Russia, l’ora dell’apertura
Il trattato sul disarmo nucleare con gli Stati Uniti, la creazione del nuovo Consiglio Nato-Russia, e il riconoscimento da parte dell’Unione europea della Federazione russa come un paese con economia di mercato. Si deve ammettere che gli ultimi giorni di maggio hanno segnato una notevole sterzata della Russia verso l’occidente. L’entusiasmo dei russi però è contenuto: aspettano i risultati. L’apertura degli anni Novanta ha portato grandi delusioni. Gli Stati Uniti e la Nato non sono guardati con fiducia da una buona parte della popolazione russa che, negli accordi fatti, teme che Mosca ci rimetta. Secondo i sondaggi della Fondazione per l’opinione pubblica, il 58 per cento dei russi ritiene ancora che gli Stati Uniti abbiano un atteggiamento non amichevole nei confronti della Russia; e più della metà considera la Nato un blocco militare aggressivo che minaccia la sicurezza del paese. Nonostante questo, più del 60 per cento è favorevole a stabilire rapporti con l’Alleanza atlantica. Verso l’Europa, l’atteggiamento è più sereno, il 52 per cento dei russi ritiene che il loro paese dovrebbe cercare di avvicinarsi o addirittura inserirsi nell’Unione europea. Ancora potenza nucleare. La visita del presidente George Bush, con la firma del “Trattato sulla riduzione del potenziale strategico offensivo” e della dichiarazione sui “Nuovi rapporti strategici tra la Russia e gli Stati Uniti”, ha sollevato un polverone di critiche e commenti. Il generale Leonid Ivashov, capo della delegazione militare russa nelle trattative con la Nato durante la “campagna di Jugoslavia”, dice di non credere alla possibilità di “un’alleanza strategica tra la Russia e gli Usa, perché i loro interessi strategici divergono sui più importanti problemi “. Secondo il generale, anche il numero massimo di ogive nucleari fissato nel trattato di Mosca traduce solo le esigenze americane, perché la Russia proponeva riduzioni più rilevanti. Una buona parte degli analisti politici russi considera, però, che la Russia dovrebbe assumere più realisticamente il suo nuovo ruolo di “fratello minore”. Sergej Rogov, direttore dell’Istituto Usa e Canada, dell’Accademia delle scienze della Russia, ritiene da parte sua che il trattato non sia l’ideale, ma che abbia aspetti positivi molto importanti, e permetta di non lasciare nel vuoto il controllo delle armi nucleari. “Sei mesi fa l’Amministrazione americana non voleva firmare nessun documento, e si parlava solo di dichiarazioni politiche” dice Rogov, sottolineando che, anche se possono spuntare ancora altre crisi, “il presente è improntato all’ottimismo moderato”. Le aree in cui ci sono posizioni comuni o in cui si può collaborare sono messe in evidenza, e nei documenti si parla di “nuova qualità di rapporti”. Alleati e amici. George Bush e Vladimir Putin sono riusciti a dare l’impressione che ci sia un’intesa fra loro, che permette anche di fare qualche battuta sulle questioni non risolte nei rapporti fra i due paesi. “Sembrano due amici”, commentava una studentessa dell’Università statale di San Pietroburgo, dopo l’intervento dei due presidenti in quell’istituzione. Infatti, sembra che il misterioso “signor Putin”, che sollevava tanti interrogativi due anni fa, si stia rivelando come una persona capace di utilizzare i rapporti personali come elemento importante di politica estera. George Bush ha sottolineato dal canto suo che uno dei momenti più interessanti della sua visita è stata la “cena in famiglia” nella nuova “dacia” del presidente russo. Quasi nello stesso modo si è espresso due giorni dopo il primo ministro spagnolo, José Maria Aznar, che lasciando Roma ha preso “un passaggio” nell’aereo de Putin, e ci ha guadagnato non solo la “cena in famiglia”, ma anche l’alloggio nella residenza di campagna del leader del Cremlino. Inserirsi nell’Europa e nell’Asia. Nonostante i progressi per l’integrazione economica della Russia in uno “spazio europeo comune” (progetto che Romano Prodi ha annunciato l’anno scorso), e la concessione dello statuto di “paese ad economia di mercato”, che, secondo Putin, permette di eliminare 14 misure anti- dumping che ostacolano l’entrata dei prodotti russi nell’Ue, la stampa russa si è ribellata contro l’intransigenza europea sulla questione di Kaliningrad. Dopo l’allargamento dell’Ue, gli abitanti di questo piccolo territorio, che una volta faceva parte della Germania, avranno bisogno di visti di transito da parte di paesi dell’Ue per accedere al resto del territorio della Russia. I paesi dell’Unione temono infatti che, diversamente, verrebbero invasi da una marea di immigrati clandestini. Le posizioni delle due parti, al tavolo delle trattative, non si sono mosse. L’unica nota positiva è che “si è d’accordo nel continuare a cercare una soluzione”. Fonti del governo russo respingono, però, l’accusa che Mosca abbia apportato cambiamenti nella propria politica estera, indirizzandola all’occidente a scapito dei paesi della Comunità di stati indipendenti, e degli altri partner tradizionali, come la Cina. Due settimane prima dell’arrivo del presidente americano a Mosca, la capitale russa ha infatti accolto i capi dei paesi membri della “Unione economica euroasiatica”, che riunisce Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, e che potrà allargarsi all’Ucraina e alla Moldavia. Hanno riunito anche il summit dell’Organizzazione di difesa collettiva, la “Nato” della ex-Urss, che comprende gli stessi paesi oltre all’Armenia. Alla fine di giugno, San Pietroburgo riceverà i presidenti dell’Organizzazione di Shanghai, che allo stesso gruppo di paesi aggiunge ancora la Cina. Mosca vuole così mantenere la sua autonomia in materia di politica estera, compreso il suo rapporto nei confronti d’alcuni paesi che la Casa Bianca ha messo nella lista nera, e quindi non si può escludere che sorgeranno ancora difficoltà con Washington e Bruxelles. Ma a questo punto si deve riconoscere che il dialogo sembra avviato bene.