Roberto Bolle e le sue parole che danzano

Nel volume fotografico edito da Rizzoli, il celebre ballerino si racconta attraverso un vocabolario inedito, scegliendo alcune parole che hanno dato e danno significato alla sua storia artistica, personale e umana
photo Luciano Romano

Per definire certe parole importanti, sintetizzarne il significato, spesso è difficile trovare quelle giuste. A volte basta una sola frase. «La danza è tutta la mia vita» non è un’asserzione scontata, banale, se ad affermarla è Roberto Bolle. E per rimarcare quanto essa sia per lui sostanziale, cita un’espressione di Martha Graham, la pioniera della modern dance americana: «La danza è il linguaggio dell’anima. È quello che abbiamo dentro, la nostra essenza più vera e più pura». E aggiunge: «La danza è qualcosa di profondo, intimo, viscerale, in diretta connessione con la nostra anima».

photo Andrej Uspenski

Dal 2004 étoile del Teatro alla Scala, primo italiano a ballare al Metropolitan di New York per l’American Ballet Theatre, chiamato sui palcoscenici dei maggiori teatri del mondo, noto al grande pubblico per i suoi numerosi gala Bolle and Friends in giro per tutta la Penisola, e per il grande show televisivo Danza con me (giunto quest’anno alla quarta edizione), Bolle non ha certo bisogno di presentazioni.

Immortalato, fra il resto, in alcuni volumi fotografici, nel nuovo, prestigioso libro fresco di stampa Parole che danzano (edito da Rizzoli), si scopre ulteriormente nella sua essenza più umana, e anche fisica, attraverso alcune parole che hanno dato e danno significato alla sua vicenda artistica, personale e umana. Si tratta di un’autobiografia raccontata sia attraverso fotografie del passato e del presente, sia utilizzando le lettere dell’alfabeto per descrivere istantanee di una vita ricca d’incontri, successi, fatiche, gioie, ripercorsi attraverso ricordi, aneddoti, emozioni, sogni, paure, desideri. Il volume è concepito, infatti, come un glossario di parole chiave che rivelano anche dettagli inediti della sua personalità. Come alla lettera P=Pigrizia, o T=Timidezza per esprimere quanto la danza l’abbia aiutato a vincerla, e quanto faccia parte del suo temperamento: «Con gli anni e le tante occasioni che la vita mi ha presentato, ho imparato a trasformare il lato più timido e introverso del mio carattere in una forma di comunicazione… Se non posso cambiarlo almeno posso affinarlo e usarlo per avvicinarmi alle persone con compostezza e rispetto».

Le jeune homme et la mort
di Roland Petit – Roberto Bolle, Darcey Bussell – Teatro alla Scala 2007, photo Luciano Romano

Alla prima lettera dell’alfabeto, la A, Bolle ha abbinato “Arabesque” legandola non tanto alla posizione tecnica del balletto classico, ma al suo incontro personale con Rudolf Nureyev (avvenuto casualmente a 15 anni, negli anni di studio alla scuola della Scala di Milano, durante un esercizio in sala prove), il quale amava particolarmente quella posizione inserendola in molte delle sue coreografie. “Cadere” è la parola riferita alla C. Racconta delle tre volte che è caduto stando in scena: a Helsinki nel Lago dei cigni, a Tokyo in Paquita, e all’Arena di Verona nella Gioconda. Per “cadute” intende non solo quelle fisiche dalle quali rialzarsi prontamente nel caso del ballerino durante uno spettacolo, ma anche quelle che la vita presenta nei momenti di difficoltà, avendo poi la forza d’animo, la determinazione e la capacità di risollevarsi affrontando i sacrifici che richiede. Alla lettera G corrisponde “Gratitudine”, quella verso i suoi famigliari anzitutto, supporto e punto di riferimento sempre, per l’esempio e i valori trasmessi lasciandolo libero di scegliere la strada da seguire; e gratitudine verso insegnanti e colleghi, maestri e partner dai quali ha imparato e ricevuto consigli. Fra tutti Elisabetta Terabust direttrice artistica del Corpo di Ballo della Scala di Milano che, nel 1996, a soli 21 anni, lo promosse Primo ballerino. E Alessandra Ferri, partner con la quale si è instaurata una sintonia e un’affinità davvero rare.

Roberto Bolle e Svetlana Zacharova, il Lago dei Cigni
Teatro alla Scala 2007, photo Luciano Romano

C’è anche la D di “Divertimento”, perché la danza non è solo sacrificio, disciplina, duro allenamento – spiega l’artista –, è leggerezza, gioia di esprimersi, piacere non solo per sé ma soprattutto per il pubblico verso il quale Bolle coltiva un’attenzione particolare declinando la conoscenza della danza alla portata di tutti anche attraverso eventi popolari nelle piazze con la manifestazione milanese OnDance. Abbinando la parola “Luce” per la lettera L, scrive: La luce è tutto. Spazio, ispirazione, colore. È guida. Viene dall’alto e porta verso l’alto… E, cosa più importante, tiene viva quella speranza senza la quale, per noi esseri umani, vivere risulterebbe impossibile». Alla lettera T, scrive del Talento: «Chiunque possiede almeno un talento. Nessun essere umano ne è privo. Sta a noi riconoscerlo, coltivarlo e prendercene infinita cura».

Gala Roberto Bolle and Friends, photo Andrej Uspenski

I ballerini hanno da sempre rappresentato per i fotografi l’oggetto del desiderio per eccellenza, non tanto per la perfezione delle pose quanto per la versatilità, per il modo con cui riescono a muoversi e a far parlare il proprio corpo. Sono molti, tra i più grandi nomi della fotografia, quelli che hanno immortalato Bolle. Tra questi Fabrizio Ferri, Bruce Weber, Luciano Romano, Giovanni Gastel, Julien Benhamou, Andrej Uspenski, dei quali, tra i tanti, troviamo alcune significative immagini del ballerino, in posa o durante gli spettacoli. Un archivio della memoria che è un viaggio nella vita di questo straordinario artista.

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