Salviamo Babbo Natale!

E' iniziato l'Avvento. Una fiaba al giorno, per grandi e piccoli, ci accompagnerà sul sito di Città Nuova. Perché anche tornare bambini è prepararsi al Natale.
avvento

«E tagliatelo ’sto barbone! Non stai crepando dal caldo?».

Nossignore, il suo bel barbone riccioluto che gli copriva metà petto Angelo non se lo sarebbe tolto neppure sotto un sole equatoriale.

Del resto, non era tipico di un “barbone” come lui, un poveraccio costretto a vivere per strada o, come si dice anche, un “senza fissa dimora”, possedere una barba incolta?

Ma il vero motivo per cui Angelo se l’era lasciata crescere, e per di più fluente come quella, era un altro. Vediamo se l’indovinate.

Basta guardarlo: grande e grosso, con un faccione tondo e sempre sorridente, nonostante i magri pasti e gli acciacchi di una vita sempre esposta alle intemperie, non vi fa venire in mente con quel po’ po’ di barba… ma sì: Babbo Natale! È lui spiccicato.

E difatti Angelo custodisce gelosamente la sua appendice pelosa, malgrado i fastidi relativi (non è solo questione dell’afa estiva, ma anche delle bestioline che si annidano in quel caldo rifugio), perché durante il periodo natalizio, lui, da barbone di Castro Pretorio, si trasforma in un perfetto Babbo Natale, con tanto di casacca, pantaloni e berretto rossi guarniti di pelliccia bianca; e così travestito, non vi dico quante monetine, e anche banconote, raccoglie agli ingressi della metropolitana o davanti ai supermercati.

 

La cosa era iniziata così. Una volta, mentre stava rimediando qualcosa da mangiare o da poter rivendere in un cassonetto della spazzatura (non avete idea di quante strane cose si possono trovare in un cassonetto!), Angelo mise le mani su uno scatolone con dentro quell’abito da Babbo Natale ancora in buono stato, di cui chissà chi si era voluto disfare.

Da lì gli era venuta l’idea di vestire lui i panni del famosissimo vecchietto del Nord. Certo, non aveva le renne (gatti però a volontà), e neppure doni da offrire ai bambini… Una volta tanto sarebbe stato Babbo Natale a ricevere, invece che a donare. Non era giustizia questa?

L’idea iniziale, dunque, era dovuta a motivi di sopravvivenza, senonché Angelo via via ci aveva preso gusto a quel travestimento annuale. Impersonare infatti il benefico Babbo simpatico a tutti, ma specialmente ai più piccoli, era come dimenticare momentaneamente la vita difficile, l’emarginazione, la solitudine di sempre. Era avere uno scopo per cui vivere: far spuntare il sorriso sul volto degli altri, che non è impresa da poco. E mentre dava gioia, Angelo ne riceveva a sua volta.

La sua soddisfazione più grande fu quando un bambino, passando col suo papà davanti alla chiesa dove lui chiedeva l’elemosina, lo riconobbe. E dire che Natale era passato già da un pezzo!

Il bambino sollecitò dal papà l’offerta di una monetina per Angelo, anzi fece di più: gli chiese il permesso di tirargli delicatamente la barba.

«Tu sì che sei un vero Babbo Natale – esclamò alla fine tutto contento –. Quell’altro invece che stava davanti alla Upim ce l’aveva finta, la barba».

Eh sì, di Angelo ci si può fidare. È una persona “vera”, lui. E non solo per via della barba.

 

Una notte, però, in seguito ad un drammatico incidente, Angelo rischiò grosso. Fu quando, forse per colpa di un mozzicone di sigaretta acceso, la sua baracchetta prese fuoco con le povere cose che possedeva: tra il resto, ahimè, anche il costume da Babbo Natale. Fu già tanto se riuscì a salvare la pelle e il famoso barbone.

Angelo pianse, si disperò come mai gli era successo. E di lì a poco sarebbe stato Natale. Ma ormai non gli importava più niente di niente… Dov’erano finiti il suo buon umore, quella forza d’animo con cui aveva sopportato tante traversie?

Tristi e preoccupati, i barboni suoi compagni non sapevano come aiutarlo a tirarsi su. Del resto, anche loro di problemi ne avevano abbastanza. Ci volle l’iniziativa di Franco, il barbone di Porta Pia, per scuoterli dalla loro inerzia: «Non possiamo starcene con le mani in mano! Facciamo una colletta per Angelo e compriamogli un costume nuovo».

Il progetto si chiamò “Salviamo Babbo Natale!”: frase che, scritta su fogli e cartoni tenuti bene in vista, mentre si chiedeva l’elemosina, non mancò di incuriosire molti passanti.

E monetine e banconote cominciarono a fioccare più abbondanti, una volta spiegato di che si trattava. Nel frattempo, c’era chi si dava da fare per procurare i materiali necessari a ricostruire la baracchetta andata a fuoco.

Occorre dire che Angelo rimase travolto da quella prova di solidarietà, specie quando si ritrovò tra le mani un nuovo fiammante costume?

 

Trascorse le feste, il nostro amico tornò a indossare gli abiti consunti di ogni giorno. Gli altri, quelli rossi di Babbo Natale, li ripose nel loro scatolone, che stavolta lasciò in consegna ad una signora amica. Non si fidava più a lasciarli nella baracca con le altre sue robe.

Ma qualcosa dell’atmosfera di quel Natale speciale aleggiò ancora a lungo sul suo volto, specie quando si allargava nel consueto sorriso.

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