Il sacro secondo Bernstein
Cos’è il sacro per Lenny Bernstein? La domanda è legittima ascoltando la sua Sinfonia n. 3 “Kaddish”. Una immensa preghiera orchestrale per voce recitante, soprano, coro misto, coro di ragazzi. Musicista eclettico, Bernstein sfonda ogni genere, attinge agli strumenti più vari ed alle suggestioni storiche più diverse per esprimere il suo animo tormentato, teso tra fede e incredulità, in un abbraccio che vorrebbe essere grande come il mondo.
L’antica preghiera Qaddish (Santificato) in aramaico, originariamente testo per i morti, è stata diretta dal musicista il 10 dicembre 1963 in memoria di John Kennedy. Il tema della morte, del suo perchè, attraversa i quaranta minuti dell’ultima sinfonia del Maestro: è una lotta tra Dio e l’uomo, l’orgoglio umano che lo sfida in modo quasi blasfemo di fronte all’assurdo del dolore, per poi volgersi in un’altra direzione dove pare che sia l’uomo stesso ad aiutare Dio a sopportare il dolore. Come si nota, un testo ed una resa musicale quanto mai complessa, sofferta, ricca di echi e con quella istintiva teatralità tipica di Bernstein. Egli infatti “sente” ogni sua musica come una azione drammatica, fosse anche un brano che vorrebbe essere sinfonico come questo, ma che forse sarebbe meglio definire “oratorio sinfonico”.
Antonio Pappano, che l’ha diretto alla romana Accademia Santa Cecilia, si è impegnato fisicamente ed emotivamente al massimo. Il risultato è stato grandioso, con una orchestra ruggente, tempestosa, magnetizzata dal gesto del direttore, capace di flussi sonori sottilissimi e magmatici, insieme al soprano Nadine Sierra, all’attrice Josephine Barstow e al magnifico coro dei ragazzi.
Prima di Bernstein, la violinista coreana Kyung Wha Chung,70 anni, sorella del direttore Chung, ha eseguito entusiasta l’affascinante Concerto per violino e orchestra di Brahms: uno squarcio di vita e di luce, degna preparazione al mondo estroverso del compositore americano.