Sangue a Bolsena

L’antichissima cittadina sorta sulle rive di un lago vulcanico racchiude un tesoro. I “Misteri di santa Cristina” e l’infiorata del Corpus Domini
Bolsena foto di Hans Peter Schaefer

No, non si tratta di un fatto di cronaca nera venuto a turbare la tranquilla cittadina laziale adagiata sulle rive dell’omonimo lago, erede della etrusca Velzna chiamata, dopo la conquista romana, Volsinii Novi. Il sangue di cui parlo è quello versato per testimoniare la sua adesione a Cristo da una giovanissima martire dei primi secoli: Cristina, patrona di Bolsena, le cui reliquie, dopo essere state traslate dalla locale catacomba in cui giacquero a lungo, ora riposano nella bellissima basilica a lei intitolata. Cristina, una figura molto amata dai bolsenesi lungo i secoli, malgrado la scarsità di notizie storiche – e forse proprio per questo la pietà popolare ne arricchì la vicenda di notizie incredibili, mirabolanti e truculente, quali poche passio di martiri possono vantare: episodi leggendari cui si ispirano i quadri dei “Misteri di santa Cristina”, la tradizionale sacra rappresentazione qui celebrata il 23 e 24 luglio con gran concorso di popolo. In realtà di lei si sa solo che morì giovanissima durante la persecuzione di Diocleziano, suscitando tale devozione da affrettare la scomparsa del paganesimo in queste zone.

Il sangue di Cristina fu risposta d’amore a quello versato da Cristo sulla croce. E proprio questo sangue redentore, secoli dopo il sacrificio della fanciulla, fu protagonista di un miracolo che rese celebre Bolsena, miracolo che Raffaello avrebbe raffigurato nelle Stanze Vaticane ed è all’origine della festa del Corpus Domini istituita da papa Urbano IV, la cui officiatura compose il massimo teologo dell’epoca, Tommaso d’Aquino.

Era il 1263 e un sacerdote boemo, diretto in pellegrinaggio a Roma lungo la via Francigena che toccava anche Bolsena, sostando nella cittadina volle celebrar messa accanto ai resti mortali di Cristina; ma tormentato da dubbi circa l’effettiva presenza di Cristo nel pane e nel vino consacrati, nel pronunciare la formula, dall’ostia spezzata vide sgorgar sangue che imporporò il corporale e macchiò il pavimento. Invano il sacerdote cercò di nascondere il prodigio ai fedeli presenti: rapidamente se ne diffuse la fama. Sgomento e pentito, fuggì ad Orvieto presso il papa Urbano IV, che lì allora soggiornava, confessandogli l’accaduto. Lo stesso pontefice si recò poi ad accogliere il corporale, l’ostia e i lini d’altare insanguinati presso il ponte di Rio Chiaro perché venissero custoditi nel magnifico duomo in un artistico reliquiario; le pietre macchiate di sangue rimasero invece a Bolsena, esposte alla venerazione dei fedeli parte nella cappella del Miracolo, all’interno della basilica, e parte all’interno della basilichetta ipogea che fa da atrio alle catacombe, dietro l’altare sul quale era avvenuto il prodigio.

Ovvio che a Bolsena la festa del Corpus Domini venga celebrata in maniera tutta speciale: con un’infiorata che, snodandosi tra le anguste vie del centro storico per ben tre chilometri, è tra le più lunghe del mondo.

Chi ammira la coppa vulcanica del lago vede al tramonto le sue placide acque arrossarsi: richiamano quel sangue che è il vero tesoro di Bolsena e al quale tutto il resto – le bellezze naturali, storiche ed artistiche del sito – fa degna cornice.

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