Rogers e il calore umano
Leggo spesso il nome di Carl Rogers tra i grandi della psicoterapia… che meriti ha avuto?. Luca – Milano Dagli albori della psicoterapia (fine Ottocento), capiscuola e seguaci sono impegnati a dimostrare la superiore validità teorica e terapeutica dei rispettivi approcci.Tre assunti basilari sono però comuni a tutti i contendenti di questa disputa: 1) i problemi del paziente sono dovuti a fattori e comportamenti che egli non può o non vuole vedere; 2) il terapista, grazie alle proprie conoscenze e tecniche, è invece in grado di vedere tali fattori e comportamenti patologici; 3) il paziente migliorerà o guarirà se riuscirà a rimuovere i fattori patogeni e a modificare i propri comportamenti seguendo le indicazioni del terapista. In tutti questi assunti la qualità del rapporto umano tra cliente e terapista non aveva, fino a Carl Rogers, apparso negli anni Quaranta, molto peso: anzi, il ruolo di depositario del sapere, nonché l’impersonalità prescritta al terapista dalla tradizione medica e da varie scuole psicoterapeutiche, tendevano a ingabbiare quel rapporto in forme fredde e stereotipate che vanificavano il potenziale di ripresa del cliente. Carl Rogers ha avuto il merito, in primo luogo, di scoprire che, appunto, a minare il successo del rapporto terapeutico era spesso l’attribuire al terapista il ruolo di superman. Il terapista, secondo Rogers, dovrebbe, anzitutto, provare una partecipazione affettiva nel sentire il mondo più intimo dei valori personali del paziente come se fosse proprio, senza però mai perdere la qualità del come se; dovrebbe, inoltre, avere autenticità con sé stesso e col cliente, senza maschera o facciata quando riflette apertamente i sentimenti e le disposizioni che fluiscono in lui in un particolare momento; e, ancora, dovrebbe avere un atteggiamento caldo, comprensivo verso il paziente: il che significa – scrive Rogers – un certo tipo di amore per il cliente così come egli è (attribuendo qui ad amore il significato del termine teologico agape e non l’abituale significato romantico e possessivo che gli si dà). Rogers, insomma, ha saputo ridare calore umano alla psicoterapia, spesso resa rigida e impoverita da un modello professionale e scientifico di stampo positivista e meccanicista. Obiettivo centrale dell’approccio rogersiano è dunque di creare un clima in cui il cliente si sente accettato, capito e aiutato (ma non forzato) ad assumersi la responsabilità del proprio cambiamento ed a raggiungere una più profonda consapevolezza dei suoi conflitti e dei suoi bisogni.