Roma città in dialogo

Dinamiche locali e prospettiva universale. Viaggio nella capitale.
Articolo
"Scusi, a che ora passa la 64?". "La che?". "La 64, l’autobus che porta alla stazione Termini". "Ah, il 64. Beh, quando passa, passa". Il dialogo appena descritto ha per protagonisti una coppia di turisti veronesi e una signora romana. I primi abituati a sapere con precisione quando l’autobus di una certa linea (per questo la domanda al femminile) arriva ad ogni fermata intermedia; la seconda abituata ad aspettare l’autobus (al maschile) che prima o poi passa. Si spera.

 

Benvenuti a Roma, alla fermata di piazza Venezia di uno degli autobus più frequentati della capitale. Che di sicuro fra le sue caratteristiche non ha la puntualità, ma la flessibilità degli orari e degli appuntamenti. Una città di città, Roma, non a caso organizzata in municipi, diciannove, autonomi, ma anche in relazione fra di loro e con l’amministrazione cittadina. Dinamiche locali di una città universale che scopriremo nel corso dell’articolo. Ma se Tor Bella Monaca o Corviale in periferia non sono Trastevere o i Parioli, se alcuni sono quartieri dormitorio ed altri pieni di uffici, la città ha comunque una sua identità, pur nella diversità. Chi viene a vivere a Roma da una città più piccola, e in Italia vuol dire da tutte le altre città, si imbatte come prima cosa nelle dimensioni della capitale. Un territorio di 1300 kmq e una popolazione di quasi tre milioni di abitanti registrati cui bisogna aggiungere almeno altri 800 mila non dichiarati.

Un incremento di popolazione con il quale la città si è sempre dovuta misurare. A Roma la gente continua ad arrivare. Dall’Italia del sud un tempo, dal resto del paese poi, da tutto il mondo adesso. In cerca di accoglienza, di un lavoro, di un tetto, che bene o male ha sempre trovato. E difficilmente chi approda qui se ne va. Vuoi per il clima, per il carattere cordiale della gente, per la ricchezza storica e artistica, per la pluralità delle offerte culturali, per l’apertura alle diversità… Vuoi anche perché Roma è capitale europea del verde con le sue tante ville e i suoi giardini; vuoi perché è una delle più belle città del mondo; vuoi perché in fondo, per essere una grande città, ci si vive bene.

 

L’economia

Anche economicamente non va male, anzi. Secondo il presidente di Confindustria, Montezemolo, "Roma è la città che meglio ha saputo sviluppare il rapporto tra industria e servizi e davanti ai problemi di competitività che pesano sull’Italia". "La capitale – ha sottolineato Gori (presidente del Comitato per la piccola industria dell’Unione industriali del Lazio) -, è chiamata a divenire sempre più baricentro di uno sviluppo integrato di economia, innovazione, servizi, conoscenza, qualità della vita e made in Italy". Stando a previsioni delineate dal direttore del Censis, Giuseppe Roma e da Andrea Mondello, presidente della Camera di commercio, spetterà alle donne il compito di trainare lo sviluppo dell’economia romana. L’occupazione femminile dovrebbe infatti passare dall’attuale 45,4 per cento al 67,2 per cento del 2015.

In quanto al quadro economico tracciato nel secondo Rapporto dell’Osservatorio romano sulle migrazioni (curato da Camera di commercio e Caritas diocesana), l’area romana viene definita una realtà di mezzo, con prestazioni non così brillanti come quelle di altre aree del centro-nord, tuttavia con un andamento più soddisfacente per quanto riguarda la capitale . Dove, nonostante tutto, aumenta il numero delle famiglie che non arrivano alla quarta settimana e, in molti casi, neppure alla terza, con le conseguenze che si possono immaginare.

Il settore trainante, si sa, è il turismo che porta in città in media 500 mila persone al giorno. Lo scorso anno Roma è stata regina delle mete italiane con un 6,4 in più di arrivi rispetto all’anno precedente, a fronte di un declino del 6,1 per cento nel resto del paese. Anche il cinema italiano sceglie Roma: è qui che nel 2004 sono stati girati 590 film, l’84 per cento di tutta la produzione. Altri settori importanti sono il settore chimico-farmaceutico, grafico- editoriale, dell’elettronica e delle telecomunicazioni, l’edilizia. Roma risulta l’area terziaria per eccellenza, tanto nel commercio e nei trasporti, quanto nel settore della ricerca scientifica e aerospaziale, dei servizi alle imprese, dell’informatica, dell’artigianato, dei servizi culturali e del tempo libero.

Certo, la città continua a crescere, quasi a sua insaputa, quasi senza volerlo, e anche l’originario impianto urbanistico, bello da vedersi e funzionale per viverci, ha dovuto fare i conti con le nuove esigenze di una città che, necessariamente, aumenta il perimetro delle sue periferie. Verso le quali, comunque, è costante l’interesse tanto dell’amministrazione cittadina, quanto della chiesa locale che, con le sue 336 parrocchie e decine di movimenti e associazioni, presenta un dinamismo notevole. Non mancano, è ovvio, anche a Roma i problemi delle grandi città. Ne analizziamo alcuni.

 

Il trasporto

La metropolitana, linea A e linea B, è superaffollata quasi sempre. Gli autobus. Imbrigliati nel traffico si fanno aspettare, come abbiamo detto. La linea ferroviaria. Qui come da altre parti si viaggia in condizioni a dir poco precarie. Il mezzo proprio. Tanti vorrebbero non prenderlo sia perché è più costoso, sia per quella famosa qualità dell’aria che, oltretutto, moltiplica le allergie, sia perché i parcheggi non si trovano, manco a pagamento (e in effetti si pagano oramai quasi in tutta la città).Ma chi glielo va a dire al cittadino di lasciare a casa la propria auto se poi il trasporto pubblico funziona male?

 

La casa e gli sfratti

La capitale è una delle città dove il problema della casa è più grave, evidenzia il Rapporto su Roma 2005. Quasi la metà (il 44,4 per cento) delle famiglie che vivono in affitto non è soddisfatta della propria condizione abitativa, ma non può cambiarla. E grave è il problema degli sfratti. Nel 2005 risulta la quinta città tra i comuni capoluogo con questo problema. Riflettiamo su questo disagio con mons. Guerino Di Tora, presidente della Caritas diocesana: "A Roma il mercato della casa è in continua espansione – dice -. Mi sembra che anche il comune ultimamente abbia cercato di comprare nuove aree per abitazioni popolari. Di fatto c’è un aumento di abitanti nella nostra città che ha superato ogni previsione. Per cui si sta programmando un piano regolatore adeguato".

 

Gli anziani

Un problema, questo della casa, che, se tocca tanti, non risparmia di certo gli anziani pensionati. Ai quali succede, continua mons. Di Tora "di non arrivare alla fine del mese, col pagamento dell’affitto, delle bollette". Situazione complicata poi dalla solitudine in cui spesso si ritrovano. "È chiaro che in questo contesto entra in gioco l’insicurezza, la paura di essere ingannati, il bisogno di costruire rapporti di fiducia – continua Di Tora -. Su questo stanno lavorando parecchie associazioni". Ad esempio nella zona di Trastevere e Porta Portese la comunità di Sant’Egidio ha cominciato un lavoro di collegamento con i venditori delle botteghe, il vigile di quartiere, tutto quello che può ricreare quella rete sociale che può far superare queste difficoltà. C’è poi tutta una sensibilità diffusa in questa città bisognosa di superare l’anonimato e la solitudine. Un esempio fra tanti spiega l’entusiasmo di numerosi cittadini che hanno aderito alla festa dei Vicini-vicini promossa dal comune lo scorso maggio e che si ripeterà in settembre. Feste di condominio, ai giardinetti, nella piazza del quartiere, per uscire dall’isolamento e conoscersi. Occasioni di incontro per continuare ad essere vicini tutto l’anno.

 

I senza fissa dimora

E poi c’è chi una casa non ce l’ha, diciamo così, per scelta. I senza fissa dimora che, come mi spiega il direttore della Caritas, sono almeno 7000 quelli stanziali, e poi ce ne sono altri di passaggio. La loro presenza richiede il massimo dell’attenzione per poter garantire il minimo della sussistenza, il cibo, un posto dove dormire, soprattutto in inverno, e tutto quello che può concorrere a costruire luoghi di ritrovo se non di accoglienza. Perché anche a Roma si assiste ad un lento ma inesorabile collasso della famiglia con ricadute sociali pesanti. Come risponde la città a tutti questi problemi? "Roma è una città molto solidale – afferma don Guerino – ed esiste tutta una rete di collaborazione tra associazionismo e volontariato. Si lavora insieme, si lavora con il comune, non esistono contrapposizioni".

 

I nuovi cittadini

Roma, coi suoi quasi 230 mila cittadini stranieri si conferma capitale dell’immigrazione. Il colloquio con mons. Di Tora evidenzia come ad un primo momento di arrivo ne segue un altro di smistamento. Così anche a Roma la concentrazione sta diminuendo in favore dell’hinterland. E quando si parla di immigrati è spontaneo chiedersi, realisticamente, quanto siano integrati questi nuovi italiani. Mons. Di Tora sottolinea che il problema dell’integrazione naviga con le generazioni, non è un fenomeno che può avvenire in pochi anni. Cosa si è fatto? "Si sta costruendo il discorso dell’intercultura, grazie anche ai mediatori culturali che cercano di far conoscere fra di loro le varie esperienze". Cosa resta da fare? "Soprattutto partendo dal mondo dei ragazzi, della scuola, si può iniziare un discorso nuovo. I ragazzi non hanno preconcetti e quindi vivono insieme e da questo si costruisce un secondo livello di integrazione che coinvolge i genitori".

Concorda con mons. Di Tora anche chi, l’aspetto dell’integrazione, lo vive dall’altra parte, come vediamo nell’intervista ad un consigliere aggiunto (vedi box).

 

Il cuore di Roma

Una città di città, dicevamo di Roma. Ma anche una città di popoli, culture, religioni. Una città dai tanti volti, dai mille colori. Da sempre convivono la Roma capitale d’Italia e la Roma centro della cristianità, quella ministeriale, quella delle periferie. Comunque la si guardi però, nessun’altra città come questa, che ha fatto dire a Giovanni Paolo II "ciò che ho di più mio e di più caro": Roma apostolica con i suoi incomparabili tesori di carità cristiana, ma anche con i suoi mille fermenti e i suoi problemi, ha nel suo dna una vocazione universale. Che si realizza quotidianamente nel particolare. In quel dialogo fra centro e periferia, fra cittadini e amministrazione, fra popoli, culture e religioni, fra classi sociali, fra generazioni. Roma, per le sue dimensioni oltre che per la sua vocazione, o è in dialogo o non è. E allora ecco tornare in mente quella frase (che rimase famosa) di papa Wojtyla ai parroci romani: "Damose da fà, volemose bene, semo romani". In fondo, come dice un poeta polacco: "Se tu dici Roma, ti risponde amor". È l’amore il motore di questa città. È l’amore che ha tutti i colori di Roma. Se non fosse stato così la città, ad esempio, non sarebbe stata in grado di accogliere dall’oggi al domani tre milioni di persone, quante ne sono transitate l’anno scorso per la morte di Giovanni Paolo II. Perché a Roma più dell’organizzazione può il cuore. Ed è a partire da lì che la città può attrezzarsi per le grandi come per le piccole sfide quotidiane.

 

CONSIGLIERI AGGIUNTI

L’apporto degli immigrati al Comune e nei municipi.

Taboada Zapata Santos è peruviano, abita a Roma da 14 anni, è laureato in elettronica. Da due anni è consigliere aggiunto al Comune di Roma. Il suo è un compito di rappresentanza delle comunità straniere. Con un africano musulmano, un rumeno ortodosso, una filippina cattolica, eletti come lui nel 2004, partecipano agli incontri dei consigli comunali dove hanno diritto di parola, anche se non di voto. "Il bilancio di questi primi due anni è favorevole – mi dice – perché abbiamo cominciato a lavorare in gruppo con gli altri consiglieri comunali e alcune nostre richieste sono state approvate. Una delle ultime riguarda la creazione di una casa interculturale per tutti, compresi gli italiani, per sviluppare la conoscenza reciproca. Naturalmente ci interessiamo dei problemi quotidiani della città che sono anche i nostri".

Pure in ogni municipio c’è un consigliere aggiunto, ma a detta del mio interlocutore, "collaborare non è stato facile. Spesso non possiamo contare su una reale apertura e disponibilità ad una collaborazione reale fra i vari gruppi etnici presenti a Roma, il rischio della chiusura, bisogna ammetterlo, c’è. Per l’integrazione tanto dipende anche da noi stranieri. Partire dai bambini è più facile, loro si inseriscono benissimo, l’ho visto coi miei figli. Roma è una città più accogliente di altre, ma per passare dalla multicultura all’intercultura ci vuole tempo".

 

DAI MUNICIPI ALLA CITTÀ

A confronto con il presidente del XVI municipio, Fabio Bellini (Ds) e con quello del XIX, Marco Visconti (An).

Un municipio che si allunga sino all’estrema periferia, tanto traffico, 190 mila abitanti con un’età media che si aggira sui 50 anni. È il municipio XIX. Un altro è il XVI, più vicino al centro, 150 mila abitanti con una presenza di 65enni superiore di 4 punti alla media cittadina. Parecchio traffico anche qui. Meno servizi, compresa una grave carenza di scuole nel primo caso, maggiori possibilità di attività culturali nel secondo. In entrambi sono insufficienti gli asili nido, è sviluppato l’associazionismo, c’è tanto verde. Dai due presidenti, Fabio Bellini del XVI e Marco Visconti del XIX ci facciamo raccontare come funziona concretamente il rapporto dei municipi fra di loro e con l’amministrazione cittadina, come s’intrecciano l’aspetto locale dei vari territori con una dimensione più globale della città.

Bellini: "Diciamo che sarebbe impossibile gestire la città esclusivamente, dal centro. Roma è la più grande città d’Italia sia come territorio che come popolazione, e allo stesso tempo è il più grande comune agricolo d’Italia, ha la più grande discarica d’Europa, è un comune complesso. In questi anni il decentramento amministrativo è andato avanti. Chiaramente deve migliorare attraverso una ridefinizione delle competenze perché i servizi siano offerti nel miglior modo possibile, evitando sovrapposizioni. Con l’amministrazione comunale ci sono i problemi tipici di chi amministra un territorio e di chi ha la responsabilità globale di gestione. Talvolta c’è un balletto di responsabilità sulle risorse disponibili e comunque c’è la consapevolezza che sono diminuite per tutti".

Visconti: "Sicuramente Roma non è più governabile dal centro perché, se solo si pensa ad un municipio come il mio ha le dimensioni di una città. Il problema è che questo tanto decantato decentramento non è ancora pienamente attivo. Ad esempio per quanto riguarda le società dei pubblici servizi (spazzatura, elettricità), i presidenti di municipio dovrebbero avere dei poteri per applicare delle penali qualora esse non ottemperino al contratto. Invece noi siamo sommersi dai rifiuti o rimaniamo senza illuminazione anche per venti giorni e non possiamo fare niente. Roma deve essere governata dal centro nelle grandi decisioni, ma bisogna puntare alla partecipazione di tutti. E in questi anni, laddove c’è stata collaborazione con alcuni assessori comunali, abbiamo raggiunto buoni risultati".
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