Savona e Vado non vogliono il rigassificatore
Le sedicimila persone allineate in protesta lungo le spiagge tra Savona e Vado, sono una chiara dimostrazione di come la pensano i liguri sulla decisione governativa di spostare, da Piombino a Vado la Golar Tundra, il rigassificatore galleggiante che attualmente è ormeggiato con i suoi trecento metri di lunghezza di fronte allo stabilimento siderurgico all’imbocco del porto di Piombino.
Allo scoppio della guerra in Ucraina eravamo preoccupati per come ci saremmo riscaldati nell’inverno del 2023, prevedendo che nell’inverno 2022 si sarebbe consumato tutto il gas russo accumulato sotto terra prima dello scoppio della guerra: l’inverno 2022 però è stato mite e durante l’anno il gas giunto per vie diverse ha comunque riempito i depositi sotterranei; così adesso quei rigassificatori, che allora vedevamo come l’ancora della salvezza sono stati poco utilizzati e sono diventati ingombranti.
Il Golar Tundra ancora incombe e Piombino vuole liberarsene, ma da quando si è chiusa la centrale a carbone Savona e Vado non vogliono che appaia sul loro orizzonte, decise a riacquistare quella vocazione turistica che le bellissime spiagge di sabbia che le uniscono rendono possibile.
Sanno che pochi turisti verranno a bagnarsi, anche se le acque sono cristalline, se un mostro lungo trecento metri è in vista a tre km di distanza, tanto più che i cento chili al giorno di ipoclorito versati in mare per impedire la crescita di cozze negli scambiatori della gassificazione incideranno qualche modo sulla qualità dell’acqua.
Molto inferiore sarebbe l’impatto se la struttura fosse posizionata ad otto, o meglio a venticinque chilometri dalla costa: in Adriatico esistono condotte sottomarine su un fondale di 80 metri fisse da pozzo a pozzo fino a 60-80 km dalla costa: a Vado, nel Tirreno la profondità a tre km dalla costa è di 80 metri, ma a 25 km crolla a 1200 metri, si è a pochi chilometri dal santuario dei cetacei: a quei fondali non sono proponibili protezioni dalle onde o strutture galleggianti ancorate al fondo.
L’altro rigassificatore si sta costruendo al largo di Ravenna, utilizzando una struttura già esistente ad otto km dalla riva di scarico idrocarburi, su un fondale di 14 metri: sono previste strutture fisse anche a riparo dei rigassificatori, fattibili su quei fondali ed un collegamento a terra con la rete nazionale dei gasdotti tramite un tubo interrato di 35 km lungo la costa.
A quanto pare le autorità locali non escludevano di poter attrezzare il sistema, anch’esso gestito da Snam, per ospitare due rigassificatori: perché non ripensarci?