I ruoli nella coppia

Talvolta in una coppia i due partner tendono ad assumere ruoli diversi e complementari: il padre e la figlia, la vittima e il salvatore, l’infermiera e il paziente…Alessi nel suo Noi due. Istruzioni per una sana vita di coppia (Città Nuova) ci spiega perché e quali risvolti produce questa dinamica.

Non sono un gran giocatore di tennis e, quelle poche volte che mi è capitato di giocarci, mi è sempre piaciuto più palleggiare che impegnarmi in partite vere e proprie dove oc­corre fare il punto. È così che mi diverto di più. Trovo molta soddisfazione nel palleggio e quando il mio compagno di gio­co mi rinvia una bella palla tesa, veloce, certa, allora provo soddisfazione a rimandarla indietro altrettanto bene, perché ciò che ci accomuna non è vincere ma divertirci. Mi piace sen­tire il suono pieno con cui la mia racchetta colpisce la palla, mi piace muovermi con passi veloci e sicuri, senza affanni. Il palleggio è una danza armonica, sincrona, nella quale tutti i movimenti in campo si coordinano per un unico scopo: il gusto di giocare insieme. Diversamente, se il compagno con cui gioco non è al mio stesso livello ma è meno abile, allora facilmente mi annoio, fatico a stargli dietro, il mio impegno si riduce e così pure il mio divertimento. Se rimango comunque sul campo è perché ho deciso di fargli piacere. Il tennis non agonistico, come tante altre attività che possono essere svolte solo in coppia, è un gioco dove ci si influenza reciprocamente al punto che molti hanno la percezione di essere bravi quando incontrano un partner bravo. Il ballo esprime altrettanto bene l’analogia. Se si guardano certi vecchi filmati di Fred Astaire e Ginger Rogers, si intuisce che solo un allenamento costante e intenso può portare a quei risultati in cui la sincronia dei gesti, del movimento e del ritmo rendono armonica la danza.

Nella relazione di coppia, l’interdipendenza affettiva tra i partner crea dei condizionamenti reciproci che possono rendere la loro vita felice o infelice. La maggior parte delle volte, ciascun partner è nello stesso tempo effetto e causa dei problemi che possono nascere. Sarebbe, quindi, opportuno che questa reciproca influenza fosse positiva, che permettes­se a entrambi di giocare una partita soddisfacente.

I modelli di relazione affettiva acquisiti nell’esperienza infantile sono portati avanti da specifiche convinzioni che, nel tempo, assumono la consistenza di veri e propri ruoli. Questi si manifestano come spinte inconsce che guidano i partner alla ricerca di quei personaggi complementari con cui tentare di mettere in atto il proprio stile di attaccamento. Il ruolo è qualcosa che assomiglia a una parte recitata, a una maschera che copre l’autenticità della persona, anche se chi la indossa non ne è sempre consapevole, è un automatismo forzato e anacronistico che alimenta di una linfa antica la re­lazione attuale. Identifichiamo nei rapporti di coppia alcuni ruoli che definiscono il tipo di relazione: il padre e la figlia, la vittima e il salvatore, l’infermiera e il paziente, il respon­sabile e l’incosciente, il fuggiasco e l’inseguitrice, lo stupido e la professoressa, l’occupatissimo e l’inascoltata, il giudice e l’imputato… Proseguite voi la lista.

È chiaro che chiudere in categorie degli atteggiamenti psicologici è sempre un rischio, poiché non si può mai de­finire in modo assoluto il mondo interiore e relazionale di un essere umano, specie se non si conosce il contesto entro cui quei comportamenti si manifestano. Tuttavia, se siamo attenti osservatori esterni e teniamo conto solo delle azioni e reazioni manifeste, allora possiamo osservare comportamen­ti che si ripetono nel tempo con le stesse sequenze e i mede­simi esiti, e ciò ci autorizza a dare una definizione a quel tipo di atteggiamento.

Ruoli antagonisti o complementari danno luogo a stra­ne danze di comunicazione a due che Eric Berne, fondatore della teoria dell’Analisi Transazionale, nel suo famoso libro A che gioco giochiamo, definisce giochi psicologici. Un gio­co fra due giocatori è tutt’altro che divertente, perché si avvale di un insieme di comunicazioni e di comportamenti ripetitivi che hanno uno scopo nascosto e prevedibile. I due partner, dopo una serie di mosse iniziali truccate (messaggi e intenzioni ambigue), arrivano a sentirsi vittime rifiutate o inadeguate, affannati e inutili salvatori o persecutori ostili e vendicativi. Lo scopo del gioco è di raggiungere un finale a sorpresa (pagamento del gioco) in cui il tornaconto corri­sponde appunto a una specifica emozione negativa: sentirsi confusi, rifiutati o superiori, stretti in una morsa, inadegua­ti, non amati e altro ancora. Gli obiettivi del gioco possono essere, quindi, di vario tipo: evitare l’intimità, essere giusti­ficati comunque, estorcere attenzioni, dimostrare le proprie ragioni per vendicarsi o trionfare sull’altro, riconfermare alcune convinzioni sull’altro sesso, rassicurarsi sul possi­bile controllo della relazione, fuggire dalle responsabili­tà. In sintesi, dice Berne: «Ricorrono ai giochi le persone che temono l’intimità, sia in generale che nella vita a due. I giochi permettono loro di accostarsi agli altri e di avere significative transazioni senza quella capitolazione richiesta dall’intimità». Quindi, i giochi di coppia «possono essere o una barriera contro l’amore o un passo nella sua direzione, un modo per saggiare il terreno. Per le persone che hanno abbandonato la speranza di amare e di essere amate, posso­no diventare fini a se stessi, per i vantaggi che ne possono essere estorti».

I giochi psicologici si basano su una visione molto sog­gettiva della vita e dei rapporti umani che non lasciano spazio alla consapevolezza e a un’autentica reciprocità. Attraverso i giochi di coppia, i partner sperano di mettersi al riparo da un coinvolgimento affettivo ed emotivo che a qualcuno fa paura.

Ma per quale motivo i partner di una coppia arrivano a volte a farsi molto male? Berne fa rientrare i giochi in un pia­no più generale, chiamato Copione di vita: come i puzzle van­no incastrati in un certo modo per formare l’immagine finale, così i partner costantemente in conflitto, attraverso i giochi, tentano di portare avanti un inconsapevole destino personale che si basa su un insieme di credenze acquisite in precedenza, mai vagliate razionalmente, confermate e riconfermate attra­verso l’assunzione dei ruoli. Dal passato, dunque, ereditiamo credenze e modi di fare e di essere; e questi più sono rigidi e assoluti nelle direttive, più influiranno negativamente sulle future relazioni, restringendo gli spazi di creatività, sponta­neità, consapevolezza e autonomia della coppia.

Noi due. Istruzioni per una sana vita di coppia di Angelo Alessi (Città Nuova)

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