Roma liberata

Una rassegna al Vittoriano ricca di foto, lettere, documenti, oggetti e filmati per rivivere il 4 giugno 1943 e i terribili mesi che seguirono l’arrivo degli alleati. Da vedere per non dimenticare il prezzo della libertà
Roma accoglie gli alleati

Chi è giovane forse lo conosce solo attraverso i film, come Roma città aperta, il capolavoro di Roberto Rossellini. Chi non è più giovane e viveva a Roma da ragazzino, ha sentito all’alba il rumore dei carri armati, delle jeep che arrivavano come un’onda lunga nella capitale. Non erano i bombardamenti di quei terribili mesi del 1943-44, ma gli americani che giungevano nella capitale.

Questo era l’evento, il 4 giugno di settant’anni fa, che una mostra rivive a Roma, al Vittoriano.

Si parla di rivivere ed è la parola giusta. Chi si inoltra nella rassegna, così ricca di foto, lettere, documenti, oggetti e filmati, si sente trasportato in un’epoca apparentemente lontanissima – per chi è giovane – eppure vicina, perché persone e luoghi ce lo ricordano tuttora.

Via Rasella, dove i partigiani attentarono a un gruppo di soldati tedeschi; Regina Coeli, il carcere dove languivano le vittime del nazifascismo; le Fosse Ardeatine, dove centinaia di innocenti finirono massacrati per rappresaglia; via Tasso, dove Kappler e amici torturavano gli antifascisti; la Sinagoga, luogo della cattura degli ebrei inermi; San Lorenzo, la basilica sventrata dai bombardamenti degli “Alleati”; San Giovanni, dove un angosciato Pio XII pregava in mezzo ad una folla di disperati in una città dove il re era scappato e Mussolini era finito a Salò, ostaggio dei tedeschi; l’entrata trionfale dell’esercito con le ragazze e i bambini affamati a chiedere cioccolata…

Luoghi e persone, gente che non c’è più e gente che si riconosce, quanti ricordi che bruciano tuttora per chi ha un minimo di sensibilità, ricordando che la guerra è sempre il luogo dell’orrore.

Fa bene vedere la mostra e ricordare il prezzo della libertà dalla dittatura, oggi che altri tipi di dittature, più sottili e insidiose e perciò più perfide, possono togliere la coscienza alla società contemporanea su ciò che è bene e ciò che è male.

La guerra è sempre un male. I bombardamenti alleati su Roma potevano essere evitati, ad esempio? Sì, se i “salvatori” fossero entrati da Anzio subito in città senza perdersi in rivalità inutili fra il comando inglese e quello americano. E la Shoah? Gli Alleati sapevano dei campi di concentramento da mesi, ma non fecero nulla: solo da poco hanno pubblicato le foto che avevano scattato dall’aereo… E la monarchia poteva procedere prima contro il fascismo e non all’ultimo momento?

Quante domande, sfilando lungo le vetrine della rassegna, udendo la radio, i commenti e le riprese dell’Istituto Luce. Fa bene andare a vedere questa mostra, e non solo ai romani d’oggi in una metropoli disumanizzata.

La rassegna mi pare abbia una mancanza, quella di non dare sufficiente spazio all’attività della Chiesa, unica forza morale a tener unito il popolo in quei mesi tremendi. Una disattenzione?

 

Roma verso la libertà. Roma, Vittoriano, fino al 20/7 (catalogo Gangemi)

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