Rubata una reliquia di papa Wojtyla
Papa Wojtyla è li ad aspettarlo. La grande statua di Giovanni Paolo II si erge su una piccola aiuola antistante il piccolo edificio della chiesa di San Pietro della Jenca, alle falde del Gran Sasso, tra Assergi e Camarda. Imbiancato dalle recenti nevicate, il santuario è stato sporcato dal gesto sacrilego compiuto nella notte del 25 gennaio. Segate le sbarre in ferro di una finestra laterale, il ladro si è introdotto nel luogo di culto, ha rotto il vetro della nicchia posta alla sinistra dell’altare che conteneva una reliquia del papa polacco.
Gli inquirenti stanno conducendo le indagini ed ancora non è stato accertato con sicurezza se il furto sia stato compiuto da una o più persone. A dare l’allarme è stato il sacerdote José Obama, rettore del piccolo santuario, che ha comunicato ieri mattina l’ignobile trafugamento.
I media hanno diffuso subito la notizia, ma non sono mancate inesattezze, come il riferimento all’ampolla con il sangue del beato quale oggetto del furto. In realtà, si tratta di un minuscolo pezzo di stoffa con il sangue versato in occasione dell’attentato in piazza San Pietro del maggio 1981. La reliquia era stata donata dall’attuale card Dziwisz, quale espressione di riconoscenza verso quel paesaggio e quelle montagne che papa Wojtyla andava volentieri a visitare con rapide “fughe” da Roma.
Tra le prime ipotesi relative al movente, quella del satanismo. Tuttavia, assieme alla reliquia è stato sottratto solo un piccolo crocifisso di scarso valore. Non sono state invece asportate le ostie consacrate custodite nel tabernacolo della chiesetta, obbiettivo prioritario di ogni azione dei satanisti.Supposizione molto più fondata si va invece rivelando quella di un furto mirato unicamente alla reliquia, che potrà acquistare ancora più valore in vista della canonizzazione del papa polacco il prossimo 27 aprile, assieme a quella di Giovanni XXIII.
Valore affettivo e spirituale se il ladro coincide con il devoto che custodirà e venererà nascostamente la refurtiva nella propria abitazione, o se il colpo è stato compiuto invece su commissione per conto di un facoltoso seguace di Wojtyla. Nell’uno e nell’altro caso, siamo di fronte a persone squilibrate, dove la devozione è diventata una patologia. Non meno grave l’eventualità che siano stati fatti dei calcoli commerciali e che in prossimità di un Giovanni Paolo II innalzato agli onori dell’altare, possa innalzarsi considerevolmente sul mercato del sacro anche il valore monetario della reliquia.
Ci auguriamo vivamente che gli oggetti trafugati vengano restituiti quanto prima. Wojtyla è lì che aspetta refurtiva e peccatore. Se questi è anche un devoto, non potrà bastare la sola riconsegna. Ci sarà bisogno di una confessione e di una profonda revisione della sua vita di fede.
Appresa la notizia, mons. Giuseppe Petrocchi, il presule della diocesi, ha scritto ai fedeli, parlando di «ignobile provocazione» e di «furto vile e sacrilego» e invitando tutti «alla fervente preghiera di riparazione e di invocazione», mentre rivolge un appello agli autori «affinché si aprano alla luce del Vangelo e restituiscano quanto prima alla Chiesa Aquilana la reliquia del nostro Protettore».