Sabato delle palme
La Giordania mi accoglie con il suo equilibrio e la sua ospitalità. Il rito tutto arabo del bagno di folla
Arrivo ad Amman alle 2 del mattino del sabato che precede la Domenica delle palme. Un’ora per il visto, un’altra per raggiungere la capitale. Mi corico che sono ormai le cinque. Ma, ancora prima che riesca a prender sonno, il muezzin intona le lodi di Allah con una voce acuta, impietosa per la mia stanchezza.
Eccomi in terra musulmana, proprio mentre comincia la settimana santa, memoria del mistero pasquale, fondamento del cristianesimo. Sarà una settimana paradossale, come tutto il Vangelo lo è: visiterò cinque Paesi diversi, proprio lì dove il cristianesimo è nato, cercando i seguaci del Maestro di Nazareth nei loro luoghi di riunione.
Fa sera. Mi reco in chiesa lontano dal mio alloggio – la messa qui non è un diritto –, in una parrocchia latina all’altro capo della città, quella di Sweifieh. Ho così modo di riassaporare il rito tutto arabo del bagno di folla: si entra e si esce dal luogo di culto in una calca indescrivibile, salutandosi e ammiccando, cercando di non dare fastidio ma anche di far valere la propria idea per riuscire a fendere il muro umano.
Mi stupisce una messa così affollata, ci saranno cinquecento persone. Il prete officiante è simpatico: non pronuncia una predica “estremista”, ma incoraggia i fedeli, insiste sull’amore di Dio e su quello degli uomini. È per questo che tanti fedeli di altre parrocchie di Amman vengono qui per assistere alla messa. L’inizio è promettente.