S..offrire
Durante il periodo in cui Rachele è stata ospite a casa mia, ho potuto approfondire la realtà dei cosiddetti parkinsoniani. Un mattino, mi ha citato tutta contenta questo proverbio africano appena letto in un libro: Se Dio ti toglie le gambe, ti darà la capacità di zoppicare. È stata questa – ha aggiunto – la mia vita di questi ultimi anni. Come le si fosse aperto un varco, si è messa a ricordare il suo passato agonistico (convocata a 17 anni nella nazionale giovanile per atletica leggera): L’attività sportiva era sempre stata per me al primo posto; poter dare tutto in gara, fino all’estremo, mi rendeva felice, possedevo questo talento di cui non mi rendevo conto. Visti i buoni risultati, mi ero iscritta all’Isef e avevo poi fatto per anni l’insegnante di educazione fisica, accanto all’attività agonistica. Rachele ha un suo particolare modo di muoversi, perché fin dall’inizio ha voluto conoscere la sua malattia: Mi ero accorta che sarebbe stato un percorso aspro ed ogni momento era una sfida, anche perché le medicine agiscono con effetti collaterali e con momenti on, off (on come luce che si accende, off come luce che si spegne). Eppure questa capacità di zoppicare la sentivo non tanto come un peso, ma come un privilegio, una tenerezza dell’amore di Dio. In pratica gli stati off sono caratterizzati da umor nero, dal lasciarsi andare, dall’incapacità quasi di muoversi, mentre gli stati on subentrano quando ci si riesce a scuotere e a vedere il positivo, a ritrovare entusiasmo e voglia di vivere. Negli stati off ogni piccolo movimento diventa difficile; solitamente aspetto che il momento passi, ma se devo muovermi cerco ogni strategia: dal contare le piastrelle sul pavimento, al superare gli ostacoli, al distrarmi nel vivere concretamente per gli altri, allo scoprire che alla parola soffrire si può togliere la s. Così vivo questa malattia sentendo dentro di me, come nello sport, la possibilità non tanto di combatterla, ma di vincerla, di precedere il male in agguato. Mi suona strano quando qualcuno, in modo compassionevole, mi dice: Poverina!. In un articolo su Città nuova ho letto che la malattia può essere una marcia in più e sperimento questo nei momenti di condivisione più profondi. Le parole di Chiara Lubich: Le malattie sono dei gradini preparati dall’amore di Dio per scalare la vetta, non le avevo mai sentite così vere, e anche ora sono sempre luce per continuare in questa nuova dimensione. Capisco che Rachele vive in uno stato particolare, non consueto in tutti i parkinsoniani: qual è il segreto, oltre alle parole rivelatrici di Chiara? Distinguo la malattia dalla mia persona – racconta -, dando priorità alla capacità di vincere, di precedere la malattia stessa. Ho vissuto questo aspetto quasi come un gioco, difficile ma stimolante: per questo ho una nuova dimensione, di serenità e non di compassione. Quando praticavo l’attività sportiva avevo scoperto che ogni gesto era importante, che anche con un sorriso potevo comunicare con gli altri. In una risposta ad una mia lettera, in cui raccontavo la scoperta fortissima dell’amore di Dio per me, Chiara mi diceva: Vuoi essere un’atleta di Dio? La parola del Vangelo che tu devi realizzare nella tua vita è Amare, amare sempre, amare tutti…. Scoprire che l’amore permette di cominciare la vita eterna già da questa terra è stato il cammino di questi anni. A volte, per gioco, mi ripeto: Tutto passa, anche il Parkinson non è eterno!. In fondo la mia vita è stata ed è un sì a Dio, la sua grazia mi dà la possibilità di rispondergli. Negli anni scorsi avevo conosciuto personalmente l’esempio illuminante del card. Carlo Maria Martini, colpito dalla stessa sindrome, da pochi mesi rientrato da Gerusalemme nella sua Lombardia, in un convento a Gallarate. Anche Rachele ha conosciuto il cardinale, che partecipa a volte agli incontri dei parkinsoniani, dando un prezioso contributo di vita, che lei riassume nel pensare in positivo. In uno degli ultimi incontri egli ha illustrato a coloro che hanno la sua stessa patologia una tecnica da lui stesso trovata e collaudata: Per i malati di Parkinson può essere importante camminare e muoversi a ritmo di musica. Ho sperimentato vari musicisti e ho concluso che la musica di Mozart è quella che maggiormente aiuta. Mozart infatti esprime mirabilmente, con brillantezza ed energia, la letizia del cuore umano e stimola a superare le fatiche, i blocchi, le difficoltà a muoversi. In particolare, quando è necessario camminare, la musica di Mozart aiuta a marciare a passo di musica e marcia. La malattia, inoltre, stimola la fantasia e penso a un’altra strategia di Rachele, che trovo illuminante e vincente: Le ripetute mancanze di coordinazione dei movimenti limitano alcuni aspetti (ad esempio, non posso portare né gonne né borsette), ma ho trovato nuove forme di presentarmi, scegliendo il colore degli abiti e valorizzando quel che mi è più adatto. LA MALATTIA E I SUOI SINTOMI Il nome Parkinson deriva dal medico che per primo identificò e descrisse la malattia nel suo Trattato sulla paralisi agitante (1817). Si tratta di un disturbo del sistema nervoso centrale, con degenerazione di alcune cellule che producono un neurotrasmettitore: la dopamina, responsabile dell’attivazione e stimolazione di un circuito che controlla il movimento. Sintomi evidenti sono: tremore, lentezza, rigidità… e tali sintomi possono variare da soggetto a soggetto con modalità diverse.