San Titus Brandsma, giornalista, mistico e profeta

In occasione del Giubileo del mondo della comunicazione, approfondiamo la conoscenza di questo «martire della libertà di stampa», attraverso le parole del responsabile del Centro Stampa Carmelitano, p. Sebastian Benchea
(ph Centro Stampa Carmelitano)

Apostolo di pace e giornalista per vocazione. Così è stato descritto da molti il carmelitano Titus Brandsma, il primo giornalista santo. Beatificato da san Giovanni Paolo II, che lo ha definito «martire della libertà di stampa», e canonizzato da papa Francesco il 15 maggio 2022, san Titus (https://www.causesanti.va/it/santi-e-beati/tito-brandsma.html) ha lavorato affinché la stampa cattolica fosse luogo di incontro e comprensione.

Nominato assistente ecclesiastico dell’Associazione dei giornalisti cattolici olandesi nel 1935, ebbe l’incarico di seguire circa una trentina di testate che difese dalla censura del regime nazionalsocialista. Per questo impegno fu deportato nel campo di Dachau dove fu ucciso il 26 luglio 1942.

La sua testimonianza di santità parla oggi al mondo della comunicazione, che si appresta a celebrare il suo Giubileo.

Approfondiamo la conoscenza di san Titus Brandsma attraverso le parole di p. Sebastian Benchea, o. carm., responsabile del Centro Stampa Carmelitano.

(ph Centro Stampa Carmelitano)

Padre Benchea, può dirci quali sono state le virtù che san Titus Brandsma ha esercitato in grado eroico nella sua vita?

Si è scritto molto sulla figura di san Titus, sulla sua vita, sulle virtù, come giornalista, come mistico, particolarmente mi hanno colpito 3 aspetti, come giornalista: la pazienza, la fede e il coraggio della verità.

Diamo per scontato che durante i periodi delle posizioni “estreme” essere dalla parte della ragione e rimanere sottomessi a determinate ideologie, pensare di essere dalla parte “giusta”, solo un grande mistico come san Titus ha saputo fare la scelta della Verità che è Cristo, e denunciare quello che era sbagliato.

In che modo san Titus Brandsma difese la libertà attraverso la sua professione giornalistica?

Lo spirito profetico di Elia che avvolge la spiritualità carmelitana, e di cui ne faceva parte anche lui, non poteva rimanere muto di fronte ai pericoli incombenti, dove il silenzio significava assenso.

Come giornalista tesserato, e nominato nel 1935 assistente ecclesiastico dell’associazione dei giornalisti cattolici, nel gennaio del 1942 visitò le redazioni dei giornali cattolici in Olanda, incoraggiando a resistere alle pressioni naziste di pubblicare messaggi del governo di occupazione, in quanto erano in contraddizione con la fede cristiana.

Già in precedenza all’università di Nimega negli anni 1938 e 1939 tenne dei corsi sull’ideologia, criticando il nazionalsocialismo.

Anche oggi tante libertà e diritti sono negati in molte parti del mondo. Partendo dalla testimonianza del santo, in che modo noi giornalisti possiamo dare voce e contribuire all’advocacy per i diritti umani?

Oggi siamo stravolti e “bombardati” da tanta informazione, dove fake viene confuso per true e dove non c’è una disciplina alla verità, ma che le verità di alcuni sovrastano la verità degli altri.

L’unica chiave di lettura oggi che possiamo dare nell’interpretazione della realtà, con l’aiuto di san Titus, è che nessuna idea o linea deve togliere o abolire la libertà.

I diritti umani, dove vengono meno, partendo dal concepimento fino alla sua morte, l’uomo non li può calpestare, nella sua integrità. Perciò, il contributo al giornalismo cattolico è proprio di denunciare ogni forma di repressione e false promesse.

Che messaggio dà oggi la vita di Brandsma a noi giornalisti e comunicatori?

San Titus Brandsma al giornalista cattolico di oggi propone di essere un mistico/a e dove la Parola di Dio è l’unica chiave di lettura dalla quale partire ed arrivare. Dove la riflessione personale non diventi un’ideologia, dove le parole non colpiscono ma denunciano, dove i valori cristiani non sono un proselitismo ma un testimoniare Gesù Cristo.

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