Il sapore della felicità
Ci voleva un attore mirabile e corpulento come Gérard Depardieu per essere Gabriel Carvin, il più celebre chef francese: una vita tra i fornelli, una ex moglie morta, due figli maschi – uno più giovane e avventuroso, l’altro cuoco sottostimato dal padre -, e una moglie (Sandrine Bonnaire) che lo tradisce apertamente. Ma per lui l’amore vero è la cucina, dove è l’imperatore assetato di odori e di gusti sempre nuovi, ma pure segretamente afflitto dall’essere arrivato anni prima secondo ad un concorso internazionale fra chef, vinto dal rivale giapponese Tetsuchi Morita (Kyozo Nagatsuka).
Il suo ristorante è celebrato, Gabriel potrebbe avere una vita felice ma l’ansia e la solitudine lo divorano, è insoddisfatto del suo corpo obeso che ha trascurato per dar sfogo alla passione culinaria, trascurando la famiglia, così che per lui gli esseri umani sono fonte di delusione (tranne il figlio minore Nino). Oppure è lui che ha deluso loro?
La vita però gli riserva una sorpresa, un infarto che lo porta alle soglie della morte. Si riprende ma svogliatamente. Lo ossessiona un pensiero: andare a cercare il suo rivale giapponese e carpirgli il segreto del suo gusto particolare vincente, l’aroma perfetto fonte di felicità. Così parte e fra mille difficoltà a inserirsi in una civiltà che non conosce e non apprezza, trova il rivale che finge di non conoscerlo, finché una serie di circostanze li farà diventare – quasi – amici. Complice il figlio Nino che lo ha raggiunto e s’innamora della nipotina del giapponese.
Iniziano a cambiare tante cose: cura del corpo, cura del sentimento, piccole felicità nei rapporti umani non solo nel cibo. Il risultato è che – non diciamo come – Gabriel ha trovato il sapore della felicità ed anche il sapore della famiglia, dei rapporti veri – i figli ritrovano il padre – e quindi anche un miglioramento in cucina!
Elegante, umoristico, spiritoso, mai sopra le righe, Il sapore della felicità è dominato da Depardieu che conserva un sorriso molto innocente, si direbbe infantile, ma lascia posto anche agli altri attori. Una commedia franco-giapponese anche un po’ bizzarra, ma gustosa, da cima a fondo che dice, sorridendo, tante cose importanti nella vita.
Anteprima
Il Kursk era un sottomarino russo a propulsione nucleare che nel 2000 si inabissò nel Mar di Barents. Ed è il titolo del film diretto da Thomas Vintenberg con Matthias Schoenarts, Colin Firth e Léa Seydoux in uscita il 27 luglio.
Una storia drammatica quella dell’esplosione del sottomarino con numerosi morti e i 24 superstiti rimasti intrappolati in attesa dei soccorsi statali che arrivarono tra mille difficoltà burocratiche che rifiutarono prima e ritardarono l’aiuto di Inghilterra, Norvegia e Stati Uniti. Il film ripercorre come un incubo sottomarino la tragedia dei marinai e delle loro famiglie ed è quest’ultimo aspetto la peculiarità del lavoro, molto coinvolgente e sobrio che da una parte evidenzia l’ottusità dell’orgoglio nazionalista che ritarda i soccorsi e dall’altra il dolore profondo e virile delle donne e delle madri, capaci di sollevarsi contro la cecità dei burocrati.