Sardegna, di nuovo in zona arancione

I motivi per cui la Sardegna è passata da zona bianca a zona arancione. C’è bisogno dell’impegno di tutti: di ciascuno di noi nel seguire le regole previste.

Come alcuni avevano previsto la semilibertà da zona bianca ce le siamo giocata. Dallo scorso lunedì, e per due settimane, la Sardegna, come altre regioni, è ritornata ad essere zona arancione.

Questa volta però non si può gridare al turista untore o al politico cattivo.

Siamo stati molto bravi, noi sardi, a far si che alcune attività, ad esempio quelle del settore ristorazione e ricezione, precipitassero nuovamente nel baratro dell’asporto e delle chiusure. Eppure a sentire le chiacchiere, fuori dai bar, anche in questa occasione emergerebbe una mancanza di responsabilità: la colpa è di Tizio, di Caio e di Sempronio, oppure «Qualcuno geloso ha “gufato” contro di noi», e amenità simili. Le cose purtroppo sono ben diverse.

La notizia è dello scorso 20 marzo, una delle tante di cronaca.

I carabinieri sono dovuti intervenire per un assembramento in un bar: oltre cento persone ammassate nel locale. Un avventore ha pensato bene di intimidire i militari intervenuti con una motosega, presa dal cofano della propria auto. Risultato: l’uomo è stato denunciato insieme al titolare, quest’ultimo per non aver fatto rispettare le regole previste dai Dpcm.

È uno dei troppi episodi nei quali la mancanza di senso civico di qualcuno danneggia tutti quelli che rispettano le regole.

Lo stesso Commissario dell’Azienda Tutela della Salute, Massimo Temussi, ha stigmatizzato il comportamento di tante persone che non rispettano le norme previste.

Evidentemente la lezione dell’estate scorsa non è servita a molto, nonostante prescrizioni molto chiare. Chi non le segue concorre alla diffusione del virus, con conseguenze nefaste per ciascuno di noi.

Anche le autorità sanitarie stanno facendo fatica nel tracciamento dei positivi: troppi assembramenti in feste di fidanzamento, pranzi in famiglia e altre occasioni. Si tratta di iniziative che mettono in sofferenza la macchina regionale. In alcuni casi una sola persona ne ha contagiato ben trenta e cinque comuni sono in zona rossa.

Nei giorni scorsi il «Corriere della Sera» ha pubblicato l’immagine di centinaia di persone in fila a Milano per ritirare beni di prima necessità. I poveri in Italia sono aumentati a dismisura: nel 2020 nel nostro Paese due milioni di famiglie hanno avuto gravi difficoltà, 335 mila in più rispetto al 2019. Sono dati di una rilevazione preliminare Istat.

Purtroppo il loro numero è destinato a crescere, anche per i comportamenti sciagurati di pochi, per i quali il proprio tornaconto viene prima dell’interesse collettivo.

Sullo sfondo resta la preoccupazione per una campagna vaccinale che non decolla: la Sardegna è l’ultima tra le regioni come numero di somministrazioni.

C’è un ultimo dato: l’economia dell’Isola è ferma e il turismo, che avrebbe dovuto riprendere con il ponte di Pasqua, di fatto è la palo. Solo negli agriturismo sono stati persi 4 milioni di euro di fatturato, mentre centinaia di persone non hanno ripreso il lavoro, e decine di attività della ristorazione hanno chiuso o hanno problemi molto seri ad andare avanti.

C’è bisogno dell’impegno di tutti: di ciascuno di noi nel seguire le regole previste, da parte di chi gestisce la Sanità, che deve provvedere alla tutela della salute pubblica, e anche di chi ha le redini della Cosa pubblica, che deve dare risposte organiche, celeri ed efficaci.

 

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