Salviamo l’uomo prima di tutto anche a Pomigliano
Ha visto uomini adulti piangere perché «non hanno i soldi per sfamare le proprie famiglie». Da mesi assiste ad un continuo via vai di persone bisognose che chiedono un pasto alla mensa dei poveri diocesana e da sempre è vicino ai lavoratori che rischiano di perdere il posto. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, il vescovo di Nola Beniamino Depalma (o semplicemente padre Beniamino come si fa chiamare in diocesi), qualche giorno fa ha suscitato le ire dei vertici Fiat, che in una lettera lo hanno accusato aver scelto di stare, seppur «involontariamente», dalla parte dei «violenti e dei prevaricatori». Tra i fedeli, nel nolano, l'accusa provoca indignazione. Loro, padre Beniamino, lo conoscono bene e sanno che è pacato, misurato, sorridente e sempre vicino a chi è in difficoltà.
La vicenda è partita in sordina – il vescovo non aveva reso noto il documento della Fiat, ma se l'è ritrovato pubblicato su tutti i giornali due giorni dopo – ma continua a far discutere e non solo localmente. Più volte, in passato, Depalma ha espresso la sua vicinanza ai lavoratori, partecipando a manifestazioni, cortei e scrivendo lettere aperte a loro, alle aziende e alle istituzioni. Il 15 giugno, poi, ha partecipato ad un sit-in davanti ai cancelli della Fiat di Pomigliano. Una presenza, la sua, che non è andata giù al direttore dello stabilimento (nella foto), Giuseppe Figliuolo, che ha accusato il vescovo di aver portato la sua solidarietà «ad alcuni manifestanti che con azioni violente e minacce hanno tentato di impedire l'ingresso in fabbrica ai lavoratori della Fiat».
Padre Beniamino, perché ha partecipato a quel presidio?
«Ho partecipato per un motivo molto semplice: il giorno prima c’era stata un’invasione di operai nell’episcopio e ho visto piangere 40 enni e 50 enni ormai senza lavoro. Si sentivano falliti: avevano visto saltare per aria la loro dignità e non riuscivano più a rapportarsi con serenità alle mogli e a guardare con fiducia i figli. Davanti al loro pianto non ho potuto fare a meno di compiere un gesto di affettuosa partecipazione al loro dolore, tentando di sostenere unicamente la loro speranza con un gesto pastorale, umano, e non politico o rivoluzionario inteso a mettere in crisi i piani dell'azienda come è stato interpretato. I discorsi politici si fanno in altre sedi, ascoltandosi nella serenità, per questo motivo volevo andare a far visita a questa gente disperata perché nessuno, in vita, deve dirsi: "Sono rimasto solo, nessuno si è preoccupato di me, nessuno mi ha detto una parola capace di aiutarmi ad andare avanti". Quello che ho fatto si può spiegare alla luce del Vangelo di domenica, la parabola del buon samaritano: mi sono fermato accanto a chi era in difficoltà per portare sulle mie spalle il suo dolore».
Anche papa Francesco probabilmente l'avrebbe fatto…
«Anche Gesù Cristo l'avrebbe fatto! Anche i suoi gesti erano controcorrente e incomprensibili per molti. Bisogna dare attenzione all’uomo, diceva Mazzolari tanti anni fa. Dobbiamo ricostruire l'uomo prima di ricostruire il Paese. Deve esserci l'uomo prima di tutto: ormai questa parola la Chiesa la sta ripetendo da anni, da Paolo Vi a papa Benedetto. E in funzione dell'uomo si può discutere delle altre realtà».
Il direttore della Fiat di Pomigliano l'ha invitata a visitare lo stabilimento e lei ha accettato: è già stato fissato un incontro?
«Non ancora. Io andrò perché per me non esistono operai che stanno fuori lo stabilimento e operai che stanno dentro. Io sono dalla parte di tutti gli operai: quelli che lavorano, quelli che sono in cassa integrazione, quelli precari, quelli che hanno perduto il lavoro, senza differenze. Proprio per questo motivo il 5 luglio avevo convocato gli amministratori, gli industriali e i sindacati del nostro territorio per studiare insieme il problema del lavoro e cercare di trovare delle risposte. Cinque minuti prima dell'inizio dell'incontro mi è arrivata la lettera della Fiat che diceva che non avrebbe partecipato perché- secondo loro – mi trovavo dalla parte dei violenti. Non ho letto la lettera in pubblico e non ho fatto cenno alla loro assenza. Pensavo fosse una missiva privata alla quale avrei risposto in privato».
E invece…
«Invece me la sono ritrovata su tutti i giornali domenica».
Lei aveva convocato le varie parti sociali per discutere del problema lavoro. Qual è la situazione economica del nolano?
«La situazione è molto seria, non voglio usare la parola disperata, e molto preoccupante. Non si deve prendere sotto gamba la situazione difficile in cui si trovano le piccole industrie che chiudono mettendo in ginocchio le famiglie e gli operai, adulti, ma anche giovani. Ogni giorno alle nostre mense arrivano non soltanto uomini e donne venuti da lontano, ma sempre più persone del nostro territorio. Molti arrivano e, quasi di nascosto, prendono un pasto caldo per portarlo alle loro famiglie. Sono sempre più le persone che vengono nei nostri uffici chiedendo un lavoro o un aiuto per pagare bollette o per uscire dall’usura».
Dall'usura?
«Sì. Questo è un altro problema che ci sta ammazzando perché, credendo di riuscire a pagare i creditori, molti si sono indebitati, cadendo però in un baratro ancora più terribile. E questo non avviene solo nel nostro territorio, ma in tutte diocesi: è una processione continua di uomini e donne con la mano tesa».
Quali risposte crede che sarebbero necessarie per far ripartire economicamente il territorio?
«Innanzi tutto, a chi chiede aiuto va data accoglienza, perché quello che arriva è un uomo e non un problema. È un uomo che va ascoltato e capito, se possibile, e che bisogna aiutare innanzi tutto a portare il peso della paura e della solitudine. Poi, bisogna mettere insieme esponenti della politica, delle imprese, dei sindacati per cercare risposte concrete. Capisco che viviamo in una società complessa: oggi tutto è cambiato, compreso il lavoro e il modo di lavorare, ma in questa situazione bisogna portare avanti quello di cui i vescovi francesi parlano da mesi: il dialogo sociale. In questa vicenda nessuno deve essere assente dal tavolo del confronto. Devono essere presenti anche i lavoratori, perché gli operai non sono gli ultimi della catena, ma un anello importante del mondo del lavoro, fanno parte a tutti gli effetti della cordata e non si può fare a meno di loro. In questo modo forse, tutti insieme, riusciremo a trovare la strada giusta. A me, come pastore, non spetta dire quale è la strada, anche perché non sono competente. ual è il suo compito?A me serve lanciare un appello. Salviamo l'uomo: e questo è un appello che viene prima dell'economia, del profitto e dell'interesse. Salviamo l'uomo, salviamo la famiglia e salviamo i giovani».