Sanremo 2010: tradizione e sospetti

Di tutto, in una centrifuga di estremi incompatibili.
Valerio Scanu

Ne abbiamo viste di tutte in questi anni. Quel che ancora mancava era l’ammutinamento dell’Orchestra, a lanciar spartiti sul palco come asciugamani sul ring di un pugile suonato.

Ma se una cosa si può dire di questo Sanremo – sospetti di brogli a parte –, è che sta molto meglio di chi l’ha guardato; almeno a giudicare dagli share e dalle discreta qualità di qualche brano. Han detto tutti che è stata un’edizione iper-tradizionalista. Vero. A cominciare dalla burrosa conduttrice e dalle grandeur da fine impero delle scenografie; dal delizioso swing di Arisa, a questo continuo centrifugare di estremi incompatibili: i precari di Termini Imerese e i lustrini del Moulin Rouge, il savoiardo nazional-impopolare e la regina umanitaria; la Banda dei carabinieri e il rock di Irene Grandi. Insomma, il Grande Banalizzatore ha colpito ancora: col suo consueto, micidiale mix di sentimentalismo e superficialità, fino a risultare la patetica parodia di sé stesso, polemiche comprese (vedi la coca di Morgan e l’Eluana di Povia). Perché sì, anche quest’anno il Festival è vissuto di cose che poco o nulla c’entravano con la musica.

Ma se davvero si vuol parlare di cose vere, allora basti dire che un tempo i cantanti pagavano per poter far parte della fiera, e oggi vengono pagati. Del resto è chiaro che Sanremo non ha più nulla della rassegna canora e che è ormai una sorta d’expò universale dell’italianità più bassa: quella televisiva ovviamente, non a caso il più decrepito dei media oggi disponibili. Gente capace di godere nel far fuori i vincitori annunciati e crogiolarsi nel buonismo più ipocrita, convinta che il burlesque sia ironia e non la pruriginosa performance di una spogliarellista retrò, che riesce a cassare un gioiellino come Ricomincio da qui (una delle più belle cose offerte dall’Ariston in questi ultimi decenni), e consegnar la palma a giovanotti del tutto privi di carisma come Tony Maiello e Valerio Scanu.

Un ultimo pensiero: un tempo pensavo che Sanremo andasse riformato per migliorare la televisione. Oggi è chiaro a tutti che è il sistema televisivo ad essere irriformabile, ergo il festival può pure restar così, nell’attesa che sia la forza gravitazionale dei nuovi media ad abrogarlo. Non credo ci sarà da aspettare ancora molto.

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