sembrava possibile orientare le attività di cooperazione (trasferimento di risorse finanziarie dal nord al sud del mondo) per:
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sradicare la povertà estrema e la fame, dimezzando le persone che vivono la condizione di assoluta povertà e di insicurezza alimentare;
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garantire le condizioni per l’istruzione primaria per tutti i bambini e le bambine;
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promuovere l’effettiva parità tra i sessi e le opportunità per le donne;
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ridurre la mortalità infantile di almeno due terzi;
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migliorare la salute delle madri, riducendo di almeno tre quarti la mortalità materna;
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combattere la diffusione dell’Aids, della malaria e delle altre malattie infettive;
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garantire la sostenibilità ambientale anche nei processi di sviluppo, dimezzando tra l’altro il numero delle persone che non hanno accesso all’acqua potabile;
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istituire una partnership globale per lo sviluppo, anche mediante un sistema finanziario e regole commerciali non discriminatori.
Oggi anche il dibattito nell’Ue che ha coinvolto il Parlamento e che investe il Consiglio europeo mostra, con velata rassegnazione, che gli otto obiettivi sono ancora distanti dall’essere raggiunti e, pur se sottoposti a verifiche, hanno mostrato difficoltà di realizzazione. Tra tutte spicca «la mancata condivisione» da parte dei differenti protagonisti delle relazioni internazionali, secondo l’espressione di Ban Ki-Moon, che tradotta significa egoismo e azione internazionale prevista sul breve periodo. Una specifica risoluzione del Parlamento europeo del 15 giugno scorso ne è pienamente cosciente: gli affamati e i poveri sono aumentati, l’istruzione primaria è irraggiungibile, le discriminazioni uomo-donna sono in tutta evidenza, la tutela della salute di base e la sconfitta delle pandemie richiedono un impegno ancora maggiore.
Mostrano ancora di più l’incertezza della situazione le conclusioni dei ministri degli Esteri raggiunte il 14 giugno, e che saranno riprese dal Consiglio europeo: l’impegno da parte dei Paesi ricchi dell’Ocse (tra cui tutti quelli dell’Ue) a versare lo 0,7 per cento del loro prodotto interno lordo per finanziare le attività di sviluppo multilaterale e bilaterale resta disatteso. Anzi, l’Ue ne parla adesso come di una «promessa da mantenere», contribuendo al momento solo con lo 0,56 per cento. Inoltre il partenariato tra Paesi sviluppati e Paesi poveri, strumento per comprendere le ragioni e le sensibilità delle diverse componenti che operano nella cooperazione, è lontano dall’essere attivato.
Certo a pesare è soprattutto l’impegno per uno stanziamento aggiuntivo da parte degli Stati sviluppati a titolo di aiuto pubblico allo sviluppo. Ed è un traguardo che la crisi di questo momento ha allontanato dalla prospettiva dell’Ue. Una posizione che si spera abbia considerato come il mancato rispetto degli impegni assunti per raggiungere gli Obiettivi del millennionon si manifesterà solo con tragiche conseguenze per milioni di persone strette dalla povertà, dalla fame, dalle malattie, dall’analfabetismo, ma potrà compromettere le più ampie relazioni tra il Nord e il Sud in termini di stabilità, di mobilità umana e di conflitto. L’attenzione è dunque sulla necessità di garantire livelli di sviluppo e diritti fondamentali rispondenti alla dignità umana come via di pace e di sicurezza. Non come altro mercato.