Roma, la mafia e la società responsabile
La giornata della memoria delle vittime innocenti di mafia promossa come ogni anno da Libera quest’anno si svolge a Latina il 22 marzo e rappresenta, perciò, l’opportunità di mettere a fuoco la presenza discreta delle mafie nella Capitale. Il 21 marzo è previsto, per la prima volta dal 1996, un momento di preghiera con il papa che si incontrerà, nella chiesa di san Gregorio VII, con alcuni dei familiari delle vittime di mafia. Saranno circa 700 persone che esprimono il cuore di quella condivisione del dolore da cui nasce l’impegno di Libera.
Come afferma don Luigi Ciotti «il 21 marzo è per loro – e sarebbe bello lo diventasse, istituzionalmente, per tutti gli italiani – il giorno in cui i loro cari, in tante città d’Italia, vengono chiamati per nome, uno a uno, in un appello rivolto alle coscienze di tutti. Quei nomi vengono pronunciati ma sono quei nomi, in realtà, a chiamarci». Chi ha partecipato in silenzio ascoltando la lunga litania dei nomi ne rimane segnato intimamente maturando scelte coerenti anche nei giorni feriali, lontano da ogni eclatante manifestazione. È quello che stanno vivendo da giorni i volontari di Libera che entrano nell’aula bunker del carcere di Rebibbia per assistere, come parte civile, al processo contro il clan Fasciani, cognome dei componenti della famiglia romana che ha esercitato il controllo criminale sul litorale di Ostia assieme agli agrigentini della famiglia Triassi.
Secondo Gabriella Stramaccioni della presidenza di Libera, «costituirsi parte civile è una reazione di civiltà fondamentale per veder risorgere la legalità. E’ importante farlo in tanti luoghi, non solo al meridione; anche a Ostia i clan, grazie a importanti coperture, per molto tempo l’hanno fatta da padrone». Purtroppo stiamo parlando di una realtà che non si può declinare al passato come testimonia il sequestro, a gennaio, di 28 locali nel centro di Roma durante le indagini sul riciclaggio del denaro sporco mentre, a febbraio, 24 sale di gioco d’azzardo sono state chiuse a Ostia perché gestite in maniera “irregolare” e alcune di esse sospettate di controllo da parte di clan mafiosi.
Roma, secondo il procuratore capo Giuseppe Pignatone, rappresenta un mercato ampio e dinamico che attira soprattutto forti investimenti della ‘ndrangheta e della camorra nei settori dell’edilizia e del commercio. A differenza del Sud Pontino dove, come ha dichiarato il magistrato a Libera informazione, il controllo mafioso è più strutturato e riconoscibile, nella Capitale le indagini devono tener conto della reale natura del sistema dei reati diffusi come l’evasione e le frodi fiscali per comprendere se i clan mafiosi entrino «attraverso la corruzione in questo sistema di investimenti illegali o se addirittura ne siano, in alcuni casi, siano espressione diretta».
Un compito che non può essere delegato agli inquirenti e che non sarà mai efficace di incidere senza una partecipazione del tessuto sociale che si ribella apertamente ad ogni violazione della dignità umana. Come avviene in coloro che, con timore e fierezza, arrivano a varcare la porta del bunker di Rebibbia per dire che esiste una città che non rimuove e passa dalla denuncia all’azione.