Scaricati e squalificati per doping

La Procura di Bolzano ha deferito 26 atleti e ha proposto due anni di squalifica dalle gare di atletica. «Tecnici, società, federazioni, Coni. Assumiamoci tutti la nostra responsabilità», commenta Giomi, presidente della Federazione
Gli atleti Pertile e Meucci

L’inquietante ombra dell’irregolarità si allunga sullo sport italiano: è una vera e propria bufera quella che si abbatte sul mondo dell'atletica leggera del Belpaese, proprio nella stagione di traghettamento verso le Olimpiadi di Rio 2016. E’ arrivata nella serata del 2 dicembre la notizia che la Procura antidoping della Nado Italia, “sulla base dell’operazione 'Olimpia' svolta dalla Procura della Repubblica di Bolzano e in base agli esiti degli accertamenti svolti in ambito sportivo” ha deferito 26 dei 65 atleti che erano stati ascoltati per presunta violazione degli articoli 2.3, relativo “eluso controllo” ed art. 2.4, “mancata reperibilità”, a proposito delle norme sportive antidoping: la squalifica richiesta per tutti è di due anni, comprensivi quindi i Giochi brasiliani.

L’indagine condotta dai Nas-Ros dei carabinieri di Trento, su mandato della procura di Bolzano, battezzata «Olimpia» ha portato al contempo alla richiesta di archiviazione per altri 39 atleti, tra i quali Libania Grenot, Alex Schwazer e Valeria Straneo. Le audizioni dei cosiddetti “irreperibili” della procura antidoping del Coni erano iniziate a gennaio 2015, ma a stupire è il calibro dei nomi presenti nell’elenco: fra loro la medaglia di bronzo del salto triplo a Londra 2012, Fabrizio Donato, peraltro unica medaglia tricolore per l’atletica in quell’edizione, il campione europeo di maratona Daniele Meucci, l’altro maratoneta già qualificato a Rio, Pertile, ma anche Andrew Howe, Simone Collio, Giuseppe Giblisco (ritiratosi) e Daniele Greco, quarto sempre a Londra nel salto triplo.

Il presidente della Federazione italiana d’atletica leggera, Alfio Giomi, ha espresso “la totale fiducia nell’operato della Procura, auspicando una rapida conclusione dell'iter giudiziario", specificando che “non si tratta di missed test, ossia mancato controllo, ma di filling failure mancata comunicazione”, che ai fini delle norme sportive antidoping approvate dal Coni “hanno lo stesso peso ma sono infrazioni diverse”. Secondo Giomi “è incredibile come non sia stata comminata alcuna sanzione in occasione delle prime infrazioni, cosa che, probabilmente, avrebbe fatto capire a tutti quanto grave fosse l'inadempienza”. Un ragionamento che al momento è garantista nei confronti degli atleti. «Scaricare le responsabilità su di loro è troppo semplice: l'atleta è il punto di partenza e di arrivo di tutto il movimento sportivo, ma in mezzo ci sono tecnici, società, federazioni, Coni. Assumiamoci tutti la nostra responsabilità».

Necessario però chiarire innanzitutto un primo aspetto: «superficialità e negligenza sono pessimi compagni di strada, ma il doping è un’altra cosa: nel caso di mancata comunicazione non si parla di atleti dopati né possiamo accostare automaticamente a tale problema l’idea di atleti che in odore di doping si siano sottratti ai controlli» spiega Giomi. Inoltre parlare di “elusi controlli” è evidentemente ben altro male rispetto all’appurare eventuale uso di doping: attenzione dunque a parlare di doping fino a che non vi sono prove a carico degli atleti coinvolti. Certamente, se eludere i controlli diventa sistema, come le indagini chiedono di fatto di appurare, il danno alla credibilità di tutto lo sport del paese rappresentato è comunque grave.

In soldoni, non si può parlare di casi di positività, ma vi sono precise regole: “vorrei ricordare che il Consiglio federale attualmente in carica – spiega Giomi – ha stabilito il 28 febbraio dello scorso anno che gli atleti, al secondo mancato controllo e/o mancata comunicazione, perdano ogni forma di assistenza da parte della Federazione; ed inoltre, che lo stesso Consiglio ha varato il 20 dicembre 2013 il Codice etico dell’atletica italiana, che prevede, tra le altre cose, l’automatica esclusione dalle squadre nazionali per gli atleti condannati a pene superiori ai due anni di squalifica per fatti di doping”. Al terzo controllo mancato insomma scatta la squalifica automatica, anche perché la mancata notifica potrebbe essere in alcuni casi non un semplice difetto di comunicazione ma un modo per evitare analisi e lealtà sportiva.

I fatti contestati, ad ora, risalgono a un periodo compreso tra il primo trimestre del 2011 e il secondo del 2012 quando, secondo la Procura di Bolzano che indagava sul caso Alex Schwazer oggi tra gli scagionati, l'atletica italiana, i cui ragazzi sono spesso tesserati per club militari, sarebbe stata di fatto negligente nei confronti del regolamento internazionale antidoping Wada. Prima di sparare alla cieca, per ulteriori nomi e valutazioni non resta ora che attendere le risposte di responsabili e dirigenti incaricati di vigilare su atleti e relativi controlli con tanto di notifica.

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