Satanismo in agguato

Intervista a Tiziano Masini, magistrato, a proposito delle “bestie di Satana".
Satanismo

«La società, la scuola e la Chiesa dovrebbero essere più vigili e non sottovalutare la consistenza di un fenomeno estremamente pericoloso che va sotto il nome di “satanismo”». Sono parole di Tiziano Masini, il pubblico ministero che istruì, assieme ad Antonio Pizzi, allora procuratore al tribunale di Busto Arsizio (entrambi sono ora in altra sede), il processo di primo grado alle cosiddette “bestie di Satana”.

L’indagine era iniziata nel gennaio del 2004 e nel maggio 2008, con un iter molto veloce, erano state emesse le condanne definitive per tutti gli imputati, ad eccezione di uno. «L’indagine mi ha molto coinvolto a livello emotivo e mi ha turbato personalmente – ci racconta Masini –, anche se professionalmente ha presentato dei lati affascinanti perché abbiamo toccato temi fino ad allora inesplorati. Mi spiace solo di aver dovuto abbandonare il caso per il mio trasferimento ad altra sede. Sono infatti convinto che i morti siano molti di più e che occorra indagare sul cosiddetto “terzo livello”, cioè su mandanti rimasti nell’ombra e di cui hanno parlato gli stessi giovani coinvolti nel processo.

«Ci sono stati spunti non sviluppati anche per la mancanza di collaborazione da parte degli imputati. Inoltre, dopo questi episodi, sono state scoperte sette sataniche a Torino, in Toscana, in Abruzzo… Quindi il fenomeno ha un’ampiezza nazionale. Altri giovani di cui non si sa più nulla non sono stati ancora ritrovati e non è da escludere che la loro scomparsa sia da ricollegare all’operato di una setta».

Secondo Tiziano Masini sono mancate le famiglie che non si sono accorte di quanto succedeva. Ma anche Chiesa e società, ribadisce, devono fare la loro parte e aumentare l’attenzione anziché chiudere gli occhi pensando ad un caso isolato. Così purtroppo non è.

 

Tutto era iniziato nel gennaio 2004: nel bosco accanto a uno chalet di Golasecca, vicino a Malpensa, venne trovato il corpo semi-sepolto di Mariangela Pezzotta, figlia di un consigliere provinciale di Varese: era uscita di casa la sera prima salutando i genitori e il giorno dopo la sua vita era già finita. Silvio, il padre, ripete: «Non sono mai riuscito a spiegarmi quel che è accaduto». Ma nel suo diario Mariangela aveva lasciato traccia delle sue paure riguardo a una fine vicina.

Il giorno del ritrovamento caso volle che Tiziano Masini fosse in servizio in Procura: a lui toccò quindi fare le prime indagini. «Non c’era un movente plausibile e pensai subito che il caso fosse di non facile soluzione, intuizione purtroppo confermata dai fatti. Facemmo fatica a inquadrare la matrice satanica e arrivammo a questa pista dopo aver trovato a Golasecca simbologie che coincidevano con quella cultura».

La vicenda era iniziata sei anni prima con la scomparsa di Fabio Tollis, promettente bassista milanese, e della sua amica Chiara Marino: il padre di Tollis aveva iniziato da solo ad indagare e, pur non avendo trovato il figlio, aveva denunciato la presenza di una matrice satanica nel gruppo frequentato dai due giovani. Purtroppo non era stato creduto e si era perso molto tempo prezioso.

Forse nemmeno Tiziano Masini sarebbe arrivato a scoprire i colpevoli se uno di loro, Andrea Volpe, non avesse deciso nel mese di maggio 2004 di svelare tutto quello che era successo. «Gli omicidi secondo Volpe erano una prova di coraggio per dare una dimostrazione al cosiddetto “livello superiore”: Fabio e Chiara erano stati eliminati perché considerati troppo deboli e non meritevoli di stare nel gruppo, Mariangela era stata sacrificata anni dopo perché lo stesso Volpe non era più legato affettivamente a lei, quindi era diventata pericolosa». Una quarta persona, che avrebbe dovuto trovarsi nel bosco di Somma Lombardo dove erano stati sacrificati i primi due giovani e non si era presentata, era stata indotta a suicidarsi per “tradimento” nei confronti del gruppo.

 

Non è nostra intenzione entrare nel merito dei giudizi né della colpevolezza dei giovani indagati. Ci preme solo sottolineare quante volte ritorni, nel corso dell’indagine, il “gruppo” come ispiratore o esecutore dei crimini: un’alleanza nefasta a cui molti giovani, anche se innocenti, non avevano avuto la forza di sottrarsi.

Per questo il forte richiamo di Tiziano Masini al ruolo delle famiglie che sono in gran parte mancate nel loro dovere di controllo e di vicinanza ai figli ci sembra da condividere in pieno, così come il clima di omertà, silenzio e menzogna, che ha contraddistinto per anni i protagonisti di queste vicende, ci fa capire che la società, quindi in ultima analisi noi cittadini, deve essere molto più vigile nel denunciare cosa succede e ancor prima nel prevenire.

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