Roma, sgomberi ed emergenza case
Ci sono volute poche ore per sgombrare l’ex fabbrica della Penicillina, al chilometro dieci della Tiburtina, a Roma. Un edificio abbandonato da trent’anni e occupato abusivamente da centinaia di persone, dall’immigrato irregolare in cerca di riparo al senza fissa dimora italiano.
L’ordinanza di sgombero è stata firmata lo scorso 28 novembre da Virginia Raggi ed effettuata il 10 dicembre. I numerosi avvisi dello sgombero affissi intorno all’area sono stati recepiti con solerzia: degli oltre 600 occupanti presenti nella struttura nelle ultime settimane, solo in 40 sono stati individuati dalle forze dell’ordine, giunte con blindati e pattuglie anti sommossa, ministro degli Interni, Sallvini, in testa.
Il provvedimento, disposto “a tutela della salute e della pubblica incolumità”, prevedeva infatti “l’allontanamento delle persone a qualunque titolo presenti”. I 40 occupanti sono stati trasferiti in questura per procedere all’identificazione. La gran parte degli abitanti dell’edificio zeppo di amianto, tuttavia, si è rifugiato in edifici abbandonati in prossimità, spostando di qualche centinaio di metri quello che Salvini ha definito un “punto di spaccio e rifornimento per buona parte della città.”
Nei giorni scorsi il Municipio IV aveva effettuato un censimento della struttura, rilevando 157 persone. Di queste, in 32 hanno “accettato la presa in carico presso le strutture di accoglienza di Roma Capitale”, come spiegato dall’assessore alla Persona, Scuola e Comunità Solidale Laura Baldassarre. Lo scopo è quello di costruire percorsi finalizzati all’autonomia. Tra di loro, due nuclei familiari.
Lo sgombero avviene in dicembre inoltrato, il quinto nel mese, e fa parte di una serie di provvedimenti che colpiranno 19 strutture private occupate della Capitale. A questi si aggiungono gli sfratti, incrementati numericamente negli ultimi mesi, con notevoli ripercussioni sulla questione abitativa di Roma, soprattutto in vista dell’arrivo dell’inverno.
Il problema è numerico: nel 2017 sono stati censiti oltre 7.500 senza fissa dimora, mentre in generale nelle strutture, ecclesiali e non, ci sono circa 2.500 posti.
«La Caritas aveva le strutture piene da ottobre, questo non è normale: siamo di fronte a un’annata particolarmente complessa dal punto di vista abitativo». A parlarcene è monsignor Gianpiero Palmieri, vescovo ausiliario per il settore Est. «Sono circa una ventina le richieste che la Caritas riceve ogni giorno da persone rimaste senza un tetto e le parrocchie si stanno organizzando per ricevere una nuova ondata di richieste».
In questo contesto gli sgomberi acuiscono il problema: «Come si fa a valutarli positivamente? È insopportabile che si facciano sgomberi in questa situazione».
I parroci allestiscono spazi comuni con letti e servizi igienici, chiedendo la disponibilità di volontari che facciano i turni per assistere i disperati che si ritroveranno a bussare alla porta. Alcuni prendono in affitto degli appartamenti da mettere a disposizione di nuclei familiari in difficoltà.
«L’orizzonte – ci racconta monsignor Palmieri – è quello di tamponare un’emergenza che si può risolvere definitivamente solo con uno sguardo complessivo. Noi lavoriamo per l’urgenza, ma non si risolve così il problema della casa».
«La situazione peggiorerà a breve, grazie al decreto sicurezza: chi ha avuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari si troverà in mezzo a una strada. Diventerà tutto più difficile e la paura è che l’emergenza diventi tragedia, ovvero che aumentino le morti per il freddo. A Roma nessuno muore di fame da tanti anni, ma il problema degli alloggi non è stato risolto. Noi dal canto nostro ccoglieremo tutti colorao che verranno a chiedere aiuto».