Roma, non disertare il dolore di una città
Chi la conosce bene, sa che Roma è tante città messe assieme, che spesso hanno vite parallele. Così, mentre nello splendido pio sodalizio dei Piceni si teneva il festival delle città, sulla via Tuscolana, decine di lavoratori di “Roma Metropolitane” si sono radunate nel primo pomeriggio del primo ottobre per scongiurare l’epilogo annunciato del fallimento della società creata nel 2005 dall’allora sindaco Veltroni come stazione appaltante dei lavori della Metro C.
Come testimonia un video dell’agenzia Dire, nella concitazione degli avvenimenti, è poi intervenuta la polizia che ha scortato un rappresentante del comune incaricato di formalizzare la chiusura del contratto tra l’azienda e l’amministrazione comunale. L’atto di forza ha travolto violentemente alcune delle persone presenti, tra le quali il consigliere comunale Stefano Fassina, che rappresenta una lista di sinistra ed è anche deputato di Leu alla Camera, trasportato in codice rosso nel vicino ospedale San Giovanni.
Lo stesso giorno si è dimesso l’intero consiglio di amministrazione dell’Ama, la società che deve gestire il gigantesco problema dei rifiuti della Capitale. Ci si può perdere nel ginepraio delle responsabilità storiche e attuali di una metropoli in grande difficoltà. Passata dalla fine anticipata della giunta di Ignazio Marino alla gestione commissariale per arrivare alla vittoria del M5S nel 2016.
Il cammino della sindaca Raggi è stato difficile, accidentato e pieno di contraddizioni, tra tanti poteri e interessi contrapposti, aperto alle più diverse letture e interpretazioni. Su tutto incombe poi l’ombra delle mafie che utilizzano il territorio capitolino non solo come luogo di transazione di affari. L’assassinio in pieno giorno di un personaggio della malavita organizzata, in concomitanza con la crisi di governo agostana, suscita seri interrogativi sulla rottura di una sorta di pax mafiosa tra diversi clan, collegati all’eversione nera e mimetizzati nel mondo del tifo calcistico organizzato.
La situazione è molto compromessa, considerando la situazione di degrado di alcuni quartieri che tutti sanno da tempo essere piazze di spaccio di droga a cielo aperto. Lo scorso 24 settembre la Corte d’assise di Roma ha riconosciuto la natura di “associazione a delinquere di stampo mafioso” per il clan Spada che, per lungo tempo, ha spadroneggiato, con evidenti collusioni, ad Ostia.
L’estate appena trascorsa ha messo in evidenza, inoltre, il problema irrisolto delle migliaia di persone senza casa. Una situazione cronica gestita in modo emergenziale, con la politica degli sgomberi gestiti in maniera eclatante, senza intaccare gli interessi legati alla speculazione immobiliare.
È in tale contesto di una grande città ferita che si può cogliere il senso di vivere, politicamente, dentro le contraddizioni. Fassina, ad esempio, è un economista di solida formazione, con idee e analisi, condivisibili o meno dai suoi stessi compagni di schieramento, ma non è rimasto ad osservare la realtà in un luogo protetto.
Era a Primavalle in agosto tra le famiglie sfrattate con la forza. E, alla fine, si è trovato schiacciato dall’ urto violento della polizia fino a restare a terra, nel panico generale, con un sospetto trauma toracico.
Seguiranno le interrogazioni, arriveranno le spiegazioni della ministro degli Interni che deve fare chiarezza sul caso, ma ciò che si può cogliere da questo fatto è la necessità di una politica che, per cercare le soluzioni più giuste, non può disertare i luoghi autentici della società.
Quelli popolati da chi ha paura perché si trova senza casa, lavoro e protezione alcuna. Come sa bene il vescovo di Roma, papa Francesco, che viene da Buenos Aires e da latino americano invita a non “balconear”, cioè a non restar inerti a ciò che accade, lontani e, in fondo, indifferenti dalla vita vera.