Rosso su rosso
Ci sono delle rassegne che stupiscono per la loro originalità. Per far conoscere al grande pubblico artisti talentuosi. Nel nostro caso, Yuri Kalyuta, uno dei migliori interpreti dell’anima russa attuale. È un pittore accademico, che dipinge con i suoi studenti, si dedica al ritratto, la sua passione. E che ha grandi orizzonti. Per uno come lui che ha visitato col corpo e con l’anima tutta l’arte occidentale, come pure quella cinese, nelle sue diverse stagioni, interpretarla con la propria sensibilità di ucraino vissuto in Russia è urgenza, salute mentale, volontà d’indagine: in una parola, personalità. Quella di Yuri è tagliente, aggressiva, sanguigna. Non per nulla il rosso è la tinta cromatica preferita.
Osservare o meglio immedesimarsi nelle sue tele esposte a Roma, al Vittoriano, sino al 15 settembre (catalogo Skira) è compiere un percorso ricco di suggestioni, ricordi, e sopra tutto di un sentimento impulsivo, pregnante della vita. Se lo sguardo scuro di Melissa (1997) ci penetra dal fondo rosso sangue, il Triangolo amoroso del 2013 – un giullare, un pagliaccio, una ragazza seduta accanto ad un tavolo – è concentrazioni di occhi assenti da noi; se la ragazza russa (“Russia, avanti!”, 2012) è ancora una donna bionda in rosso che ci osserva, il Nudo nell’atelier (2013) sembra invece una oscillazione tra Manet e Renoir, assenza di sentimento, pura contemplazione fisica.
Ma Yuri si guarda anche intorno. Parigi a Montmartre (2014) è un fantasma notturno alla Pissarro; San Marco a Venzia gronda invece pennellate oleose, frante come le cattedrali di Monet, e il Colosseo brilla di una luce serena, così rara nei lavori di Yuri. Che ritorna sull’impulso, sul frammento come nei bozzetti per il Conclave (2013), una processione che sembra un sacrificio sanguigno.
La vita è violenta, sembrerebbe dirci questo pittore, che di accademico ha la forza, la struttura, la sapienza. Ma al fondo del cuore, lui Yuri, nato nel 1957, ha una invincibile, ma bellissima malinconia. Come egli stesso si è dipinto, nel Capodanno 2011, vestito da babbo natale, mentre sogna e dorme. Cosa sogna? Forse una pittura di tinte, dopo rosso e nero e dopo tanti filamenti e macchie, diventata solo la luce bianca del riposo.