A Roma la “Vita dulcis”
Non è il film di Fellini. Ma parla chiaro lo stesso la vasta mostra romana dove si racconta lo stile di vita – dei ricchi, per lo più – che riguarda quella dolcezza del vivere ripresa negli anni folli di Via Veneto. Ma c’era anche, allora come ora, il contrasto fortissimo tra la paura e il desiderio, tra la sfrenatezza e il terrore della malattia, dell’insuccesso e della morte. Forse per questo motivo la rassegna curata da uno degli artisti contemporanei più affermati come Francesco Vezzoli rilegge fra archeologia e cinema il fascino sempre esercitato dalla Roma imperiale.
Il percorso espositivo si sussegue tranquillo tra spezzoni di film – fra cui Il Gladiatore e il Satyricon felliniano, Spartacus, Caligula, Cleopatra e così via –, reperti archeologici conservati nelle diverse sedi del Museo Nazionale Romano e opere dello stesso Vezzoli che incorporano elementi d’arte antica – come il volto del celebre Antinoo – o che dall’arte classica sono ispirate. Dialogano fra loro materiali ed epoche con il desiderio – grazie all’allestimento teatrale ed immersivo di Filippo Bisagni – di un racconto nuovo che ridia all’arte classica la sua vitalità, intesa non solo come divertimento ed evasione ma anche come memento mori. Si dimostra così che l’animo umano è sempre lo stesso col passare dei secoli: desiderio di rimanere e paura di non esserci più.
Vezzoli affronta temi spinosi: la comunicazione, il potere, il sentimento, la politica, la religione e si affianca egli stesso alla mostra, ad esempio ponendo un suo ritratto in marmo di Carrara di fronte ad un busto di Antinoo del XVIII secolo, inserendo una testa alla de Chirico in bronzo su corpi romani o ridipingendo i marmi bianchi in tinte vivaci per riportarli filologicamente al loro originario aspetto carnale, anticlassico, oggi dimenticato.
Punto centrale della rassegna è lo spazio delle rotonda in cui Vezzoli presenta sculture di vaste dimensioni simili a immagini pubblicitarie con figure classiche su cui innesta volti iconici: Sharon Stone, Valentina Cortese, Jeanne Moreau, Anitra Ekberg, Michelle Williams, Carolina di Hannover. Antiche e contemporanee “dive”.
La prima sala è dedicata al culto della guerra e alla esaltazione di un maschilismo possente dominato dal busto imponente dell’imperatore Domiziano. Nella seconda, si presenta la figura dell’imperatore Adriano e del suo favorito Antinoo con sei busti del giovane idealizzato nella figura di David Bowie.
Nella terza sala troneggia la figura femminile in cui ad esempio la testa di una donna anziana di epoca Flavia viene associata ad una riproduzione in marmo rosa portoghese del torso di Venere di Prassitele. Si passa poi al culto delle divinità dell’oltretomba nella certezza della immortalità dell’anima qui rivissuta attraverso molteplici iscrizioni funerarie e nell’ultima si considera la realtà carnale diffusa nel mondo romano con reperti e il film Satyricon non di Fellini ma quello interpretato da un ridente Ugo Tognazzi.
Una passeggiata dunque nel dialogo fra antico e contemporaneo, a dire la vitalità di un mondo tutt’altro che scomparso dalla nostra memoria e soprattutto dalla evidente continuità dell’animo umano nei suoi desideri, dolcezze e timori.
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