Rossini Opera Festival cinematografico
Splendida, sotto diversi aspetti, la 37a edizione, che chiuderà il 20. Il primo è, ovviamente, il dato musicale. Jaun Diego Flòrez celebra il ventesimo anniversario della sua autentica esplosione nel ’96 con la Matilde di Rohan non solo con un concerto in piazza il 19 ma con la performance nella Donna del lago, dove il suo canto tenorile pulito, aristocratico, elegante, oltre alle qualità attoriali, è stato ancora una volta un esempio di belcanto forte e lieve come una piuma. Quest’opera “liquida” dove la protagonista Elena è sospesa tra due amanti – il re Giacomo e Malcom – in una Scozia romantica alla Walter Scott tra le rive umide di un lago è attraversata da un’aria di sogno, di incantamento amoroso, visionario, che a suo tempo fece piangere Leopardi. Difficile da eseguire, ha contato però oltre che su Flòrez su voci come il Rodrigo svettante di Michael Spyres, sul Malcom mezzopranile di Varduhi Abrahamyan e sull’Elena di Salome Jicia, delicatissima presenza piena di umori nel gesto e nella voce.
In un’opera di incantamenti, di furori guerreschi e amorosi, di sospensioni, ci voleva un direttore che sapesse far cantare voci e orchestra insieme. E’ uno dei pregi di Michele Mariotti che ha guidato la “sua”orchestra di Bologna ad entrare nei “tanti affetti” di una partitura sfuggente, “impressionista”, forte e soave, dando la realtà di un “tutto” sinfonico e armonioso veramente di altissimo livello.
Damiano Micheletto, regista molto creativo, ha immerso l’opera in un clima da “Titanic”, grazie alle scene lacustri di Paolo Fantin e ai costumi “bagnati” di Klaus Bruns. Una regia attenta al canto, al sentimento, alla natura selvaggia in cui l’opera si muove. Solo due ambienti: quello dell’oggi, con due mimi che rappresentano i protagonisti invecchiati nel ricordo, e il passato rovinoso ma anche malinconico, fluttuante tra erbe, acque e canneti.
Fellini invece, il Fellini del circo e di “8 e mezzo” nella commedia non troppo comica Il Turco in Italia. Scambiato nel 1814 alla Scala per una copia dell’Italiana in Algeri è invece un satira anche maliziosa e cinica del mondo napoleonico dell’epoca, con i vezzi, i tic di una umanità irriverente, confusa come la folla che riempie il palco insistentemente. E se in 8 e mezzo c’era un regista in crisi, qui c’è il poeta Prosdocimo che si trova nella medesima situazione. Se nel film la donna era la dolce e sensuale Claudia Cardinale, qui c’è Fiorilla, scattante e capricciosa – amatissima da Rossini come tutte le sue donne – che tormenta il povero marito don Geronio facendo la corte al turco Selim. Naturalmente, il finale è positivo, ma la musica un po’ acre e stizzosa lascia un’altra impressione, un po’ come in Così fan tutte di Mozart. La regia di Davide Livermore recupera costumi e movimenti del film, ovviamente adattandoli ad oggi e dando una visione coloratissima – forse troppo – e movimentata dell’intreccio sentimentale, vivo come i guizzi musicali e sovente sornione. La romana Speranza Scappucci è energica, decisa alla guida della Filarmonica Rossini, anche se non sempre curata nei timbri e nei colori. Nel ricco cast “rossiniano” (Erwin Schrott, spiritoso; Nicola Alaimo, patetico; Narciso, il “prete”(?) innamorato di Rene Barbera; il Prosdocimo gigione di Pietro Spagnoli, tutti ottimi) spicca la Fiorilla di Olga Peretyatko, virtuosa e attrice talentuosa in una regia dinamicissima.
Cinema storico in bianco e nero con tanto di pubblico – i coristi – seduti a rivederne le scene su uno schermo nel Ciro in Babilonia, dramma sacro del 1812, una gemma musicale ambientata in tempi biblici, con opportune licenze poetiche. Il ventenne Rossini già sprizza energia, melodia ritmo da tutti i pori e la partitura non stanca un attimo, anzi seduce. Il merito è pure della direzione corretta, scrupolosa del giovane Jader Bignamini (molto meglio che nella poco felice Traviata romana), del cast con le voci di uno squillante, argenteo Antonino Siragusa (Baldassarre) di una fenomenale Ewa Podles (Ciro, contralto unico al mondo) e di una stellare virtuosa come Pretty Yende (Amira). Allestimento piacevole, godibile anche nei filmati.
Il ROF va avanti e coltiva voci promettenti come s’ è visto nel Viaggio a Reims dei giovani dell’Accademia di Alberto Zedda, diretti da un collega assai in gamba, Gabriele Bebeselfea.
Una edizione esemplare.