Santambrogio, il dramma e l’ipocrisia

Un tweet scuote il mondo del ciclismo e tutto lo sport. Viene da Mauro Santambrogio, 29 anni, ciclista professionista trovato positivo all'Epo il 4 maggio scorso al termine della prima tappa del Giro d'Italia. L’atleta aveva concluso la corsa rosa in nona posizione, poi la notizia della "non negatività", il buio e l'oblio
Mauro Santambrogio

«I problemi cominciano quando si perde di vista la distinzione tra persona e personaggio» disse Jorge Valdano, celebre attaccante dell'Argentina campione del mondo nel 1986 nonchè spalla del grande Diego Armando Maradona. Si può partire da qui per finire altrove. Mauro Santambrogio, ex ciclista della Vini Fantini-Selle Italia con ogni probabilità non è un Maradona del ciclismo, ma di sicuro non è stato e non è l'ultima ruota del gruppo. Il suo tweet con la frase «Addio mondo» è stato il fulmine che ha squarciato una tranquilla notte d'autunno. Quasi a voler segnare un confine, tra una stagione ed un'altra, tra il caldo e il freddo, la vita e la morte. I giornalisti più solerti hanno colto il messaggio chiedendo a Mauro delle spiegazioni e subito dopo via Twitter è scattata la gara di solidarietà che ha visto tutta la grande famiglia del ciclismo stretta attorno ad un corridore vittima ed allo stesso tempo carnefice di sé stesso. La paura di un gesto disperato ed avventato da parte di un altro giovane ciclista era più di una realtà, quasi una certezza. È stata una lunga volata contro il tempo per tenere stretta una vita che rischiava di scivolare via. Alcuni dicono che Mauro è stato salvato dai tweet di tante persone e di sicuro sentire un pò di calore non fa mai male. Di sicuro dire che Santambrogio è stato salvato da Twitter è eccessivo.

L'atleta Santambrogio ha sbagliato, ha fatto del male prima di tutto a sé stesso e a tutta la famiglia del ciclismo. Si fa fatica a capire perché in questo mondo quando qualcuno viene messo al bando poi viene lasciato solo, dimenticato, abbandonato. Serve l'annuncio di un gesto disperato per risvegliare le coscienze? Serve forse un altro morto per capire che non si può più andare avanti così? Chi mastica di ciclismo sa bene in quali condizioni si ritrovano  a pedalare i corridori. Spesso certe scelte sono “dovute”. Chi è disposto a scendere dal treno mentre è in corsa?

Quel messaggio di disperazione ha contribuito però a smuovere molte coscienze e tanto si sta facendo per stare vicino all’atleta, un ragazzo di 29 anni appassionato di ciclismo fin da bambino. Un ragazzo cresciuto inseguendo un sogno che è diventato realtà e che non è sfuggito al confronto con il “sistema” di un ciclismo che  fa crescere in fretta, fa diventare maturi anticipando i tempi, ma che spesso pone davanti ai giovani delle domande e dei bivi più grandi della loro età.

Il tweet di Santambrogio con tutto ciò che ne è scaturito pone i confini della vita un pò più in là. Oggi viviamo il presente aiutando un ragazzo a ritrovarsi e allo stesso tempo si pagano le conseguenze dell'atteggiamento di un sistema sportivo che ha perso di vista la distinzione tra persona e personaggio. Il Santambrogio atleta è e sarà rifiutato dalla maggior parte dell'ambiente ciclismo e forse non c'è nulla di male in questo, ma non possiamo fare a meno di essere vicini a Mauro. Non possiamo volergli bene solo quando rischia con un ultimo scatto di staccare la vita. Qui c’è l’occasione per diventare migliori, tutti. Abbiamo l'occasione giusta per capire che serve una nuova cultura dello sport, fatta di dirigenti competenti che sanno accogliere i ragazzi in giovane età facendo capire loro prima come si diventa uomini e poi atleti di valore e magari di spessore. Perché le cose funzionano in quest'ordine e non esiste un'altra via. Non ci fa male ogni tanto incontrare un dramma: possiamo capire le nostre fortune, il vero valore della vita, ciò che è giusto e ciò che è da rifare.

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