Roma, il Giubileo comincia al Quarticciolo

Interventi fuori dagli schemi nell’assemblea diocesana con papa Francesco a 50 anni dal convegno del 1974 sui “mali di Roma”. Una denuncia senza sconti sulla Capitale delle diseguaglianze. Come ricucire lo strappo di una città divisa?
Assemblea diocesi di Roma 25 ottobre 2024 ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

Roma è una metropoli che racchiude molte città al suo interno, radicalmente diverse per qualità della vita e reddito come ha messo in evidenza la ricerca di Salvatore Monni, Keti Lelo, e Federico Tomassi che racconta la “capitale delle disuguaglianze” in 29 mappe. Un testo del 2021 in costante aggiornamento sul sito www.mapparoma.info, che rende evidente il fatto che, con un centro storico svuotato di abitanti,  oggi “Roma è le sue periferie” come afferma da anni Carlo Cellamare, urbanista della Sapienza che lavora a stretto contatto con i comitati territoriali attivi per difendere i beni comuni.

Esistono, tuttavia, momenti pubblici in cui nell’Urbe, estesa per un’area pari all’intera provincia milanese, sembra di stare come in qualsiasi paese o cittadina con le autorità civili, militari e religiose poste in prima fila, come avvenuto la sera di venerdì 25 ottobre 2024, a due mesi dal Natale che apre il Giubileo, nella basilica di San Giovani in Laterano.

Una celebrazione sui generis con tanto di letture liturgiche, con la presenza di papa Francesco, reale vescovo della città come ha espresso chiaramente fin dalla sua elezione, canti del coro diretto dal maestro Frisina, ma incentrato su alcuni interventi relativi al percorso avviato per riprendere il discorso sui “mali di Roma” del 1974, un evento di svolta della comunità ecclesiale segnata dalla novità conciliare.

Si trattò di un convegno preparato con una forte partecipazione dal basso rispondendo alle sollecitazioni di una città ferita, con le piaghe aperte delle baraccopoli sorte accanto ad una crescita urbanistica disordinata sotto forti spinte speculative.

Emblematica di quei giorni resta la lettera scritta dalla baracca 725,  collocata nell’antico Acquedotto Felice, trasformata in una scuola popolare sul modello di quella di Barbiana per iniziativa di un prete di borgata, don Roberto Sardelli.

Un testo durissimo di condanna e denuncia in un contesto che vedeva anche la presenza di sacerdoti diocesani del Nord Italia e di varie congregazioni inviati in missione nelle periferie abbandonate della “capitale della cristianità” alla vigilia del Giubileo del 1975.

Un tempo, tra l’altro, segnato da una forte contestazione interna alla Chiesa, di accusa ai vertici di carente testimonianza evangelica, portata avanti addirittura dall’abate di San Paolo fuori le mura, dom Giovanni Franzoni e dai giovani professori dell’università salesiana.

Secondo una certa vulgata quel convegno rese evidente la fine di ogni collateralismo ecclesiale con la Dc aprendo le porte alle giunte di sinistra che trovarono nel sindaco comunista Petroselli, ostacolato spesso dal suo partito, l’esempio di un punto di svolta a favore degli esclusi.

In realtà, come è stato evidente nella testimonianza di don Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas, la Chiesa romana ha sempre di più assunto una posizione scomoda, fuori dagli schemi. Si pensi all’opposizione di Di Liegro contro l’espulsione delle comunità rom, sinti e khorakhanè fuori dal Grande raccordo anulare, decise dalle giunte di centrosinistra negli anni precedenti il Giubileo del 2000 ( il “Giubileo nero degli zingari” immortalato dalle foto di Tano D’Amico). Lo stesso quartiere di Tor Bella Monaca, pensato illuministicamente come un modello virtuoso, si è rivelato un fallimento.

Così nell’anno di grazia 2024, la diocesi di Roma ha promosso in luoghi emblematici, 4 incontri tematici su scuola, sanità, casa e lavoro mettendo in evidenza un quadro preoccupante di crescente diseguaglianze descritto in un dossier difficilmente digeribile dalle classi dirigenti della città e del Paese.

È stato Marco Damilano con il suo stile da “spiegone” televisivo ad esplicitare, con un lungo intervento, quanto emerso da questo primo ciclo di  incontri sulla “capitale delle diseguaglianze”. Una raffigurazione che urterà di sicuro i ceti abbienti e chi  abita nell’area garantita della metropoli e neanche immagina le condizioni di certi quartieri che danno vita alla più grande piazza di spaccio della droga in Europa.

Damilano, ex direttore de L’Espresso, ha iniziato la carriera giornalistica con il periodico dell’Azione Cattolica. Da allievo dello storico Pietro Scoppola, possiede gli strumenti per una visione critica e disincantata della realtà. Anche e soprattutto dell’ambito ecclesiale.  Assume particolare importanza, quindi, quando accanto alla fotografia realistica dei mali della città, giunge a dire che «alla vigilia del Giubileo, la Chiesa di Roma, come l’apostolo Pietro, non possiede né oro né argento, non ha più potere né ricchezze, ma quello che ha lo mette in gioco. Invita a rimettersi in piedi, tutti, a ricominciare a camminare insieme».

Dietro le prime file, assieme a tante realtà attive nei quartieri, ha partecipato all’assemblea diocesana anche una rappresentanza del centro sociale Spin Time Labs che si è incontrato più volte con papa Francesco, sostenitore del loro  impegno nell’ accoglienza dei migranti e dei senza casa. C’era la Rete dei numeri pari, da anni presente, senza sconti, nel porre in risalto le questioni urgenti di giustizia sociale su Roma e della povertà che avanza.

Si può capire quanto è emerso dall’incontro del 25 ottobre 2024 in Laterano conoscendo l’impostazione della scuola di attivazione politica alla partecipazione promossa dalla Pastorale sociale di Roma in collaborazione con le realtà più vive sul territorio.

Si spiega così l’intervento di Daniele Leppe, avvocato che ha parlato della città che resiste all’ingiustizia con l’esperienza di “Tor più Bella” e “Quarticciolo ribelle”, cioè in due quartieri di edilizia popolare più recente, anni 80 per Tor Bella Monaca, e degli anni 30 , Quarticciolo, dove si condensano le più gravi condizioni di disagio sociale ed economico che agevola il dominio della criminalità organizzata.

«Sembra di assistere – afferma l’avvocato Leppe – ad una sorta di tacito patto sociale in questa città. Nei quartieri poveri della capitale viene lasciata vita facile alla criminalità organizzata più invadente, per consentire agli abitanti della “Roma bene” di vivere in tranquillità».

«Gran parte degli interventi pubblici delle Istituzioni per onorare il Giubileo, nato anche per la promozione della dignità di ogni persona e per il rispetto del creato, non sono stati investiti e utilizzati – afferma Leppe – per dare dignità agli abitanti più sfortunati della nostra città ma per rendere più comodi, belli e sicuri i quartieri bene della Città Santa che santa non può essere se non apre gli occhi sulle povertà diffuse che la popolano».

Parole pesantissime confermate nel dossier della diocesi consegnato direttamente, alla fine dell’incontro, da Giustino Trincia, direttore della Caritas, nelle mani di sindaco, prefetto, questore, vertici della polizia e rappresentante della Regione presenti nella scomoda prima fila di San Giovanni.

Denunciare il male è già una notizia positiva, perché va in direzione opposta all’indifferenza, ma è solo la premessa per poi agire controcorrente. Lo ha detto in molto chiara Mariagrazia, studentessa del liceo scientifico Amaldi di Tor Bella Monaca, impegnata nel sostegno scolastico ai bambini del quartiere con la Scuola di pace promossa dalla Comunità di Sant’Egidio: «Cambiare le cose è complicato, ma è possibile, e abbiamo le risorse per farlo, in primis il tempo. Dipende dalle scelte che facciamo, ma soprattutto dalla consapevolezza e dalla volontà di spezzare quelle catene che spesso imprigionano il destino di molte persone».

Così come, ha detto Leppe, «in un quartiere gli spacciatori smerciano la loro roba seduti su comode sedie agli angoli delle strade»…«i ragazzi di Quarticciolo Ribelle costruiscono, in un quartiere giorno per giorno, un’alternativa possibile, con il loro esempio e con le loro attività. Nel quartiere hanno realizzato una palestra popolare dove i bambini e le bambine sono seguiti, direi accuditi, e tenuti fuori da ambienti malsani».

Dalla serata del 25 ottobre, insomma, è rimasto spiazzato chi pensava di partecipare ad un momento consolatorio e innocuo e ha visto invece quel “dinamismo missionario” chiesto da papa Francesco nell’esortazione Evangelii Gaudium di «una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze… preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti».

Gli stessi commenti che hanno salutato l’enciclica Dilexit nos pubblicata il 24 ottobre, dedicata al Sacro Cuore di Gesù, come un ritorno alla rassicurante dimensione spirituale separata dalle questioni sociali, l’abolizione dell’incarnazione, non hanno probabilmente inteso quel forte invito a rispondere dalle profondità dell’esistenza ad una società disumana e senza cuore descritta nelle ferite di Roma.

«Come possiamo accettare – ha detto il papa nel suo discorso all’assemblea diocesana – che ci siano migliaia di spazi vuoti e migliaia di persone che dormono su un marciapiede? Che alcuni ricchi hanno accesso a tutte le cure che necessitano e chi è povero quando sta male non riesce a curarsi dignitosamente? Una città che assiste inerme a queste contraddizioni è una città lacerata, così come lo è l’intero nostro pianeta».

Elencare i problemi reali induce un senso di frustrazione in tanti ormai lontani dalla capacità visionaria e rivoluzionaria dei complicati e contraddittori decenni passati. Quasi un interiorizzazione di una sconfitta dolente, mentre Francesco cita il poeta Charles Péguy per dire che «la Speranza è una bambina da nulla. Eppure è questa bambina che attraverserà i mondi».

Come risponderà quel popolo uscito frastornato dalla Basilica maggiore una sera di ottobre, nella piazza San Giovanni ancora segnata dai lavori in corso?

«La Chiesa – ha concluso la relazione Damilano – è un pezzo di città che si preoccupa della città, è un pezzo di città che ama la città, che si prepara al Giubileo, che non smette di avere fame e sete di giustizia, che è in attesa di liberazione, in questo tempo di grazia, in questo spazio che è luogo di salvezza».

Sul sito della Diocesi di Roma il testo del dossier e degli interventi del 25 ottobre 2024

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