Sana vicinanza, sguardo nuovo, comune impegno
Non è stato un passo superficiale e tanto meno ingenuo che papa Francesco si sia recato in Svezia per aprire insieme ai luterani la commemorazione dei 500 anni della Riforma. E non era scontato che la Federazione luterana mondiale volesse ricordare congiuntamente questa ricorrenza. Si tratta di scelte coraggiose e lungimiranti, frutto di 50 anni di dialogo ufficiale fra cattolici e luterani.
Ambo le parti sono consce che permangono divergenze rilevanti che richiedono ulteriore approfondimento. Si tratta in particolare del modo di intendere il ministero nella Chiesa e di questioni etiche. Ma ciò non giustifica di andare ciascuno per la propria strada. «Ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide», recita la Dichiarazione congiunta firmata da papa Francesco e dal vescovo Munib Yunan, presidente della Federazione luterana mondiale. A Lund e a Malmö se ne sono tirate le conseguenze, più di altre volte.
Ciò che unisce è robusto: per il battesimo, cristiani luterani e cattolici sono legati con Cristo e fra di loro. Come i tralci di un’unica vite – così il brano evangelico risuonato il 31 ottobre nella cattedrale di Lund nel corso della preghiera ecumenica comune –, come membra di un solo corpo. Vivendo e testimoniando insieme – ha detto nella sua omelia il dott. Martín Junge, segretario della Federazione luterana mondiale – i pionieri dell’ecumenismo «hanno iniziato a non vedersi più come tralci separati ma come tralci uniti a Cristo. Anzi, hanno iniziato a vedere Cristo in mezzo a loro … Vedendo Gesù fra noi, abbiamo iniziato a vederci in modo nuovo anche l’un l’altro».
Papa Francesco si è espresso pure lui in questo senso, ancor prima dello storico incontro. «Chi è migliore: i luterani o i cattolici?», aveva chiesto il 13 ottobre a un folto pellegrinaggio di luterani e cattolici della Germania. E aveva ribadito: «Meglio, tutti e due insieme!». Nell’intervista a Ulf Jonsson, pubblicata su La Civiltà Cattolica del 28 ottobre, ha spiegato così l’intento del viaggio: «Avvicinarmi di più ai miei fratelli e alle mie sorelle. La vicinanza fa bene a tutti. La distanza invece ci fa ammalare». La preghiera comune nella cattedrale di Lund ha suggellato questa reciproca sana vicinanza.
Il successivo incontro nell’Arena di Malmö ha indicato con chiarezza la direzione di marcia: porsi insieme al servizio di chi più soffre, manifestare a tutti la misericordia di Dio, adoperarsi per superare la logica della violenza e unire gli sforzi per salvaguardare il creato per le future generazioni: la casa comune. Come a dire: il Vangelo e l’Amore di Dio non vanno rinchiusi fra i credenti, ma sono risorse indispensabili per la vita di un’umanità lacerata. Per questi scopi luterani e cattolici il 31 ottobre si sono presi un impegno comune cui non venir meno.
Ma un altro fatto va rilevato, sottolineato spesso da Francesco quando afferma che «l’unità si fa nel cammino». Facendo strada insieme, servendo fianco a fianco chi è nel bisogno, nasce un nuovo sguardo sul passato e sul presente e un nuovo modo di guardare l’un l’altro. A questo proposito Francesco nell’omelia a Lund ha fatto affermazioni importanti: «Noi dobbiamo guardare con amore e onestà al nostro passato e riconoscere l’errore e chiedere perdono: Dio solo è il giudice»; «la nostra divisione si allontanava dalla intuizione originaria del popolo di Dio, che aspira naturalmente a rimanere unito»; «ci siamo chiusi in noi stessi per paura o pregiudizio verso la fede che gli altri professano con un accento e un linguaggio diversi».
La parte della preghiera dedicata alla penitenza ne ha parlato senza mezzi termini: «Nel XVI secolo i cattolici e i luterani spesso non solo fraintendevano, ma rappresentavano anche i loro avversari in modo esagerato e caricaturale per farli sembrare ridicoli. (…) Hanno accettato la commistione del Vangelo con gli interessi economici e spirituali di chi era al potere. I loro fallimenti sono stati la causa della morte di centinaia di migliaia di persone».
Ma lo sguardo nuovo ci fa capire pure che possiamo imparare l’uno dall’altro. «Con gratitudine – ha detto Francesco – riconosciamo che la Riforma ha contribuito a dare maggiore centralità alla Sacra Scrittura nella vita della Chiesa». E ancora: «L’esperienza spirituale di Martin Lutero ci interpella e ci ricorda che non possiamo fare nulla senza Dio … Con il concetto di “solo per grazia divina”, ci viene ricordato che Dio ha sempre l’iniziativa e che precede qualsiasi risposta umana».
Lund non è stato certo il punto d’arrivo, ma tappa di un cammino da continuare. «Luterani e cattolici devono lasciarsi continuamente trasformare dall’incontro con l’altro e dalla reciproca testimonianza di fede», chiede il secondo dei cinque “imperativi ecumenici” del documento luterano-cattolico “Dal conflitto alla comunione” (2013). Ciò che il 31 ottobre è avvenuto al vertice di due realtà globali – la Chiesa cattolica romana e la Federazione luterana mondiale – ora deve concretizzarsi nel locale. Da qui, nella Dichiarazione congiunta, l’«appello a tutte le parrocchie e comunità luterane e cattoliche, perché siano coraggiose e creative, gioiose e piene di speranza nel loro impegno a continuare la grande avventura che ci aspetta».
Rimane negli occhi un’immagine di quella memorabile giornata. A conclusione della manifestazione nell’Arena di Malmö, papa Francesco, il presidente e il segretario generale della Federazione luterana mondiale e il card. Koch, hanno percorso il tratto verso l’uscita su una macchina elettrica scoperta. Seduti spalla contro spalla, col volto radioso, con lo sguardo hanno abbracciato la folla a 360°: insieme, per tutti!