Sagra multirazziale o laboratorio?

Conclusi i primi Giochi olimpici giovanili tra contraddizioni e alcune interessanti proposte.
Sport

I primi Giochi olimpici riservati ad atleti tra i 14 ed i 18 anni, che si sono disputati a Singapore a fine agosto, hanno dato vita a riflessioni diametralmente opposte. È la solita storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, dipende da come lo si vuol guardare.

Per molti si è trattato di una manifestazione da abolire in fretta. Per i sostenitori di questa tesi le Olimpiadi giovanili rappresenterebbero una pericolosa spinta verso una eccessiva precocità agonistica, ed alcuni esperimenti voluti dal Comitato olimpico internazionale avrebbero a che vedere più con una variopinta festa popolare che con il vero senso dello sport.

Formati di gara modificati per andare incontro alle preferenze del pubblico giovanile. Come ad esempio lo street basket, giocato tre contro tre con un unico canestro.

Criteri di partecipazione contraddittori che in alcuni sport sono stati studiati solo per garantire all’evento una presenza universale. Come ad esempio nel calcio, dove non sono state selezionate le formazioni più forti, bensì le ultime delle varie classifiche continentali!

 

Per altri commentatori però, proprio in alcuni apparenti limiti di questo evento si possono trovare dei segnali interessanti. Soprattutto in un programma di competizioni inedito, caratterizzato dalla disputa di specialità nelle quali hanno gareggiato in squadra, insieme, atleti di diverso sesso e nazionalità. O addirittura, come accaduto in una prova di tiro con l’arco, dove le squadre sono state formate unendo atleti più forti con quelli meno dotati, atleti più alti con quelli più bassi. Il tutto appositamente voluto proprio per mettere in risalto l’importanza della socializzazione e del divertimento più che del risultato.

 

Certo, da un punto di vista puramente tecnico talune scelte sono risultate discutibili. Ma paradossalmente, proprio per questo, i 3.600 atleti in gara in rappresentanza di 204 Paesi hanno potuto vivere l’evento senza troppo stress, condividendo quindi con ragazzi di diversa cultura, razza o religione un’indimenticabile e formativa esperienza di vita.

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