Scomparso un campo di grano su cinque

Allarme Coldiretti: in 10 anni -20% delle superfici coltivate. Oltre agli effetti negativi in campo economico, occupazionale e sull’ambiente, altro fattore di rischio è l'importazione del grano dall'estero, dove non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese

Negli ultimi 10 anni l’Italia ha visto calare drasticamente l’utilizzo dei campi per la coltivazione del grano. Una perdita di un campo di grano su 5, cioè quasi mezzo milione di ettari coltivati in meno. Gli effetti in campo economico, occupazionale e sull’ambiente sono notevoli.

La denuncia arriva da Coldiretti in occasione della Giornata nazionale del grano italiano che si è celebrata il 6 luglio.

Quest’anno la trebbiatura, secondo Coldiretti, vedrà un raccolto di circa 7 miliardi di chili di grano, lavorati su 1,8 milioni di ettari, rispetto ai 2,3 milioni di un decennio fa.

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L’unico segnale positivo del settore arriva dai grani antichi che negli ultimi due anni hanno visto moltiplicare per 6 le superfici coltivate, passando dai 1000 ettari del 2017 ai 6000 attuali. Il motivo sta nel fatto che è continuato a crescere l’interesse per la pasta di qualità realizzata in Italia. Questi tipi di grano antico sono capaci di sopravvivere in condizioni ambientali ostili, poveri di nutrienti e di acqua, con un limitato utilizzo di agrofarmaci.

L’Italia però «deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività nelle campagne – dichiara il presidente della Coldiretti Ettore Prandini –. Con la chiusura di un’azienda agricola, infatti, insieme alla perdita di posti di lavoro e di reddito viene anche a mancare il ruolo insostituibile di presidio del territorio».

C’è un problema che rischia di uccidere l’economia italiana nel settore e che riguarda l’importazione dall’estero del grano. Secondo Coldiretti questi prodotti non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese.

Il Canada, ad esempio, dopo l’approvazione dell’accordo di libero scambio (Ceta), nei primi tre mesi di quest’anno è diventato il primo fornitore di grano duro dell’Italia. C’è stato un aumento pari a 600 volte rispetto alle importazioni di prodotto. L’associazione agricola denuncia questo tipo di import perché il grano canadese viene trattato con l’erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale dove la maturazione avviene grazie al sole. La situazione mette in pericolo la vita di oltre 300 mila aziende agricole che coltivano grano spesso in aree interne senza alternative produttive e per questo a rischio desertificazione.

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