Santa Cecilia apre e chiude
Si era aperta così bene la nuova stagione romana dell’Accademia Santa Cecilia e ora non si sa quando riprenderà. Riandare col ricordo alla serata inaugurale fa bene, anche se con un po’ di nostalgia. Antonio Pappano aveva scelto di aprire con Bruckner e Mahler, due giganti musicali di un’epoca di trapasso fra secoli, così com’è ora e non meno drammatica, perché l’esaltazione della scienza e di una vita libera (la Belle Époque) nascondevano i venti che avrebbero portato alla guerra mondiale.
Da qui nasce per l’ipersensibilità dei musicisti un senso di angoscia sottesa, pur nella differenza di temperamento e di forme artistiche.
Il Te Deum di Anton Bruckner in do maggiore per soli coro e orchestra (1886) è radioso, polifonico, divinamente orchestrato nei lunghi respiri sinfonici e nelle ondate del coro. Sembra tutto luce, tutto pace e serenità, e lo è. Ma nell’Amen conclusivo la nota acutissima dei soprani si innalza facendoci tremare: raggio di luce soprannaturale ed anche grido lanciato all’infinito?
Il Canto della terra di Gustav Mahler (1911), assente dall’Accademia da dieci anni, nei testi dalla raccolta Il flauto magico di poesie cinesi, è composto di sei brani per le voci di contralto tenore e orchestra. Nel primo – Il brindisi del dolore della terra – il tenore è lancinante, ma l’orchestra geme solo a tratti.
Il secondo – Il Solitario dell’autunno – vede la delicatezza del contralto insieme all’oboe sul ricamo triste dei violini primi, ricordano il Wagner del Tristano. Il terzo – Della giovinezza – vede il tenore giocare leggero con legni e ottoni nel ritmo lieve, danzante. Il quarto – Della bellezza – è una gioiosa cavalcata del contralto dentro l’orchestra di seta. Il quinto – L’ubriaco in primavera – è allegro e spensierato. L’ultimo – L’addio – inizia cupo con i legni in una melodia aguzza, insieme all’oboe che canta una desolazione immensa e sola.
Questa è infatti una musica in cui la bellezza cui si anela è espressa da melodie contorte in una luce serpentina e aguzza, segno di una terribile angoscia.
Direzione colorata da parte di Pappano e belle voci, quelle del contralto Gerhild Romberger e in particolare del tenore Clay Hilley. Pubblico felice e “separato”, nessun incidente. Perché chiudere la musica?