Sconcerto e protesta contro l’Italicum
Dopo la imminente presentazione nell’aula della Camera, prevista per mercoledì 29 gennaio, il testo base della nuova legge elettorale, frutto dell’accordo tra Pd e Forza Italia, andrà al voto il 30 e il 31 gennaio.
Tutto sta avvenendo così in fretta, dopo la «profonda sintonia» espressa da Renzi e Berlusconi sulle nuove regole del gioco, che anche l’appello di alcuni autorevoli costituzionalisti arriva in ritardo e assume toni da ultimatum: «Fermatevi!». La loro istanza si rivolge non ai partiti ma alla responsabilità dei singoli parlamentari in forza del divieto del mandato imperativo stabilito dall’articolo 67 della Costituzione. A questo principio di libertà dell’eletto, che rappresenta la Nazione intera, si fa ricorso quando è in pericolo il futuro della democrazia.
Nello specifico, la riforma elettorale (che mantiene il premio di maggioranza, le liste bloccate e le soglie di sbarramento) consisterebbe «sostanzialmente, con pochi correttivi, in una riformulazione della vecchia legge elettorale – il cosiddetto “Porcellum” – e presenta perciò vizi analoghi a quelli che di questa hanno motivato la dichiarazione di incostituzionalità ad opera della recente sentenza della Corte costituzionale n.1 del 2014».
Rodotà, Azzariti, Carlassare e molti altri giuristi manifestano “sconcerto e protesta” davanti «alla pervicacia con cui il sistema politico sta tentando di riprodurre con poche varianti lo stesso sistema elettorale che la Corte ha appena annullato perché in contrasto con tutti i princìpi della democrazia rappresentativa».
L’accusa è quella di continuare a «rendere insopportabilmente vistosa la lesione dell’uguaglianza dei voti e del principio di rappresentanza» con la previsione di una nuova sentenza della Corte costituzionale che dovrà ribadire la propria censura verso l’impianto di una legge elettorale che, per alcuni versi, peggiorerebbe il sistema disegnato nel 2005 dal ministro Calderoli. Partendo da queste premesse, i giuristi autori dell’appello prevedono che, in via preventiva, lo stesso presidente della Repubblica sarà obbligato a rinviare la legge alle Camere per un opportuno riesame.
Difficile prevedere l’effetto di una tale ultima chiamata. Se nulla cambierà in questi pochi giorni, una volta completato l’iter della legge, con o senza obiezione della massima carica dello Stato, lo scenario paventato da questo gruppo di costituzionalisti prevede la «probabile scomparsa dal Parlamento di tutte le forze minori, di centro, di sinistra e di destra e la rappresentanza delle sole tre forze maggiori affidata a gruppi parlamentari composti interamente da persone fedeli ai loro capi».
Per approfondire le ragioni dell’appello cfr. www.economiademocratica.it/?p=1372#more-1372