Salviamo i tribunali minorili
Il Senato è chiamato a discutere il disegno di legge 2284 (“Delega al governo per l’efficienza del processo civile”), voluto dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, in nome di una razionalizzazione del sistema giustizia. Al suo interno un articolo prevede la soppressione dei tribunali e delle procure minorili. Al testo già approvato alla Camera sono stati proposti vari emendamenti, tra cui i relatori sembrano preferire quello che prevede l’istituzione di “sezioni specializzate” all’interno dei tribunali ordinari. Cerchiamo di capire perché, con l’intenzione di contenere i costi della giustizia, si rischia di cancellare quasi cento anni di storia e di non considerare la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza come strategica per il futuro del Paese.
La scelta cozza con la relazione di sintesi per l’anno 2016 del ministro Orlando dove si afferma che «recenti rilevazioni statistiche indicano l’Italia come il Paese con il più basso tasso di delinquenza giovanile rispetto ad altri Paesi dell’Ue e agli Stati Uniti». Un effetto «certamente da ricondursi all’efficacia sia dei programmi di prevenzione adottati, che delle misure di trattamento alternative alla detenzione».
E allora perché abolire i tribunali per i minorenni? L’Associazione nazionale dei magistrati per i minorenni e per la famiglia ha lanciato l’appello “Salviamo il tribunale per i minorenni”, sottoscritto da quasi 400 personalità. Anche il Consiglio superiore della magistratura con delibera adottata il 13 luglio 2016 ha sottolineato la necessità di preservare l’autonomia dei tribunali e delle procure minorili evidenziando le gravi disfunzioni che si determinerebbero in concreto qualora gli attuali uffici minorili fossero assorbiti negli uffici ordinari.
L’Unione europea – con la recente approvazione delle direttive sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali (Direttiva 2016/800/UE) – ha assunto come propri i valori ai quali si ispira il nostro ordinamento, ribadendo la necessità di potenziare la specializzazione dell’intervento giudiziario minorile ed evidenziandone funzione preventiva e specificità rispetto alla giustizia ordinaria.
Il timore più grande è che si venga a perdere la specializzazione e un patrimonio culturale e giuridico consolidato. Inoltre, uno dei cardini della giustizia minorile è stata da sempre l’unitarietà dell’esercizio della giurisdizione civile e penale. In tal modo si consente una visione complessiva unitaria dove si intrecciano intervento repressivo ed educativo. Il minore che delinque, cioè, è visto non solo come autore del reato ma anche come vittima di una situazione familiare disagiata. Un approccio, quindi, dove resta primario l’ascolto del minore.
Inoltre la presenza accanto ai magistrati togati dei giudici onorari esperti (neuropsichiatri infantili, psicologi, pedagogisti) ha garantito ad oggi la multidisciplinarietà. Questi infatti sono stati chiamati a integrare collegi giudicanti civili e penali e hanno apportato conoscenze specialistiche fondamentali nelle decisioni che riguardano i minori. Il loro compenso è oggi costituito da un gettone di presenza e alla loro mancanza si pensa di ovviare con consulenti tecnici d’ufficio o di parte. Ma chi sosterrà i costi di queste consulenze?
Non dimentichiamo che la maggioranza dei procedimenti civili e penali coinvolge persone che provengono da ambiti fortemente disagiati e che possono al più contare su una difesa legale assicurata dal patrocinio a spese dello Stato.
Con le sezioni distrettuali nei tribunali ordinari, e di “gruppi specializzati” all’interno delle procure ordinarie, quindi, si attiverebbero paradossalmente strutture molto più complesse. Oltre a tali effetti, con la soppressione dei tribunali per i minorenni verrebbe meno l’autonomia organizzativa e della rappresentanza esterna. Questa spetta di regola al capo dell’ufficio (quindi al presidente del tribunale), per cui il presidente della sezione non avrebbe più la possibilità di un rapporto diretto con enti locali, con i servizi socio sanitari, con le prefetture, con le istituzioni scolastiche.
Rapporti da cui sono scaturiti importanti protocolli che in molti casi garantiscono sinergia fra le istituzioni e l’adozione di interventi adeguati e tempestivi in favore dei minori.
Insomma, andiamo decisamente verso il peggio con le trasformazioni previste per le procure minorili. Il loro intervento in ambito penale è oggi caratterizzato fin dal primo momento da finalità educative dirette al recupero sociale dell’imputato minorenne. Si tratta di un ufficio che è destinatario ogni anno di decine di migliaia di segnalazioni da parte dei servizi sociali, delle forze dell’ordine, di ospedali, delle scuole, delle associazioni di volontariato e di semplici cittadini. A partire da tali input, la procura presso il tribunale dei minorenni, dopo i dovuti approfondimenti, richiede al tribunale l’apertura di procedimenti in tutela dei minori e spesso l’adozione di interventi in via di urgenza, in presenza di situazioni di pregiudizio in ambito familiare.
Appare del tutto evidente che la stessa ampiezza di risorse e di tempo alla tutela dei minori non potrebbe essere assicurata, all’interno di una procura ordinaria, da un “gruppo specializzato”, al quale non verrebbe garantita nemmeno l’esclusività delle funzioni, e che, in aggiunta ai compiti di tutela di minori e adolescenti, potrebbe essere chiamata anche a funzioni ordinarie penali in processi contro adulti ispirati a una logica inquirente del tutto diversa nelle finalità e nell’approccio.
C’è poi da considerare l’importanza dell’organizzazione attuale che permette di operare in strutture anonime lontane dai grandi palazzi di giustizia, consentendo di ottenere grandi successi come avvenuto ad esempio a Reggio Calabria, dove un giudice minorile ha conquistato la fiducia delle donne di ‘ndrangheta che ora chiedono di allontanare i figli dal territorio per rompere una pericolosa catena delle organizzazioni criminali. Si pensi ancora ai tribunali per i minorenni che operano nei distretti dove ricadono i porti “di sbarco” dei minori stranieri non accompagnati che hanno attivato interventi di urgenza e, utilizzando “prassi virtuose”, sono riusciti a garantire tutela a centinaia di minori.
La proposta del governo non permette perciò di garantire la specializzazione delle competenze a favore di una impostazione adultocentrica nello svolgimento delle funzioni giudicanti.
Una materia tanto delicata e complessa come quella della giustizia minorile dovrebbe indurre a maggior approfondimento e riflessione ed essere stralciata da un disegno di legge che si occupa di altro. Lo richiede il buon senso, l’esperienza maturata negli anni e il sostegno, si spera, di una società civile consapevole.
(L’autrice dell’articolo è un magistrato)