Santità universale

Nella logica di tutto il suo Messaggio per la Quaresima, Benedetto XVI conclude con un urgente appello ai cristiani, perché si stimolino a crescere insieme nella santità. Sesto e ultimo commento proposto da Unità e Carismi

«I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati da Gesù nostro Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi… È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo a qualsiasi stato o rango appartengano, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano».
 
Così si esprime il Concilio Vaticano II (LG, 40), ribadendo una verità basilare del cristianesimo, ma che era stata un po’ annebbiata con la stratificazione di varie categorie di cristiani, anche riguardo alla santità. Il clero e i religiosi potevano aspirare alla perfezione della santità, i laici no. Igino Giordani li definiva «proletariato» della Chiesa.
 
Benedetto XVI, nella conclusione del suo Messaggio per la Quaresima 2012, riprende l’argomento, basandosi sull’espressione della Lettera agli Ebrei: «Per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone», facendone un’applicazione urgente: «camminare insieme nella santità».
 
Con questa sottolineatura il papa apre in direzione della dimensione ecclesiale della santità, che fa parte della professione di fede del cristianesimo: «Credo nella Chiesa santa». La santità è una delle note della Chiesa non tanto come somma delle santità delle singole persone, ma come realtà del corpo in quanto tale.
 
Se Gesù ci ha lasciato come «suo» comandamento l’amore reciproco, è evidente che questo non può essere vissuto individualmente, ma insieme, in comunità e per costruire la comunità. Per Gesù, è l’amore che ci santifica, amore e santità si identificano; di conseguenza l’amore reciproco, che fa comunità, fa santa la Chiesa.
 
Dice Chiara Lubich: «Il comando di Gesù: “Siate perfetti come il Padre” (Mt 5, 48) è comando che vale per tutti in ogni attimo della loro vita: anche per il peccatore appena convertito. Vale quanto le altre parole di Gesù. Come, per esempio, tutti sempre debbono amare il prossimo come se stessi, così tutti debbono essere perfetti come il Padre. Ma ciò è possibile solo se ci mettiamo a farci santi ponendoci nell’ordinaria condizione indispensabile per divenirlo, cioè se a base della nostra santità (ante omnia, anche prima della santità) poniamo la mutua carità: Gesù fra noi come premessa o principio, come mezzo per santificarci e come fine».
 
Il papa confessa con amarezza che «purtroppo è sempre presente la tentazione della tiepidezza, del soffocare lo Spirito, del rifiuto di “trafficare i talenti” che ci sono donati per il bene nostro e altrui (cfr Mt 25, 25s). Tutti abbiamo ricevuto ricchezze spirituali o materiali utili per il compimento del piano divino, per il bene della Chiesa e per la salvezza personale (cfr Lc 12, 21b; 1 Tm 6, 18). I maestri spirituali ricordano che nella vita di fede chi non avanza retrocede».
 
Davanti a questo quadro, il suo appello si fa urgente: parla di «stimolarci reciprocamente per giungere alla pienezza dell’amore e delle buone opere», di un «mutuo spronarsi ad un amore effettivo sempre maggiore».
 
Le sue parole scavano dentro i cuori dei cristiani e dei consacrati per esaminarsi su quali sono i temi del loro conversare, quali gli interessi intorno cui ruota la vita di una famiglia, di una comunità, quali le mete che ci si propone insieme. Giovanni Paolo II parlando della santità, diceva: «È ora di riproporre a tutti con convinzione questa “misura alta” della vita cristiana» (NMI, 31).
 
È il primo punto – e il fondamentale – della nuova evangelizzazione che la Chiesa ha scelto come impegno prioritario in questo tempo: perché possa evangelizzare, la Chiesa è chiamata anzitutto a evangelizzarsi, proponendosi, in tutta umiltà, ma nella sua autentica identità, come icona di un Dio, la cui santità somma è lo splendore di un amore senza limiti.
 
Conclude Benedetto XVI: «Di fronte a un mondo che esige dai cristiani una testimonianza rinnovata di amore e di fedeltà al Signore, tutti sentano l’urgenza di adoperarsi per gareggiare nella carità, nel servizio e nelle opere buone».

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