Romeuropa aperta al mondo

Quando nacque vent’anni fa nel suggestivo scenario dei giardini di Villa Medici, fu per merito dell’Accademia di Francia che, chiamando artisti a rappresentare l’identità multiforme del vecchio continente, manifestò subito la sua peculiarità di festival: contemporaneo, interdisciplinare, e poi sempre più internazionale, in grado di riflettere pluralità di stili ed estetiche. Caratteristiche che hanno da sempre contraddistinto le scelte del suo direttore artistico Monique Veaute, attenta ai cambiamenti del panorama dell’arte e alle nuove tendenze sperimentali. Infatti, alla creatività moderna, alla commistione di linguaggi, e alle tensioni più vitali dello spettacolo contemporaneo, Romaeuropa Festival ha dato visibilità promuovendo realtà e talenti che si sono in seguito affermati; e, in alcuni casi, producendo nuove opere o assumendo il ruolo di coproduttore con alcune delle maggiori istituzioni artistiche europee. La sua forte vocazione di apertura all’incontro delle culture, al dialogo tra civiltà diverse, e alle innovazioni nel campo del teatro, della danza e della musica, si è mantenuta negli anni, facendo di Roma un grande dinamico moderno palcoscenico. Romaeuropa Festival ha così tracciato una mappa dello spettacolo che dall’Europa si è sempre più allargata al mondo e ha coinvolto via via luoghi accademie e istituzioni della capitale quasi a simbolo della fondamentale più ampia unità di tutti i continenti. Catturare l’afflato che caratterizza espressioni e iniziative artistiche e culturali promosse e sviluppate nei cinque continenti, è stato lo sforzo di questi due decenni d’attività. Vent’anni di storia non sono pochi per un festival ed è giusto tracciarne un bilancio scorrendo nomi e spettacoli che ne hanno segnato il percorso artistico e la ricchezza di eventi. Degli inizi ricordiamo, ad esempio, il signore dei cavalli Bartabas col suo celebre cabaret equestre; le innovative sperimentazioni di Giorgio Barberio Corsetti, tra i primi ad indagare il significato e le prospettive del fenomeno teatrodanzavideo; la nouvelle dance del coreografo francese Dominique Bagouet, che portò uno spettacolo nato dalla collaborazione tra un pittore come Boltanski e il genio musicale di Dusapin. L’elenco sarebbe lunghissimo: da Sylvano Bussotti all’inglese Michael Nyman, dal canadese Robert Lepage agli americani Bob Wilson, Peter Sellars e la White Oak Dance Project di Baryshnikov, dal belga Jan Fabre al sudafricano William Kentridge, dalla Socìetas Raffaello Sanzio all’indiano Sidi Larbi Cherkaoui. Anche l’esplorazione musicale si è arricchita negli anni andando alla ricerca di voci, suoni e composizioni dei paesi asiatici come i bardi del Kazakhstan e del Turkmenistan, o le musiche sufi da Egitto, Iran e Pakistan; fino alle avanguardie elettroniche di Giorgio Battistelli, Maurizio Martusciello, Ryuichi Sakamoto, Dj Spooky; e ai progetti multimediali di Scott Gibbons, Golan Levin, Carsten Nicolai. Passato e presente, insomma, ancora oggi coinvolti in un dialogo che ha la vitalità di oltrepassare le gerarchie tra cultura alta e bassa, di superare i confini geografici e culturali. Un dialogo attraverso tempo e spazio che rimane il migliore omaggio alla città eterna. CARTELLONE L’edizione del ventennale (dal 30 settembre al 27 novembre) prevede grandi ritorni con molti degli artisti che hanno accompagnato la storia del festival. L’evento speciale dell’inaugurazione sarà Bartabas alla guida della sua tribù di teatro equestre Zingaro, con Loungta, les chevaux de vent: un viaggio alla scoperta dell’affascinante e misterioso mondo mistico tibetano, con la scenografia sonora delle voix de buffles ad evocare antichi miti. Lloyd Newson e i DV8 esplorano il significato dell’apparenza in Just for show; la stravagante compagnia Montalvo – Hervieu con On Danfe mescola balletto classico, danze africane e hip hop; la coreografa italiana Caterina Sagna con Heil Tanz mette in scena le dinamiche del potere attraverso il suo teatrodanza, mentre Teatro Clandestino indaga la natura umana tra coscienza e rifiuto di essa. Con la lettura de La leggenda del grande inquisitore Patrice Chéreau compie un viaggio nell’anima con Dostoevskij; mentre William Kentridge, nel decimo anniversario della fine dell’apartheid, racconta l’evoluzione politica e sociale del Sudafrica con nove cortometraggi e con le danze sudafricane della giovanissima compagnia Via Katlehong Dance. Fra gli altri artisti: il ballerino e coreografo Emio Greco con Conjunto di Nero, la Socìetas Raffaello Sanzio con M.#10 Marseille decima tappa della Tragedia Endogonidia, e la conferenza di Peter Sellars. Per la musica: dai guru dell’elettromusic Aphex Twin, Sakamoto e Alva Noto, alla bizzarra Vegetable Orchestra che utilizza strumenti musicali ricavati dalle verdure, da Zongamin a Golan Levin. Inoltre video, performance, e la Festa Elettronica con musica, suoni, istallazioni, dj set e artisti quali Markus Stockausen, Martux_M,Asian Dub Foundation, e molti altri.www.romaeuropa.net

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