Scissioni, partiti e poteri

Cosa cambia dopo la creazione del nuovo partito dei renziani? Un invito a leggere la ricomposizione dell’instabile scenario politico italiano a partire dalle scelte che contano sul piano economico
ANSA/ETTORE FERRARI

La definitiva uscita di Matteo Renzi dal Pd è destinata a generare reazioni a catena sul riposizionamento nelle varie caselle nei diversi schieramenti. La cronaca politica sembra interessare molto gli appassionati ai serial televisivi, come gli intrighi del potere narrati nella serie statunitense House of Cards o quelli più riconducibili alla tradizione italica dei Medici.

Se ne parla come fosse un romanzo giallo o una spy story, dalla vicenda dei presunti finanziamenti russi ricevuti da Salvini alle domande sui capitali che sorreggono e spingono la “cosa” renziana, battezzata in fretta con il nome, preparato da tempo, di “Italia Viva”. Un partito che vede aumentare il numero (41 al 19 settembre) dei parlamentari aderenti.

L’ex presidente del consiglio e ex sindaco di Firenze, ha parlato, con molta naturalezza, da soggetto estraneo al Pd, già il giorno dopo l’annuncio notturno della telefonata a Giuseppe Conte e dell’intervista programmata con Repubblica. Nello studio della trasmissione di Bruno Vespa ha poi trovato la sua consacrazione pubblica. Un progetto che sembra voler crescere per tappe progressive, senza bruciarsi le ali nelle prossime competizioni regionali, a partire da quelle in Umbria.

Oltre il gossip

Ognuno ovviamente è portato a leggere e interpretare gli eventi nella maniera più diversa e fantasiosa. Cercando, tuttavia, di seguire i fatti, è consigliabile  puntare l’attenzione sulle questioni di merito, piuttosto che agli aspetti decorativi.

È un dato di fatto, ad esempio, che l’attenzione incentrata sulla crisi di governo agostana e ai sussulti collegati al nuovo esecutivo, ha permesso di allentare la tensione sulla vicenda della Whirlpool di Napoli, con la proprietà della multinazionale statunitense decisa a troncare ogni ipotesi di trattativa ed incentivi pubblici a restare in Italia, per poi procedere verso la cessione del sito produttivo con i 410 lavoratori ad una società della Svizzera italiana, con tutti i rischi del caso. Come al solito, sono rimasti spiazzati gli operai che hanno gridato i loro cori anche durante l’incontro tra le parti sociali presso la sede del ministero dello Sviluppo economico.

Lo scontro più evidente tra le forze politiche si evidenzia nel campo delle scelte economiche, dove si confrontano tesi diverse sulla necessità o meno dell’intervento pubblico. Sotto questo aspetto sarà decisivo il capitolo Alitalia oltre alla controversa revoca delle concessioni autostradali a Benetton che hanno recentemente accettato le dimissioni dell’amministratore delegato e direttore generale di Atalantia, da loro controllata tramite la finanziaria Sintonia, corrispondendogli un bonus di uscita da 13 milioni di euro.

La politica industriale europea

Senza troppo giri di parole, bell’intervistato a Repubblica, Renzi ha messo in evidenza la necessità, a suo giudizio, di non tenere distinte due grandi gruppi industriali sotto controllo pubblico come Leonardo (ex Finmeccanica) e Fincantieri, in vista di future strategie di evidente valore geopolitico. Aspetti che non sono oggetto di grandi discussioni davanti all’opinione pubblica , ma si rivelano decisivi come dimostra la capacità del presidente francese Emanuel Macron di affidare, nell’ambito della commissione Ue, alla sua connazionale Sylvie Goulard la competenza su industria, difesa, spazio e digitale. Cioè la possibilità di impostare una vera politica industriale a livello di mercato unico. Bisogna scavare su questa traccia per capire le ragioni di frizione e di scontro interne alla maggioranza del nuovo esecutivo guidato da Conte.

Allo stesso tempo, è evidente che oltre la cortina fumogena sulle scelte sartoriali della ministro Teresa Bellanova, sono state molto più importanti le sue dichiarazioni a favore dell’ accordo di libero scambio tra Canada e Unione europea (Ceta) ancora in vigore in via provvisoria in attesa di ratifica dai diversi stati. L’opinione della ministro dell’Agricoltura e Foreste, è in linea con l’ex ministro Carlo Calenda, anch’egli fuoriuscito dal Pd, ma in aperto contrasto, ad esempio, con la scelta  del segretario dem Zingaretti, di sostenere le mozioni contrarie alla ratifica del Ceta da parte dell’Italia perché dannoso per i produttori italiani, a partire da quelli del parmigiano reggiano, come ribadisce anche la Coldiretti. Senza contare, poi, la questione la presenza degli ogm nelle massicce importazioni di grano canadese in Italia.

Bellanova sarà, con tutta la sua determinazione di ex sindacalista Cgil, capo delegazione del partito renziano nelle trattative di governo. La pluralità di provenienze in “Italia Viva” conferma come improprio il casus belli  della scissione nell’ imbarazzo della cosiddetta componente liberal democratica per l’inno “Bandiera rossa” cantato nelle feste de l’Unità. Un’innocua usanza nostalgica che avviene da sempre in tali occasioni, anche perché gli ex dc non hanno mai cantato “O bianco fiore!” perché ignorano le parole del glorioso inno delle sindacaliste cattoliche toscane. E nelle parrocchie, come è noto, tra i giovani spopolava, un tempo, Francesco Guccini.

Il reale fattore di attrazione

La reale identità dell’offerta politica della nuova formazione politica, quindi, si potrà definire dalle scelte che ha già iniziato a compiere su questioni reali che palesano visioni e interessi diversi sul campo economico.

La scelta di Renzi “non entusiasma i cattolici” secondo il solito sondaggio di opinioni che il quotidiano Avvenire cerca di fare riportando il parere di qualche intellettuale e referente di associazione. E, in effetti, il profilo del partito ha altri motivi di aggregazione, come dimostra l’adesione del radicale Giachetti o del socialista Nencini, sincero portavoce della tradizione anticlericale che lo ha portato, di recente, a proporre una legge per abolire l’ora di religione nelle scuole, rivedere i criteri di calcolo dell’8 per mille e le regole sull’ Imu sugli immobili della Chiesa. È grazie al simbolo “Insieme”, presentato da Nencini, che Renzi potrà avere un suo gruppo autonomo anche in Senato quale strumento necessario per orientare e determinare i lavori parlamentari.

Resta da capire il ruolo che avranno i parlamentari che hanno scelto di restare nel Pd, pur appartenendo alla corrente di Renzi. Soprattutto quelli che non hanno una storia autonoma ben consolidata. È difficile accettare la definizione di “diversamente renziani” così come Alfano dichiarava la sua componente politica “diversamente berlusconiana”.

Ma è anche difficile capire cosa è oggi il Pd, dato che deve ancora confrontarsi internamente nella “costituente delle idee” aperta alla società civile. Prima di ogni alchimia è bene tener presente che le fuoriuscite maturate negli ultimi anni possono essere state incentivate dalla conduzione renziana del partito, ma trovano le motivazioni più profonde nel dissenso dal modello proposta, nel 2007, da Walter Veltroni nel suggestivo discorso del Lingotto a Torino, considerato “subalterno alla globalizzazione neoliberista” come afferma, ad esempio, l’ex responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, ora scomodo anche in Leu, che ha promosso una scuola di politica per rifondare la sinistra. Ed è alle diverse iniziative culturali dell’area dem, da Enrico Letta a Dario Franceschini, che bisogna fare attenzione per capire le ragioni di ciò che potrà accadere. Comprese le reali motivazioni che potranno impedire il difficile cammino del Conte 2.

Pericolo di implosione

Dal suo profilo facebook, un apparente isolato Alessandro Di Battista esterna il sentire immediato di parte dell’elettorato pentastellato invitando gli attivisti a non fidarsi del Pd anche “derenzizzato” perché si tratta di un «partito “globalista”, liberista, colluso con la grande imprenditoria marcia di questo Paese, responsabile (paradossalmente più della destra che ho sempre ugualmente contrastato) delle misure di macelleria sociale che hanno colpito i lavoratori italiani».

La lunga invettiva di Di Battista prende lo spunto dal voto anche di alcuni deputati del Pd e Iv (Italia viva) che ha permesso alla Camera di negare l’arresto di un deputato di Forza Italia indagato per corruzione. Segnali di sofferenza che possono scatenare, in qualsiasi momento, una reazione a catena destinata a cambiare le carte in tavola.  Comprese le nomine di centinaia di incarichi nelle società controllate, con diverse modalità, dal ministero del Tesoro.

Questioni concrete e decisive che meritano attenzione perché la declinazione di grandi ideali e il perseguimento del bene comune passano attraverso questi nodi che una corretta comunicazione deve cercare di cogliere e mettere in evidenza.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons