Sanremo deluxe e politicamente corretto

Uno tsunami pubblicitario infarcisce la seconda serata: 72 spot per 31 minuti di pubblicità. Tutto è filato via liscio, leggero, quasi placido. Niente capolavori assoluti ma autori e cantanti apprezzabili per testi ed esecuzione. Da brivido il falsetto dell'israeliano Asaf Avidan
Sanremo 2013

Non siamo ancora a metà del guado, ma già tocca dire che reggere allo tsunami pubblicitario  che infarcisce le serate del Sanremone numero 63 non è facile; almeno per chi non è dotato di marchingegni tipo My Sky in grado di bypassarli senza troppa fatica. Ieri sera ho voluto togliermi uno sfizio e li ho contati: 72 spot (in media 150 mila euro a botta) per un totale di 31 minuti di pubblicità e trailer vari. Pensavo peggio, anche se gli stakanovisti han dovuto comunque sorbirsi un carico di chiacchiere e contorni che costituiva ben più del doppio della pietanza canzonettara.

Ciò detto veniamo per l’appunto al secondo menù offerto dalla premiata ditta Fazio & Littizzetto (oltrecché dalla consueta grande ammucchiata di autori di supporto). Diciamo subito che la serata è filata via liscia, leggera, quasi placida. E’ anche questo il segno di un evento che forse sta tornando ad essere quel che deve: un programma da guardare perché si fa guardare e non per sbeffeggiarlo; meno stucchevole di tanti altri, anche se di taglia ancora un po’ troppo forte: una tragica perdita per gli aficionados di certi festival inferociti e nevrotici del passato, ma una sacrosanta conquista, crediamo, per la maggioranza degli abbonati.

Quanto alle canzoni, ora che le abbiamo ascoltate tutte, possiamo dire di non aver individuato capolavori assoluti (con la sola eccezione della geniale Canzone Mononota di Elio & Le Storie Tese), ma anche che la media qualitativa è certo ben più alta di quella offerta dalle ultime edizioni. Tra i big s’è fatta molto apprezzare la vena ora teneramente naive ora ironicamente scanzonata di Cristicchi (ha prevalso la maggior originalità della seconda), e la vocalità intensa e personalissima di Malika Ayane, un’altra forte accreditata alla vittoria finale. Per il resto quasi tutto ben oltre il minimo sindacale della dignità, compreso il primo quartetto di giovani in concorso dove han lasciato il segno il bel testo de Il Cile (già eliminato, però) e la performance dei Blastema, i più rockettari, personali, e quotati del mazzo.

Quanto allo show, la seconda puntata s’è srotolata sulla falsariga della prima: una sorta di Ma che tempo che fa in versione deluxe e politicamente corretta, come del resto impone la delicatezza del momento (compreso il lutto che ha impedito la prevista ospitata dei Ricchi & Poveri) e il trasloco sulla rete ammiraglia. Tra le cose migliori l’intensa apertura dedicata al sempiterno Modugno da un Beppe Fiorello in gran forma e intabarrato nella giacca indossata dal Mimmo Nazionale quando, proprio da Sanremo, regalò per la prima volta al mondo la sua Volare: un perfetto trailer per il doppio appuntamento della prossima settimana col film-tv dedicato alla sua vita. Davvero esilarante invece l’improbabile duetto tra la Littizzetto e madame Carlà (Bruni, ovviamente).

Ma l’emozione più bella della seconda serata s’è accesa intorno alle ventitré, quando sul palco è salito il giovane israeliano Asaf Avidan, uno dei talenti più limpidi emersi a livello mondiale in questi ultimi anni: un falsetto da brividi, a mezza via tra una Janis Joplin al maschile e un Jeff Buckley resuscitato nel presente. Reckoning Song è già un piccolo classico fra gli intenditori, ma la sua strepitosa performance, condita da una meritatissima standing-ovation, servirà certamente a stuzzicare il grande pubblico anche sulle altre perle di Different Pulses, il suo straordinario ultimo album. Alla prossima…

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