Sardegna in festa
La comunità dei Focolari e i suoi amici ricordano l'arrivo nell'isola di Chiara Lubich.
«Avete delle doti, delle qualità che sono costitutive del vostro essere: la tenacia, il calore, la solidità. Nell’incertezza del mondo, del domani, dei rapporti, della situazione economica, la sicurezza, la solidità che avete ricevuto da Dio sono un dono di cui il mondo ha bisogno. Siate quelli che siete». È il saluto conclusivo che la presidente dei Focolari, Maria Voce, rivolge ai partecipanti alla festa per il 60° anniversario dell’arrivo del movimento in Sardegna.
Un insolito traffico la domenica mattina dell’8 novembre sveglia infatti gli abitanti di Mogoro, piccolo centro in provincia di Oristano. Macchine e pullman portano qui da ogni angolo della Sardegna circa 1800 persone venute a celebrare l’anniversario. Ad accogliere questo popolo in festa, il centro per le attività culturali e di spettacolo ultimato nei giorni immediatamente precedenti. «Un battesimo, più che un’inaugurazione», lo definirà il sindaco Giovanni Pia, che a stento trattiene la commozione e ringrazia i Focolari «per aver scelto la nostra comunità per un evento così importante».
Un appuntamento che vede presenti diversi amministratori locali, i vescovi della diocesi di Ales e di Iglesias, e tanti amici di altri movimenti. «Una giornata notevole, con esperienze che ci hanno commosso», commenta Giuliano Monaco della Comunità primavera del Rinnovamento carismatico. E i coniugi Giua, dei Cursillos: «Abbiamo lasciato il nostro ritiro per essere presenti, ma non abbiamo perso niente perché è stato un susseguirsi di emozioni».
Facciamo un salto indietro, al 1949, anno in cui Chiara Lubich ed altre due focolarine, Lia Brunet e Vale Ronchetti, approdano a Sassari, invitate da due signore, Adele e Gesuina Diana. È nella casa di quest’ultima che si susseguono incontri con persone di diverse condizioni sociali e vocazioni, anziani e ragazzi.
«Cuori ardenti, audaci e generosi», li definisce Chiara nella nota lettera ai sardi (vedi Città nuova 21/2009) scritta al suo rientro a Roma, in cui dà loro anche una consegna: «Darete al mondo un esempio d’amore fraterno, di sostegno vicendevole, di comunità cristiana come nessuno l’ha dato mai. Il cuore me lo dice».
E in un altro passaggio di quella lettera scrive: «Ho conosciuto tra voi gente di ogni vocazione, di ogni età, di ambo i sessi. Oh! Io scongiuro le mamme di sentirsi e comportarsi come mamme di tutti i giovani; prego i papà di fare i papà di tutti, ed i giovani di essere fratelli e sorelle».
Che questa lettera sia rimasta come la magna charta di quanti nel tempo sono venuti in contatto con l’ideale dell’unità, lo testimonia l’esperienza di numerosi presenti.
«Era successo che don Riccardo aveva accompagnato me ed altri giovani dell’oratorio a Loppiano – racconta Alfonso –. Quella esperienza trasformò la nostra vita. Continuammo a fare le stesse cose, l’oratorio, la vita da ragazzi; ma, arrivata la sera, immancabilmente per tutta l’estate, ogni giorno ci trovavamo alla panchina di piazza Giovanni XXIII, oggi ristrutturata, ma ancora piccolo polmone di un quartiere popoloso di Cagliari. Non potevamo fare a meno di scambiarci le esperienze quotidiane della Parola di vita e comunicarci tutto quanto avevamo vissuto. La comunità ci ha subito adottati e cresciuti amorevolmente. Casa Licheri era per me un vero focolare, dove immancabilmente passavo varie volte alla settimana accolto sempre con gioia da Maria e Fernando».
«Andate alla conquista di tutte le anime che vi stanno d’attorno e, per quando vi verremo a trovare, fate che altri cuori battano col vostro per lo stesso Ideale», si legge in un altro passaggio della lettera di Chiara Lubich ai sardi.
«Eravamo disposte a tutto e andare in qualsiasi paese dove ci fossero anche solo due persone che volevano vivere l’ideale dell’unità era prioritario a qualsiasi altro impegno», racconta Margherita. E pur senza telefono in casa «la rete costruita con contatti personali e lettere era fittissima». Alla prima giornata per i giovani, a Cagliari nel 1976 i presenti erano mille; l’anno successivo, duemila.
E dalla testimonianza dei giovani erano attirati anche gli adulti: «Dovevamo riposare – ricorda Beppe, parlando di una vacanza a Iglesias –, e cantavamo solo alla messa. Lì c’erano molte famiglie coi figli. Non pochi furono “presi” dalla presenza di Gesù fra noi». Un’altra città in cui era stata accesa la “fiamma“ dell’unità.
Si sono sviluppate così, da un’intensa vita del Vangelo fiorita al calore del clima di famiglia, le diverse comunità dei Focolari presenti oggi in ogni angolo della Sardegna. Numerosi quelli che hanno deciso di donare a Dio la propria vita e che si trovano nelle più diverse parti del mondo; oggi come ieri, perché qui le scelte radicali continuano a non mancare.
Un bilancio dopo 60 anni? Si narra che quest’isola sia l’orma del piede che, nella creazione, Dio ha lasciato al centro del Mediterraneo, arricchita dalle perle del manto della Madonna visibili negli splendidi colori dell’arcipelago della Maddalena. Sono in molti a Mogoro ad avere la netta sensazione che la vita scaturita dall’ideale proposto da Chiara, abbia «trapuntato di stelle l’intera Sardegna» e che Maria, patrona dei sardi e da essi tanto amata e venerata, abbia guidato e continui a guidare il viaggio della vita anche nei momenti di tempesta. Che, si può immaginare, in questi 60 anni non sono mancati, superati sempre con la generosità di coloro che si sono rivelati vere colonne delle diverse comunità.
Di certo si può costatare che la spiritualità dell’unità ha alimentato e continua a sostanziare l’impegno personale, familiare, sociale ed ecclesiale di migliaia di uomini e donne.
Lo testimonia, tra le altre, l’esperienza di Carlo, imprenditore, che in una terra dove le difficoltà lavorative sono affatto indifferenti, ha rischiato grosso pur di mettere la sua professionalità e i suoi capitali al servizio di una cooperativa a fini sociali; o quella dei paesi del nuorese dove Gina e Bastianina raccontano l’impegno a favore della riconciliazione e del perdono dopo omicidi che hanno segnato in maniera drammatica le comunità; mentre Ada e Marco, genitori di Chiara, 22 anni, cerebrolesa, “cantano” un inno alla vita degna di essere vissuta sempre e comunque; ancora, Cinzia testimonia la sua scelta di impegnarsi in politica all’insegna del motto evangelico: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».
Dicono che un’altra delle caratteristiche dei sardi sia la fedeltà. A vedere i risultati di questi primi 60 anni non si può non crederci.
Aurora Nicosia
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Fede genuina e voglia di apertura.
Mons. Giuseppe Mani, arcivescovo di Cagliari e presidente della conferenza episcopale sarda, accoglie con grande calore la presidente dei Focolari.
«State procedendo bene, in maniera brillante ed efficace. Mi fa particolarmente impressione e gioia», afferma, sostenendo poi che «persone come Chiara Lubich sono i santi del dopo Concilio, un periodo nella storia della Chiesa che sarà ricordato come un momento straordinario».
Quali sono le caratteristiche della Chiesa in Sardegna nella quale sono inseriti i Focolari?
«Una Chiesa viva dove la gente ha ancora una fede genuina, abbondano vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Magari c’è poca organizzazione e burocrazia, per fortuna, ma c’è la fede, la semplicità e lo stile di vita sobrio ed evangelico. C’è da rimanere ammirati di fronte all’eroicità di certe scelte di vita».
Quale può essere l’apporto ecclesiale di un movimento come quello dei Focolari?
«L’apertura all’esterno, perché la nostra è una Chiesa bellissima, unita, ma che deve diventare ancora più aperta all’esterno. I sardi sono sparsi in tutto il mondo; ci sono missionari, suore, monache oltre ai focolarini, tanto che se vivessero tutti qui la Sardegna sarebbe un monte Athos. Se insieme a tutto questo ci fosse anche l’apertura, allora avremmo una ricchezza completa, ma un po’ alla volta si arriverà, non c’è problema».
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Capacità di elaborare soluzioni
La tappa al palazzo della Regione della visita di Maria Voce in Sardegna.
Al termine dell’incontro molto cordiale, il vicepresidente del consiglio regionale, Michele Cossa così si esprime: «Incontrare la persona che è succeduta a Chiara Lubich per me oltre che un onore dal punto di vista istituzionale è stata una grandissima emozione personale, perché questo movimento è stato in grado di costruire così tanto in un tempo relativamente breve, in tutto il mondo. Che questa visita in Sardegna si sia conclusa con un incontro presso la sede del Consiglio regionale è stata una cosa molto bella che, sono convinto, avrà delle ricadute positive anche sulla politica sarda. Alla nostra terra che ha mille problemi il Movimento dei focolari può dare unità, speranza, vita e prospettive, per la capacità che ha di elaborare soluzioni sia dal punto di vista politico che sociale ed economico».