Savinio fra incanto e mito
Lui si chiamava Andrea De Chirico (1891 – 1952) ed era fratello del celebre Giorgio. Perciò cambiò nome. Era musicista, poeta, scrittore, pittore. Onnivoro: nato in Grecia e innamorato della classicità, ma anche della contemporaneità.
Così la rassegna romana, che si sofferma in particolare sul suo periodo parigino (1925-1931) lo vede dialogare su un piano di uguaglianza con le statue antiche del museo, da Ares seduto al Galata suicida al Trono Ludovisi e agli altri preziosi reperti marmorei.
Con un misto di ironia, dissacrazione, nostalgia e commistione di soggetti, interpretati come una sorta di viaggio nell’incantesimo della fantasia. Cielo e mare, soprattutto.
Cieli e mari, città ultramoderne sospese nell’aria (La cité des promesses) in edifici geometrici galleggianti nel vuoto che sembrano giocattoli. Ma quanta ironia nel loro traballare, come a dire: ce la faranno a stare in piedi?
Tutto il contrario delle solitarie, metafisiche piazze d’Italia del fratello Giorgio. Oppure, un altro galleggiare fra le nuvole, della poesia questa volta: il Poema marino del 1927, un idillio lassù negli spazi del mito tra la donna greca e il giovane uomo-donna addormentato, con un teschio che ironizza (o drammatizza, perché Savinio sa essere ambiguo) sulla durata di questo amore incantato. Sarà vero o non invece una immaginazione, un sogno?
E a proposito di sogni o di visioni surreali, che dire della tela (1929) L’abandonné (l’abbandonata) dove la classica Didone lasciata da Enea, soggetto di drammi e musiche, è visualizzata in oggetti geometrici viaggianti fra colori dolci (l’addio?) mentre lei è ora una forma dis-umana colorata nel mare fangoso del pianto? Nessun corpo,solo forme e colori e luci ora calde ora soffuse.
È questo il mito: sogno, fantasia, irrealtà. Ne Le Départ e la colombe, 1930, il soggetto è de-costruito in forme astratte: musi di un cervo e di uno struzzo, corpi ridotti a larve lineari, un ambiente screziato ancora una volta sospeso nel vuoto, in viaggio. Savinio viaggia sempre e in ciò sta una parte del fascino della sua arte che tocca la riflessione e la fantasia, ma in realtà ama tuffarsi nell’onirico.
Savinio è un ragazzo incantato che sogna, forma e de- forma immagini e corpi, si diverte, in fin dei conti. Non è serioso come il fratello Giorgio. Gioca sempre, anche quando dipingerà scenari immensi per gli spettacoli operistici. Dove la nostalgia del classico dialogherà con l’attualità informale come oggi le tele tra le statue antiche del museo romano.
Roma, Palazzo Altemps. Fino al 13 /6 (catalogo Electa)