Scenari d’Apocalisse in Terra Santa

Di fronte al periodico crescere dell’odio nella Terra di Abramo serve l’invenzione che viene dalla preghiera e dall'incontro con le vittime di un conflitto assurdo e spropositato
Gaza

Le parole vuote dei politici e dei giornalisti Di fronte all’ennesimo dramma che sta vivendo la Terra Santa, i commenti dei politici di questi giorni sono disarmanti nella loro banalità, nella coscienza di essere attanagliati dall’ineluttabile odio all’ovvietà di reazioni che invitano alla calma, a evitare il peggio.  

Da Obama e Putin, dagli europei e dalla Cina si sentono solo parole del tipo: «Evitiamo l’escalation di violenza», «che il sangue innocente non venga sparso», «mettetevi attorno a un tavolo». Noi giornalisti, cronisti e commentatori, da parte nostra, sappiamo solo far la contabilità dei numeri dei razzi lanciati da Hamas e dei raid aerei israeliani, descrivendo magistralmente il funzionamento delle difese anti-missili degli israeliani, con tanto di efficaci infografiche, e solo talvolta riusciamo a raccontare il dramma di qualche vittima, da una parte e dall’altra. Ormai, forse, le sole parole efficaci sono il silenzio – abissale e per taluni incomprensibile quello di papa Francesco, che dopo la preghiera per la pace in Vaticano con Peres e Abu Mazen, non ha più parlato del Medio Oriente – o le parole della mistica.

A casa di Mohammed Abu Khudair  Me lo suggerisce colui che si definisce «un kamikaze in carrozzella della pace», il nostro collaboratore Massimo Toschi, che ieri è volato a Gerusalemme per stare accanto a chi più soffre. Ha incontrato i genitori del ragazzo palestinese ucciso per vendetta da alcuni balordi e fanatici ebrei: «Mi sono sentito raccontare dai genitori di Mohammed Abu Khudair – mi racconta al telefono – di un ragazzo mite, umile, dedito alla pulizia della moschea, bravissimo scolaro, ballerino provetto, pronto ad aiutare il papà nel suo lavoro di elettricista a Gerusalemme Est. I genitori mi hanno accolto con estrema gentilezza, ringraziandomi per i “tantissimi passi” che avevo fatto dalla Toscana per venire fino a loro». Denunciano il ritardo dell’azione della polizia, che aveva già individuato i rapitori ben prima di arrestarli. «Ma anche questa gente mite vive schiacciata dall’enorme massa di odio che aleggia sopra la Palestina e Israele: non hanno voluto incontrare i genitori dei tre ragazzi israeliani uccisi a Hebron, non hanno ricevuto né Peres né Netanyahu». Ora Toschi sta cercando di incontrare i genitori dei ragazzi ebrei uccisi a Hebron, ma l’impresa sembra impossibile.

Chi uccide non può pregare sinceramente  I muri materiali ma anche spirituali sono ormai così alti e massici che non si vede più come smantellarli, come evitare che le deflagrazioni di odio avvolgano tutto e tutti. L’iniziativa del papa in Vaticano, coraggiosissima, «sembra aver scatenato la reazione durissima della “Bestia” dell’Apocalisse – continua Toschi –, siamo in pieno nel mistero del dolore e della morte».

Di fronte a tanto odio, a tanta violenza, a tanto non-senso, viene da credere sinceramente che l’unica forma possibile di soluzione sia la preghiera, convinta e sincera. L’uomo ha deposto le inermi armi della pace in Israele e Palestina, sopraffatto dalla non-misura dell’odio. Resta la preghiera. Chi prega sinceramente non uccide. E chi uccide non può avere una preghiera sincera, ma solo interessata, di parte. Le mani imbrattate dal sangue altrui non possono congiungersi per pregare sinceramente.

Andiamo a Gerusalemme  Resta pure l’imperativo morale di esserci, di essere più presenti, tutti coloro che non sono israeliani o palestinesi, in mille modi diversi, in questa Terra Santa martoriata. I due contendenti non hanno più le risorse per parlarsi. Bisogna parlare con loro e al posto loro se necessario. Come fa ad esempio un’altra nostra cara lettrice, Antonella Lombardo di Montecatini, che con la sua compagnia di danza da anni sta cercando di far lavorare assieme ragazzi israeliani e palestinesi. Proprio in questi giorni è a Gerusalemme… Pregare ed esserci.

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