«Roma città dei ponti, mai dei muri!»
Il discorso del papa in Campidoglio a Roma nell’Aula Giulio Cesare al Consiglio comunale può essere sintetizzato con un antico proverbio: «Una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso». È la storia stessa che «in un certo senso ‒ ha spiegato il papa ‒ obbliga il potere temporale e quello spirituale a dialogare costantemente, a collaborare stabilmente nel reciproco rispetto». Una storia controversa sin da quando Roma è stata la capitale di un Impero che aveva allora 60 milioni di abitanti, popoli diversi e 42 mila divinità in forma di uomini, donne, animali, pietre, sorgenti, fiumi. Pietro e Paolo giunsero a Roma per annunziare il Vangelo in una città, dove c’era una comunità ebraica di 50 mila persone, che divenne il centro della cristianità. Roma, nei suoi 2800 anni di storia «ha saputo accogliere e integrare diverse popolazioni e persone provenienti da ogni parte del mondo, appartenenti alle più varie categorie sociali ed economiche, senza annullarne le legittime differenze, senza umiliare o schiacciare le rispettive peculiari caratteristiche e identità».
È stata sempre questa la «sfida epocale» e il papa ricorda un convegno di 45 anni fa su “I mali di Roma” in cui si affrontava la questione delle «masse di immigrati» che giungevano nelle periferie da altre parti d’ Italia.
Non è un caso che il papa lo abbia ricordato perché «con questa citazione – scrive Andrea Riccardi su Avvenire – e con questa visita, riprende quel filo ininterrotto di un rapporto appassionato con i «mali» di Roma, raccogliendo tante energie, alla luce di una visione della città. Roma è la città dal tessuto umano lacerato. I cristiani e le donne e gli uomini di buona volontà sono chiamati a ripararlo nel quotidiano».
Anche oggi Roma è chiamata, nella sua vocazione universale, nella sua saggezza pratica ad «accogliere e integrare, – sottolinea il papa – per trasformare tensioni e problemi in opportunità di incontro e di crescita», per «superare le paure che rischiano di bloccare le iniziative e i percorsi possibili».
«Una mano» che può aiutare Roma la offre il papa con la collaborazione per il bene di tutti con i mezzi che la Chiesa ha a disposizione «grazie alla rete delle sue parrocchie, scuole e istituzioni caritative, come all’ampio ed encomiabile impegno del volontariato, collabora con i poteri civili e con tutta la cittadinanza per mantenere a questa città il suo volto più nobile, i suoi sentimenti di amore cristiano e di senso civico». Il papa chiede che «tutti si pongano al servizio del bene della città e delle persone che la abitano, specialmente di quelle che per qualsiasi ragione si trovano ai margini, quasi scartate e dimenticate o che sperimentano la sofferenza della malattia, dell’abbandono o della solitudine».
Il papa, però, chiede, questa è «l’altra mano», che «Roma si mantenga all’altezza dei suoi compiti e della sua storia, che sappia anche nelle mutate circostanze odierne essere faro di civiltà e maestra di accoglienza, che non perda la saggezza che si manifesta nella capacità di integrare e far sentire ciascuno partecipe a pieno titolo di un destino comune». Per realizzare il bene comune «non si temano la bontà e la carità! Esse sono creative e generano una società pacifica», perché Roma si confermi anche nelle sfide attuali «città dei ponti, mai dei muri!».
Nel suo saluto alla cittadinanza il papa ha incoraggiato tutti «ad essere ogni giorno “artigiani” di fraternità e di solidarietà. Questo è il compito di un cittadino: essere artigiano di fraternità e solidarietà. Come tanta gente in tutto il mondo, anche voi, cittadini di Roma, siete preoccupati del benessere e dell’educazione dei vostri figli; vi sta a cuore il futuro del pianeta, e il tipo di mondo che lasceremo alle generazioni future. Ma oggi, e ogni giorno, vorrei chiedere a ciascuno di voi, secondo le proprie capacità, di prendervi cura l’uno dell’altro, di stare vicini gli uni agli altri, di rispettarvi a vicenda».
L’auspicio del papa per una «rinascita morale e spirituale di Roma» è raccolto dal sindaco Raggi che al termine della visita, rivolgendosi ai dipendenti capitolini ha detto: «Il messaggio del Santo Padre ci aiuta a ritrovare una nuova energia anche in momenti difficili», e al papa ha confermato la vocazione di Roma come di una «città aperta, città del multilateralismo e del multiculturalismo».