Rocca di Papa, una tomba speciale

Chiunque si recasse a far visita al cimitero di Rocca di Papa, andando verso i settori più alti, potrà notare, in un ampio spazio coperto a terra da pietrisco di marmo bianco, una tomba con sopra una grande lapide su cui è incisa - a caratteri manoscritti - la frase: “E noi abbiamo creduto all’Amore”. 
Rocca di Papa

Un lungo muretto, con una leggera e delicata forma ovale, ne delimita lo spazio e gli fa da sfondo; su di esso si distacca un grande quadro con il volto del Cristo crocifisso[1], attorniato da una varietà di foto con dei volti luminosi, con i nomi ed una frase del Vangelo, presa come programma di vita da coloro ivi sepolti.
Sono tutti membri del Movimento dei Focolari, fra i quali diversi delle prime e primi compagni di Chiara Lubich che, insieme a lei, ebbero l’affascinante avventura di riscoprire l’infinito Amore di Dio, l’illuminarsi continuo di ogni Sua Parola nel Vangelo e di tradurla in vita.
Ma lasciamo che siano Chiara stessa ed alcuni fra le sue prime e primi compagni a raccontarci alcuni episodi del sorgere di questa nuova via, il carisma dell’unità, e di quel forte legame che si stabilì fra di loro; legame che “nemmeno la morte avrebbe potuto cancellare”.
 
Chiara
 
Iniziamo con un episodio molto noto nella storia delle origini del Movimento, un punto di partenza fondamentale – come ebbe a dire Chiara in diverse circostanze – che ci sembra necessario ricordare. Così lei lo descrive:
In quei giorni un sacerdote mi chiede di offrire a Dio qualche momento della mia giornata. Spinta dalla generosità giovanile, rispondo: ‘Anche tutta la giornata!’. Il sacerdote, impressionato, mi fa inginocchiare, mi dà la sua benedizione e mi dice: ‘Dio la ama immensamente’. Queste parole dette da un uomo, cui Dio ha dato autorità spirituale su altri, hanno su di me un grande effetto. Quello che come cristiana ho imparato sin da bambina, e cioè che Dio è Amore, che Egli mi conosce, che – come dice Gesù – conta persino i capelli del mio capo, entra nella mia mente e più nel mio cuore in maniera nuovissima, come una folgorazione: ‘Dio mi ama! Dio è Amore!’[2].
In un’altra occasione Chiara puntualizza:
Bisogna dire che nella mia fede… ero predisposta ad accettare la realtà di Dio come Amore. Ma, fra le altre circostanze, che la richiamavano fortemente in quei giorni, l’espressione ‘Dio la ama immensamente’, che mi fu rivolta… ha fatto come esplodere quella realtà, che – mi sembra importante rilevarlo – non si è fermata a me soltanto. Anzi! È divenuta subito patrimonio comune.
Lo dico – così ho scritto allora – lo ripeto alle mie compagne: ‘Dio ci ama immensamente’, ‘Dio ti ama immensamente’. E da quel momento noi, prime focolarine, abbiamo scorto Dio presente dappertutto col suo amore: nelle nostre giornate, nei nostri slanci, nei nostri propositi, negli avvenimenti gioiosi e confortanti, nelle situazioni tristi, scabrose, difficili.
Egli c’era sempre, c’era in ogni luogo e ci spiegava che tutto è amore: ciò che eravamo e ciò che ci riguardava; che eravamo figlie sue ed egli ci era Padre; che nulla sfuggiva al suo amore, nemmeno gli sbagli che commettevamo, perché Egli li permetteva; che il suo amore avvolgeva i cristiani come noi, la Chiesa, il mondo, l’universo… E, mentre la guerra sottolineava la transitorietà e la precarietà di ogni cosa, noi sceglievamo Lui come ideale della nostra vita.
Immediata e significativa è stata quindi la risposta che Dio ha suscitato in quelle prime focolarine.
In una lettera del 1944, che ci trasmette il clima di quei primi mesi, è descritta l’irruzione di luce e di fuoco con cui Dio Amore si è fatto allora presente nella nostra vita e – questo è interessante – vi si intuisce già il legame profondissimo che ciò provocherà in noi:
‘Tu sei stata con me abbagliata dalla luminosità infuocata di un Ideale che tutto supera e tutto riassume: dall’infinito amore di Dio!
È lui il mio e il tuo Dio che ha stabilito fra noi un legame forte più della morte…’[3].
Più tardi, ad un gruppo di vescovi, lei comunica il sentire più profondo di questa esperienza fatta con le sue prime compagne:
Dio è Amore.
Ne siamo coscienti, ne siamo persuase fin nel più profondo. Tutto nella nostra vita cambia. Il sorriso affiora di continuo sulle nostre labbra, nei disagi della guerra, anche nei distacchi, anche sotto i bombardamenti, anche vicino alla morte: tutto è espressione dell’amore di Dio.
Ed Egli depone questa nuovissima fede in Lui Amore nel nostro cuore come sotterrasse un seme in un terreno.
È questa la nostra grande, grandissima scoperta. Il mondo che ci circonda non lo sa. Comunico la novità a quanti posso: a mia madre, a mio padre, alle sorelle, al fratello, alle amiche.
Noi crediamo all’amore. Questa è la nostra nuova vita. Per questo manifestiamo il desiderio di essere sepolte – qualora fossimo morte per la guerra – in una sola tomba con sopra scritto come nostro nome, perché quello era il nostro ‘essere’: ‘E noi abbiamo creduto all’amore’ (cf. 1 Gv 4, 16)[4].
 
Natalia e Marilen
 
Vorremo adesso riportare delle testimonianze significative su questa esperienza, così come è stata descritta da alcuni tra le prime e i primi compagni di Chiara.
Cominciamo con Natalia Dallapiccola, colei che per prima ha seguito Chiara.
Nel 1943 Natalia aveva 19 anni; un sentimento di tristezza accompagnava la sua vita. Invitata ad un incontro con Chiara (ancora in seno al Terz’Ordine Francescano), sente da lei parlare di amore: ‘Ci sono molte cose belle sulla terra, ma la più bella di tutte è l’amore. Se sulla terra si può sperimentare l’amore, che cosa sarà Dio che lo ha creato?’ Testimonia Natalia: ‘Ero completamente presa. Sentii come se qualcosa mi sollevasse, proprio nel cuore di Dio. Ogni cosa nella mia vita si era rovesciata e un grande amore di Dio si svegliò dentro di me… Mi resi conto che tutto quanto mi era successo fino a quel momento era stato voluto o permesso dall’amore di Dio’. Di lì a breve Natalia chiede di parlare con Chiara: ‘Mi domandò della mia vita e mi disse della sua. Mi diede la sua testimonianza: Dio è amore. Io potevo vedere che ella lo viveva. Era veramente ciò che diceva. Le dissi che il suo discorso la domenica precedente aveva cambiato la mia vita… le chiesi perché non insegnava questo a tutto il mondo. ‘Sì, disse, il mondo sta aspettando, ma noi non dobbiamo predicare, noi dobbiamo darne testimonianza. Se viviamo quest’amore momento per momento, se viviamo come Gesù vivrebbe, il mondo crederà’[5].
Qualche anno dopo, Maria Elena Holzhauser (Marilen), che proveniva da una militanza attiva nell’Azione Cattolica – ma che si trovava in un momento di forte crisi spirituale – conosce Chiara e le sue prime compagne. Riportiamo come lei descrive il suo ingresso in focolare il 16 luglio del 1949[6], in cui evidenzia questo essere tutte una sola cosa con Chiara: “Il giorno dopo, a Tonadico, Chiara mi ha detto di chiedere a Gesù nell’Eucaristia una grazia, perché quello era un giorno speciale, e qualunque cosa avessi chiesto Lui me l’avrebbe data.
Io non ero sempre aperta all’Ideale, avevo l’anima piena del mio cristianesimo tradizionale e un forte spirito critico di fronte a tutto e a tutti. Mi appariva più difficile la conversione mia che non quella di una persona non religiosa, che accoglie tutto con animo aperto.  Sentivo fortemente questa difficoltà. Per questo ho chiesto a Gesù il dono di essere un ‘vuoto’ di fronte a quel ‘pieno di Dio’ che era l’Ideale. Chiara non avrebbe potuto darmi la sua luce se la mia anima non fosse stata vuota di fronte a lei.
È stato un periodo veramente straordinario. Volevamo essere un’anima sola, era questa la nostra unica preoccupazione: una ascetica forte, ma vissuta insieme. Ogni giorno, dopo la Messa, Chiara ci raccontava la nuova comprensione che aveva ricevuto dell’Ideale. Questa luce ci illuminava e ci avvolgeva tutte[7].
 
Antonio ed Enzo
 
Dopo il primo gruppo di ragazze, anche alcuni giovani hanno seguito Chiara, facendo la stessa radicale esperienza della scelta di Dio nella via dell’unità.
Antonio Petrilli, nel raccontare il suo primo incontro con lei, evidenzia un aspetto che rappresenta un po’ la radice dell’essere uniti: “Io temevo di non essere preparato, avevo qualche timore perché tutti parlavano di Chiara e io conoscevo il Movimento solo da due giorni! Però vidi che Chiara era così semplice che mi trovai subito comodissimo, benissimo: si rivolse a me come se mi avesse sempre conosciuto e mi chiese anche se avevo qualche  domanda da farle.
Io le chiesi la prima cosa che mi venne in mente in quel momento, cioè le chiesi come mai le focolarine, pur essendo così diverse l’una dall’altra, nello stesso tempo sembravano anche tutte uguali. Non ricordo le parole esatte che Chiara mi disse, ma ricordo la realtà che mi impressero dentro. Mi parlò di Dio come di un sole, che coi suoi raggi diversi arriva a tutti, a ciascuno con un suo raggio: ognuno deve sforzarsi di camminare sempre sul proprio raggio per poter arrivare a Dio.
Questa – disse Chiara – è la nostra vita: ciascuna cammina sul suo raggio e questo ci fa apparire diverse l’una dall’altra. Ma poiché ogni raggio fa parte del sole, ognuna, camminando sul suo raggio, diventa come un pezzettino di sole. È questo che ci fa apparire tutte uguali’. Io non avevo mai sentito, in vita mia parlare di Dio così. (Come architetto forse avevo bisogno di un’immagine). L’immagine di quel sole, di quel Dio che ama ciascuno e fa tutti uguali a sé, mi entrò nell’anima non come una figura, ma come una realtà. Quando uscii dal focolare quella sera, mi pareva di essere un’altra persona[8].
Tra i primi ad entrare in focolare nel 1950, appena conclusi gli studi di medicina, c’era anche Enzo Maria Fondi. Ecco come egli ricorda quel periodo in cui iniziava a muovere i suoi passi sul cammino dell’unità: “I primi mesi dopo la laurea mi esercitai… nella cucina del Focolare e in vari altri compiti. Ma il Focolare era soprattutto una scuola di unità, dove imparare a rendere presente, ventiquattrore su ventiquattro, Gesù nella nostra convivenza, e a superare quella radicale incapacità d’amare, da cui tutti siamo afflitti. È una scuola che dura tuttora e i cui esami non finiscono mai. Ma il segreto di questa vita sta tutto nell’amore con cui Dio ci ama e con cui, noi stessi, rincominciando sempre, cerchiamo di amarci[9].
 
“Fusi in un’anima sola”
 
Si potrebbe continuare con tante altre testimonianze, sia delle prime e dei primi compagni di Chiara – di cui diversi sono ancora in vita – e sia di molti altri focolarini e membri del Movimento che hanno seguito e tuttora seguono questa via.
Il legame “forte più della morte”, stabilito da Dio fra tutte queste anime, lo vediamo espresso in questo più che significativo brano di Chiara: “Non so quello che succederà quando uno di noi partirà per l’Altra Vita. Certo che quella o quello unirà il Cielo e la terra. Ci sentiremo già arrivati di là e ci stupiremo di poggiare i piedi ancora qua. Perché Dio ci ha fusi in un’anima sola. E questa è una realtà divina che nemmeno Lui vuole rompere[10].
Infine, per realizzare quel desiderio espresso da Chiara di essere sepolte – qualora fossero morte per la guerra – in una sola tomba con sopra scritto: “E noi abbiamo creduto all’Amore”, nel settembre scorso, nella tomba del cimitero di Rocca di Papa, che porta quella scritta, sono state trasferite le salme delle prime e dei primi focolarini già in Paradiso.
A conclusione di tale cerimonia, Maria Voce, attuale presidente del Movimento dei Focolari, ha espresso questo pensiero: “È vera l’unica tomba… è una realtà che abbiamo sotto gli occhi… però mi piace di più pensare a quel ‘drappello’ che cammina in Paradiso… quella è la realtà loro e nostra, perché Chiara ha visto tutti noi in quel ‘drappello’. Allora, mentre loro camminano in Paradiso, noi continuiamo a camminare sulla terra per trasformarla in Paradiso. Ci impegniamo davanti a loro, che hanno completato questa strada, a fare la nostra parte”.
 



[1] Lo stesso quadro che era rimasto, come unico oggetto, oltre ai materassi a terra, nella stanza in cui iniziava la vita di quello che più tardi è stato chiamato il “focolare”.

[2] C. Lubich, Incontri con l’Oriente, Città Nuova, Roma 19872, pp. 20-21.

[3] Id., Una via nuova. La spiritualità dell’unità, cit., pp. 33-34.

[4] Id., Dio Amore e la carità nel Movimento dei Focolari, Rocca di Papa, 13.2.1979 (inedito).

[5] J. Gallagher, Chiara Lubich. Dialogo e profezia, tr. it. di Laura Draghi, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1999, pp. 30-31.

[6] Questa data coincide con l’inizio di un periodo di particolare luce sulle verità della fede, sperimentata da Chiara e subito partecipata a chi era con lei. Fu un tempo che nella storia del Movimento si conosce come “Paradiso 1949” (cf. Nuova Umanità XXX (2008/3) 177, pp. 285-296).

[7] I. Pedrini, Marilen. Semplicemente vivere, cit., pp. 51-52.

[8] D. Cumer (a cura di), Antonio Petrilli: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, in Unità e Carismi XI (2001/6) 27.

[9] F. Zambonini, Chiara Lubich, l’avventura dell’unità, Ed. Paoline, Alba (Cuneo) 1991, p. 180.

[10] C. Lubich, in Scritti Spirituali/3, Città Nuova, Roma 1979, p. 107.


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