Scatena la vita!
Qual è il senso della vita? Ho divorato il libro di Alfredo Altomonte ed Emiliano Antenucci (Scatena la vita. Se hai un perché, troverai ogni come, Rubbettino, 2020) alla ricerca del responso alla domanda delle domande. Come però dice il titolo stesso, questo testo non offre una risposta, piuttosto offre una gioia che scatena la vita.
Il libro è un incontro-racconto scritto a 4 mani in cui il lettore viene introdotto nel vivo di un dialogo tra due esperti che vivono costantemente in contatto con i giovani: un frate cappuccino e uno psicoterapeuta.
Il dialogo parte dall’angoscia che tanti giovani provano davanti al vuoto esistenziale. Situazioni familiari difficili, ma anche relazioni vuote, nonché le dipendenze dalle droghe, dal sesso e dagli altri, conducono spesso in un baratro nichilista dove niente ha più significato. Il libro è condito da colloqui, esperienze personali e incontri che portano il lettore a percorrere insieme ai protagonisti un percorso di auto-distanziamento e di auto-trascendenza. In sottofondo vi è l’esperienza dell’analisi esistenziale, proveniente dalla terza scuola viennese della psicoterapia, fondata da Viktor Frankl, lo psichiatra ebreo scampato ai lager nazisti.
Ma come distanziarsi dalla situazione che ci rende vulnerabili, cercando di trovare in quanto ci accade una finalità che non sia fine a se stessa? Le esperienze di questi giovani ci dicono che l’amore è la risposta: prenderci a cuore gli altri, ascoltare profondamente chi abbiamo vicino e i suoi bisogni è ciò che dà realmente senso alla vita. Sì, perché proprio prendendoci cura degli altri riusciamo finalmente anche a prenderci contemporaneamente cura di noi stessi. Siamo dotati di amore e siamo chiamati all’amore!
Non si tratta solo di esperienze biografiche legate alla psicoterapia o al percorso spirituale o di volontariato di alcuni giovani; si tratta in realtà di un’evidenza scientifica. Come dice infatti il libro: «Può apparire un discorso strano, cari lettori, ma tutto questo non è solo spiritualità, è anche scienza». La letteratura psicologica e neuroscientifica da anni ci dice che l’amore, nelle sue varie forme altruistiche, non solo ha effetti benefici sia mentali che fisici per gli individui, ma è un fattore protettivo nei confronti della depressione.
Questo vale ancora di più in questa epoca di Covid, in cui le misure di distanziamento fisico necessarie ad arginare i contagi stanno comportando un caro prezzo in termini di difficoltà psicologiche: ansia, tristezza, rabbia e disturbo post-traumatico da stress sono solo alcune delle più comuni patologie riscontrate a seguito della quarantena. Una review pubblicata recentemente sulla rivista scientifica The Lancet, dopo aver analizzato 3.166 articoli sull’effetto della quarantena a seguito di altri disastri naturali e sanitari, ci dice però che in queste situazioni trasmettere l’altruismo è fondamentale.
Aiutare gli altri è infatti un fattore che favorisce la resilienza non solo a livello individuale, ma anche a livello sociale, perché attiva processi di costruzione comunitaria. Ce lo spiega la famosa psicologa Holt-Lunstad che, intervistata in questi giorni, sottolinea che aiutare un’altra persona, anche attraverso piccoli gesti quotidiani, non solo favorisce l’altro, ma aiuta anche noi a sentirci meglio. Questo perché ci sentiamo connessi agli altri, ma anche perché possiamo trovare il senso della vita.
Penso che questo libro sia importante proprio per questa ragione: perché, con una maieutica dialogica, ci mostra la strada per ripartire persino dopo questa crisi. Ripartire come singoli, ma anche come comunità.