Rossini da brivido

Altro che un “pasticcio” per il pubblico di Lisbona, la “farsa in un atto”, Adina, data al 24°R.O.F. di Pesaro! Capolavoro non è, ma ha il pregio di creare un’atmosfera rossiniana doc, dove pezzi autografi e no di Gioachino si combinano nella grazia di una scrittura orchestrale e vocale elettrizzante e soave. Certo, la direzione equilibrata di Renato Palumbo estrae dall’orchestra del Comunale di Bologna sonorità vaporose e stuzzicanti, e la protagonista Joyce Di Donato vola nel fuoco pirotecnico della vocalità. Ne risulta un brivido di dolcezza ottimistica per lo spettatore, anche se la regia di Moni Ovadia è fin troppo timida per una “turcheria” che in altri avrebbe scatenato chissà quali fantasie. Forse è meglio così, per disporsi all’ottimo Comte Ory che è capolavoro assoluto. Perché la ballata medievale del seduttore frustrato nei suoi propositi ingannatori è trattata dal Nostro con nuances di ironia raffinata, venata di una quasi impercettibile tristezza. Rossini, col disincanto dell’immensa maturità dei suoi anni (appena trentasei, ma lo spirito di un artista non ha età”) tocca e non tocca l’erotismo delle vicende, lo avvolge di ritmi di polacca e di cascate virtuosistiche, inventa soluzioni armoniche di cui si ricorderanno Saint-Säens e Bizet, fino al celebre Trio della “notte oscura” dove l’amore-senso è ombra vacua, irraggiungibile, perché sostanzialmente non vera. Naturalmente, Rossini accenna a tutto questo per poi ritrarsi, dopo aver giocato, nel suo distacco e darci l’illusione di poter riprendere la commedia degli affetti simulati, così facile e così amara. Partitura scaltrissima, Le Comte ha dato brividi soprattutto grazie al funambolico Juan Diego Flòrez (ottimo attore: ce lo prenderà il cinema?), con una vertiginosa Stefania Bonfadelli (la Contessa), l’ottimo Alastair Miles (Governatore) e il sempre bravo Bruno Praticò (un po’ stanco in voce). Orchestra bolognese in forma,anche se la direzione di Jesús Lòpez Cobos, a volte evitava le morbidezze “impressioniste” del Rossini “francese”. L’allestimento di Lluis Pasqual ricreava una commedia da salotto nel bel mondo degli anni Trenta: intuizione indovinata, con parodie esilaranti e di buon gusto, voglia di divertirsi senza strafare, danzando e mimando un’epoca. Spettacolo di gran classe per l’ultimo Rossini che dice la sua sull’amore, e molto sul serio: ma col pregio di non farsene accorgere. Anche questa è grandezza. 3° PERGOLESI SPONTINI FESTIVAL MA NON ERA UN FESTIVAL “DI” SPONTINI? Dispiace, ma era difficile trovare il compositore alla prima esecuzione assoluta della sua Lalla Rukh ovvero Guancia di Tulipano, “rivisitata” abilmente da Azio Corghi – sulla base del superstite spartito per canto e pianoforte – e riscritta, interpretata a Jesi da Aldo Busi. Il quale purtroppo, ha relegato praticamente in un angolo i pochi “numeri” musicali – di cui si intuiva la bellezza originaria, anche grazie alla direzione impegnata di Christopher Franklin -, leggendo e interpretando sé stesso con un manierismo e un gusto ormai logoro per la provocazione, da suscitare stanchezza (a parte gli applausi di cortesia) e intimidire la (scarsa) regia. Busi si è divertito. Noi speriamo in Spontini davvero protagonista in futuro.

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