Salvini a processo, Conte 2 in bilico
Come previsto il Senato ha votato, a maggioranza, a favore della richiesta del tribunale dei ministri di Catania di processare l’ex ministro degli interni Matteo Salvini. Il reato contestato è quello di sequestro di persona aggravato per aver impedito, per alcuni giorni, lo sbarco a terra di 131 persone soccorse in mare dalla nave Gregoretti della guardia costiera. Parliamo di un fatto che si colloca a luglio 2019, cioè nella fase finale e convulsa dell’esperimento dell’esecutivo Conte 1, una difficile coabitazione tra 5 Stelle e la Lega assurta a soggetto nazionale di una nuova destra. Un periodo di governo che ha dimostrato la forza trainante e attrattiva di consensi da parte di un partito che si identifica con il suo “capitano”. I decreti sicurezza e immigrazione portano, infatti, il suo nome e a molti è sembrato, a toto o ragione, che fosse lui il vero premier.
Il leader leghista, ora all’opposizione del governo Conte 2, assistito dalla collega di partito ed esperto avvocato Giulia Buongiorno, ha deciso di affrontare il processo, convinto di poter dimostrare di aver agito, difendendo i confini, nell’interesse del Paese. Rivendica, tra l’altro, di non essere stato da solo a prendere la decisione del mancato sbarco.
Sulla vicenda si è espresso, fin dal principio, in maniera puntuale il senatore Gregorio De Falco, noto ex ufficiale della guardia costiera, facendo notare che nel caso specifico si è trattato di una nave, la Gregoretti, non attrezzata, fuori dall’emergenza, ad attività di soccorso e accoglienza di persone raccolte in mare. C’è da riconoscere che il parlamentare, espulso dai 5 stelle per il voto contrario ai decreti sicurezza, è rimasto sempre della stessa idea, mentre tutto intorno cambiava.
La vicenda del processo a Salvini è destinata ad alimentare forti polemiche. Voci interne al centro sinistra hanno sempre avvertito il pericolo di un effetto boomerang della scelta del Senato, grazie alla macchina del consenso utilizzabile, sui social, dalla narrazione leghista.
I media vicini al centro destra fanno a gara nel rintracciare, nel passato, casi che si sarebbero prestati per mettere sotto processo, nell’esercizio delle loro funzioni, precedenti ministri o presidenti del consiglio. Come ad esempio Massimo D’Alema, fa notare Maurizio Belpietro, che, nel 1999, «spedì i nostri Tornado a bombardare Belgrado senza l’autorizzazione del Parlamento».
La polemica sul caso Gregoretti cade all’inizio di un periodo di attesa di prossime elezioni regionali. A cominciare dalla Toscana, dove pesa il fattore Renzi, destinato a intaccare, con il suo partito, il ricompattamento dei consensi a sinistra, come è, invece, avvenuto recentemente in Emilia Romagna.
Il futuro stesso del Conte 2 è appeso alle scelte dei parlamentari trasmigrati nella renziana Italia Viva. Il contrasto acceso sulla riforma dell’istituto giuridico della prescrizione, voluto fortemente dal ministro pentastellato Bonafede, è solo uno dei tanti argomenti dove si registrano punti di vista opposti.
E, in caso di rottura della maggioranza attuale, si aprirebbe la strada alle elezioni anticipate. Sembra questo il vero obiettivo di Salvini. Sicuro, come dice, di riconquistare il potere grazie ad una forte alleanza con la destra di Giorgia Meloni, in crescita di consensi elettorali e accreditata dal gradimento degli Usa di Trump.
Di contro si avrebbe una compagine dilaniata da divisioni interne, con un partito democratico ancora in fase di ricerca di identità.
Il dibattito politico è perciò complicato da questioni che vanno al di là del merito sulla responsabilità penale di Salvini.