Sant’Agostino era una pop star

Pubblichiamo da La Domenica del Sole 24 ore, la recensione di Mons. Gianfranco Ravasi al primo volume dell' Iconografia agostiniana edito da Città Nuova. Ne emerge uno studio esemplare ed un «vero e proprio scrigno di informazioni».
Giornali

di Gianfranco Ravasi

 

«Mi accade spesso di ricordare una frase che Julien Green, il grande scrittore cattolico francese che ha attraversato tutto il Novecento, mi disse per riassumere la sua ricerca umana e religiosa: «Finché si è inquieti, si può stare tranquilli». E subito dopo, sorridendo, aggiunse: «È ovvia l’impronta agostiniana, essendo il vescovo di Ippona uno dei miei amori più alti». Effettivamente, chi non ricorda l’Inquietum est cor nostrum … della prima pagina delle Confessioni? Sono tanti gli "innamorati" di Agostino nella storia della cristianità: non ne fa velo l’attuale pontefice Benedetto XVI che, tra l’altro, al celebre Padre della Chiesa dedicò un saggio specifico già nel 1954, Popolo e Casa di Dio in sant’Agostino Oaca Book 1978).

 

«Che questa figura sia imponente non solo nella storia della teologia, ma anche dell’Occidente tout court emerge già dalla sua produzione: in Italial’editrice Città Nuova ha curato l’Opera omnia del Santo e il risultato, frutto di quarant’anni di lavoro di un pattuglione di oltre quaranta curatori, è in una bibliotecari più di sessanta volumi per un totale

di 42mila pagine. Ricalcando l’asserto del numquam satis, ossia del, "mai abbastanza" applicato dalla tradizione a Maria, la madre di Gesù, l’editrice romana ha pensato bene di mettere in cantiere un seguito, e il primo frutto è un tomo sontuoso per formato e immagini dedicato allIconografia agostiniana.

 

«Dicevamo "primo frutto" perché l’arco storico perlustrato va dalle origini al Trecento e, quindi, il cantiere rimane aperto per un itinerario ancora lungo. L’impresa è veramente ardua proprio per la fama di cui godette Agostino fin dalle origini. Nella remota città di Ippona, l’attuale Annaba algerina, ove fu vescovo a partire dal 397, egli divenne un faro che illuminò già allora il dibattito teologico, culturale, spirituale e pastorale della Chiesa. Dopo la morte, avvenuta il 28 agosto 430, mentre alle porte di Ippona premevano i Vandali (e il pensiero corre al De civitate Dei, composto negli anni ipponensi), la luce si irradiò in modo stabile e penetrò anche nell’arte, e la prima scheda iconografica ci presenta un affresco del VI/VII secolo nel sotterraneo del Sancta Sanctorum del complesso lateranense a Roma.

 

«Da quell’immagine si dirama un flusso incessante che i tre autori della ricerca studiano in maniera esemplare, con un’accuratezza e un’acribia capaci di trasformare il volume in un vero e proprio scrigno di informazioni. Naturalmente, da quella prima immagine sbiadita si procede fino allo splendore delle miniature che fioriscono nelle pagine dei codici manoscritti. Si giunge ai mosaici, agli affreschi sulle pareti delle chiese, alle sculture dei capitelli, alle tavole e così via fino alla famosa Arca marmorea che è collocata nella chiesa pavese di San Pietro in Ciel d’Oro, ove riposano le spoglie mortali di Agostino, qui traslate dal re longobardo Liutprando tra il 723 e il 725. Egli – stando almeno allo storico Paolo Diacono –, le aveva acquistate in Sardegna, ove riposavano dal VII secolo, per impedire che fossero profanate in patria dalle scorrerie dei pirati saraceni.

 

«La "collezione" iconografica che ci viene offerta è distribuita in una sorta di galleria a due sale. Nella prima 125 opere "maggiori", allineate cronologicamente, illustrano i modelli fondamentali, accompagnandoli con introduzioni generali di grande respiro: suggestivi, in finale, sono i cicli biografici che nel corso del Medioevo hanno "sceneggiato" la vivace e complessa vita del Santo. Nella seconda sala sono allocate ben settecento opere, schedate in modo più essenziale

e distribuite geograficamente. Un censimento sorprendente, quindi, che attesta non solo la differente gradazione delle presenze secondo le aree considerate, ma conferma anche il fascino esercitato da questa figura che noi stessi, nelle pagine del nostro supplemento, abbiamo avuto occasione di proporre a più riprese (può forse sconcertare, ma è stato spesso ripetuto che un personaggio "scandaloso" come Moana Pozzi teneva come lettura dei suoi ultimi giorni proprio

le Confessioni…!).

 

«Vogliamo chiudere questa nota accostando al volume agostiniano un altro saggio iconografico altrettanto sontuoso. È una mirabile testimonianza dell’opera di uno dei massimi esperti di catacombe, Fabrizio Bisconti, che qui raccoglie il succo di decenni trascorsi in quegli spazi sotterranei divehuti quasi una sua seconda patria. Il suo è una sorta di

"filmato" interpretativo che seleziona alcune scene fondamentali di quell’immenso patrimonio pittorico custodito nelle oltre quattrocento unità monumentali che compongono il reticolo delle catacombe romane. La nostra può essere, allora, una visita ideale, accompagnata dallo splendore delle immagini e dalla guida dell’interprete che ci conduce dagli esordi nel III secolo fino all’epilogo del V. Tra l’altro, il lavoro incessante di Bisconti e dei suoi collaboratori permette di far proseguire questo "filmato" attraverso nuove scoperte e decrittazioni.

 

«Purtroppo non di rado l’accesso a tali gioielli è arduo, perché spesso la brutalità edilizia degli anni del "sacco di Roma" del secolo appena trascorso ha coperto e ferito quelle straordinarie testimonianze. Citiamo solo il glorioso Ipogeo di via Dino Compagni che qui è studiato nell’originalissimo «cubicolo di Sansone» e che qualche mese fa lasciò senza parole il Presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, in visita privata. Altrettanto suggestivo è il ciclo dell’Ipogeo degli Aureli di via Manzoni, da poco riproposto dopo un prezioso lavoro di restauro. Ma anche a chi non potrà scendere ad ammirare tali tesori nascosti sarà sufficiente percorrere le pagine di questo saggio, soprattutto nei capitoli di apertura. Essi intrecciano la sapienza delle interpretazioni alla scienza delle analisi e delle verifiche, ai programmi iconografici coniugano il racconto delle vicende vissute da queste creature di fede, di arte, di bellezza».

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